Il Salone Nautico di Parigi è sempre un bel termometro di dove stanno andando le barche a vela. Intendiamo dire nel senso del design, della qualità di quello che naviga, della capacità dei cantieri di dare risposta a esigenze di mercato precise. Intanto, il popolo dei velisti francesi è molto vario, anzi variopinto, ma è sempre aggiornato avanti coi tempi. La Francia, va sottolineato, è una patria del design “avanzato”, dove hanno lavorato grandi innovatori che hanno saputo unire, più che altrove, il piacere dell’innovazione con quello che funziona. Citiamo automobili? La Citroen DS o la 2 cavalli, in tempi recenti la Renault Espace, madre di tutte le monovolume. E’ un peccato, aprendo una parentesi, che i regolamenti che governano l’auto siano così restrittivi da limitare l’inventiva dei progettisti contemporanei.
A Parigi c’erano almeno quattro ammiraglie: due lo erano per dimensione, Bordeaux 60 e Amel 55. Una dimensione che a noi pare quasi piccola e infatti per certi versi lo è: sedici, diciotto metri sono orma una misura “abbordabile”, al punto che Jeanneau ha già annunciato il lancio del nuovo Jeanneau 64 (nelle foto), barca venduta sulla carta in numerosi esemplari con un prezzo di listino di 850 mila euro. Un terzo di quanto costa un pari misura di marchio blasonato, medesimo “contenuto vacanza”.
Una era ammiraglia per storia, Pen Duick II la mitica barca da regata con cui Eric Tabarly ha conquistato la Ostar e la copertina di decine di giornali, infine una per velocità… Il catamarano classe C foiling Groupama del supervincente Frank Cammas, che ha pure portato a casa il riconoscimento velista dell’anno. Era in mostra una vela senza complessi, che sa mescolare senza problemi simboli storici con quelli sportivi e tecnologici dove tutto insegna qualcosa e viene digerito, trasformato: è già in vendita un cat foiling “di serie”, sebbene ovviamente con vele morbide. Tante suggestioni nelle barche da crociera prese a prestito dagli oceanici che hanno sempre un posto di rispetto. E’ proprio in questa fascia che emerge l’evoluzione della specie, quella razza di velieri che i francesi sanno esprimere molto bene, i traversatori atlantici o meglio dire le barche per il grande vagabondaggio. Forse la pressione della crisi, oppure l’esempio di transat di tutte le dimensioni divenute sempre più popolari, non solo per il pubblico ma anche per i partecipanti lasciano il segno e i particolari si ritrovano un po’ ovunque. Anche per questo immediato il successo del Sun Fast 3600, prenotato in oltre 100 esemplari soprattutto per partecipare alla TransQuadra, dedicata agli audaci ultra quarantenni. Intendiamoci, si trova come sempre anche quello che non serve a nulla, come due pale di timone in una carena stretta e da crociera che però deve strizzare l’occhio a prestazioni adrenaliniche. I disegni sui tavoli sono di ambiziosi cruiser, anche di alluminio. I progetti dei grandi gruppi sono di infastidire i giganti del lusso su misure di cross over tra serie e one off, proponendo buone barche oltre i diciotto metri a prezzi aggressivi, lo Jeanneau infatti non è l’unico. La crisi comincia ad avere i suoi effetti.. non economici, votati al ribasso, dopo aver tagliato la testa alla produzione troppo classica, sta generando novità.
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L’anno scorso il fatturato conquistato all’interno del Gruppo Beneteau dalle barche a motore ha superato quello delle barche a vela. I due marchi principali del gruppo, Beneteau e Jeanneau, hanno sempre fatto la parte del leone nel mercato mondiale delle barche a vela, facendone stabilmente il primo cantiere al mondo. Nonostante gli attacchi portati dal gruppo Bavaria e altri che sono nati nel tempo, come il blocco Dufour- Del Pardo, acquisito da Bavaria dopo un disastro finanziario provocato da un indebitamento eccessivo, peraltro un male comune a molti cantieri finiti in mano ai fondi di investimento. Adesso il gruppo Bavaria tenta il rilancio con il manager Jens Ludman che arriva dalla Ford Europe che ha affidato Del Pardo a Ruggero Gandolfi. Il sorpasso di cui abbiamo scritto è però sintomatico della fatica del mercato delle barche a vela che soffre di tutto: soprattutto mancanza di prodotti nuovi, completi, totali. Per anni la parola “innovativo” si è sposata non con la sostanza ma con il colore, al massimo la velocità e purtroppo la fragilità. Ma dove hanno lavorato tanto i produttori di motoscafi, il layout degli interni per esempio, la barca a vela è per troppo tempo uguale a se stessa, con i letti a cuccia, i bagni strettini, le scale ripide. Mancano anche le vocazioni. Si, mancano i velisti. Ma fermiamoci al prodotto barca, intanto il processo del design che ha perso una delle connotazioni fondamentali della epoca eroica della barca a vela, la figura del progettista velista, di quello che viveva su quello che disegnava e sul mare con una sensibilità di prodotto particolare. In questo panorama, tuttavia le novità ci sono e guarda caso è proprio il gruppo Beneteau che trasforma le suggestioni innovative degli anni scorsi, proposte dai designer più aggressivi, in prodotti di serie prendendo il buono che ha scoperto. Significa che ci si può fidare finalmente a proporre il nuovo che sembrava solo “strano”. Beneteau è partito dal progetto pilota dei Sense e poi ha applicato quello che era stato digerito meglio alla gamma Oceanis, quella da crociera per elezione, che è sempre stata piuttosto classica anche quando era innovativa. I nuovi Oceanis hanno per esempio la carena con lo spigolo a poppa, una forma presa a prestito dalle barche che fanno le regate in oceano (la cui utilità possiamo anche discutere nella crociera), ma soprattutto mettono mano agli aspetti funzionali dentro e fuori in maniera decisa, con spazi diversi, forme diverse. Al momento i modelli nuovi sono tre 41, 45 e 48 piedi, a testimoniare la contaminazione con il mondo del motore e il desiderio di attrarre motoristi pentiti, succede che sulla tuga svetta il roll bar tipico dei motoscafi. Più “normale” il lavoro fatto da Jeanneau con la serie 379, 409, 439, 509, modelli presentati nell’ultimo anno. Il 509, con qualche difettuccio superabile, è una barca davvero completa che dice comunque qualcosa di nuovo nel settore delle ammiraglie medie. Con quindici metri sotto il sedere si può partire per il giro del mondo (anche se esistono molti che lo hanno fatto con barche più piccole) avendo a bordo quelle dotazioni che fanno comfort e autonomia, come il dissalatore, il generatore, talvolta l’aria condizionata, oppure fare una vita quasi terrestre con spazi adeguati, letti grandi. Per gli amanti dell’oceano, delle traversate atlantiche il cantiere francese Amel, fondato da un caparbio personaggio che ha inventato una filosofia del mare, propone il nuovo 55 piedi. La filosofia generale è la vecchia: pozzetto centrale, poche cabine tanta autonomia con molto spazio per chi vive davvero a bordo. La carena e molte funzioni però sono tutte nuove come uno stile degli interni un poco meno spartano. E’ uno dei pochi esempi di barca davvero da crociera, su cui passare anche quindici, venti giorni in navigazione vivendo una vita quasi normale. Molto diverso dal fermarsi ogni sera in un porto con ristorante. Interessante la novità del cantiere danese X Yachts, che con XP 44 presenta una barca da regata crociera, una formula ancora molto usata, in cui dedica più attenzione del solito agli interni, non tanto dal punto di vista della qualità e quantità delle finiture quando da quello degli spazi, delle altezze sopra i letti, delle funzioni. Di tendenza la barca disegnata da Alessandro Vismara e dotata di motore ibrido: oltre al tradizionale diesel un motore elettrico che può funzionare anche da generatore. L’autonomia in regime elettrico è di sei ore, le cabine per i suoi quindici metri sono solo due, ma molto comode. Il panorama dei cantieri italiani è meno brillante, Del Pardo cerca di uscire da una crisi molto dura e presenta un nuovo 39 piedi, numero scelto non a caso, perché il vecchio Grand Soleil 39 è stato uno dei modelli del cantiere, che tuttora conserva una valutazione da usato superiore a molte barche che ne erano concorrenti. La produzione del cantiere di Forli è destinata a cambiare con l’arrivo del nuovo manager e una revisione completa di tutta la gamma che molto probabilmente crescerà di dimensioni. Novità possono arrivare dal cantiere SeRiGi, entrato nell’orbita del vecchio proprietario di Del Pardo, il 37 presentato al Salone di Genova è una “bomboniera”, una piccola grande barche che può piacere a chi sta facendo una operazione di downshift, cioè a chi arriva da dimensioni maggiori e che vuole ritrovare finiture di pregio su una misura più gestibile. La sua tradizione è quella di costruire barche di qualità assoluta, che hanno vissuto alcune stagioni importanti, come concorrente nostrano dei più forti cantieri dell’Europa del nord. Era una scelta particolare di pochi armatori, ma che li ha resi spesso felici. La sua produzione è slittata verso modelli da regata crociera più contemporanei.
Un tempo, mica tanto lontano, i progettisti pensavano solo a riempire come possibile una carena “perfetta”, un’idea che non ha abbandonato alcuni progettisti molto innamorati delle loro forme e troppo sicuri che per le prestazioni non si debba scendere a compromessi. Mah.. il tempo passa per tutti e sono arrivati nuovi strumenti per il progetto e alcuni cantieri furbi hanno capito che era del tutto inutile torturare chi dormiva in dinette con una landa che passava in mezzo al letto, da circondare con le gambe. Qualcuno insomma ha cominciato a capire che spostando un poco il letto si riusciva a mantenere un livello di comfort più umano e la barca non cambiava, oppure che quella landa poteva tranquillamente essere ancorata in un’altra posizione. Sono stati decisivi programmi di modellazione a tre dimensioni che erano impossibili da concepire ai tempi dei piombi e le listelle di pero e dove stava tutto alla sensibilità del progettista “sentire” il vlume. Ma quella nuova è anche una filosofia che cambia leggermente il punto di vista: la barca vista come progetto totale, non come carena riempita. Del resto le automobili sono fatte così: si parte da un abitacolo con misure “ergonomiche” (e questa parola è sempre usata a sproposito nella nautica, tanto che andrebbe abolita) una cellula vitale che definisce la classe della vettura a cui si aggiunge il resto. Le auto sono cresciute di dimensione, per inciso, a parità di cellula per rispettare le norme anti crash e quindi migliorare il livello di protezione. Il modo distratto di gestire gli interni delle barche non è mica abolito del tutto, capita di salire a bordo di novità dove si capisce che l’attenzione dedicata allo spazio è minore di quella dedicata al piano velico. Eppure quattro o sei letti pesano uguale, che siano fatti bene o male, un frigorifero pure, un tavolo da carteggio anche. Spesso il risultato non è una questione di peso, di costo, ma solo di attenzione e volontà. In questa trappola non è caduto il grupo Beneteau, che sta producendo una innovazione tremenda. Il pianetto è quello del nuovo Sun Odyssey 509, una bella macchina da crociera. Ma più si sale in dimensione peggio è, perché alle necessità veliche si aggiungono quelle stilistiche secondo una bizzarra visione del design minimale, nato per togliere la inutile decorazione e premiare la funzione e finito per essere decorazione talvolta senza funzione. Povero Van der Rohe: “the less is more…”. Ma questa è la storia del Post Moderno che vi lasciamo scoprire. Facciamo un esempio? La cabina marinaio… chi possiede un sessanta piedi ha per forza un marinaio: ricco, anche se sa navigare, non vuole lavare il ponte. Il marinaio si contenta, ma perchè su un Beneteau 50 da noleggio si quindici anni fa il problema era risolto con lusso di spazio e su un bestione di oggi non si riesce e si va alla ricerca di alibi, giustificazioni sul fatto che non si fa più grande crociera? E’ strano come alcune esperienze forti di layout di interni, come il progresso di qualche anno fa nell’uso del volume si sia un poco perso per strada. Le cause? Mah da una parte forse l’innamoramento da parte dei cantieri verso una generazione di progettisti troppo giovani usciti dalle scuole di design che hanno per il momento portato innovazione solo nel colore e negli spigoli inutili. Poi forse la atavica necessità di riscoprire l’ovvio.
C’è una barca che somiglia molto alla prima versione di Bmw Oracle, progettata da Lauriot Prevost sta tentando di superare il record stabilito da Bruno Peyron con Orange II in 50 giorni e poche ore due anni fa. Senza troppi misteri è il genere di trimarano che ha ispirato il progetto di Bmw Oracle, che nella prima versione era pensato per essere pronto a regatare con ogni condizione di vento e mare. Dopo i progettisti lo hanno modificato per renderlo più adatto al vento debole e poi hanno avuto l’idea della vela alare per pareggiare il conto con vento debole.
Frank Cammas, che è stato a sua volta tra i velisti di Ellison, dopo un tentativo fallito, è ripartito e sta navigando in una brutta situazione meteo che lo rallenta molto. E’ in ritardo sul record di Orange II di un centinaio di miglia.
Per seguire il record
Groupama
E’ un libro scritto dopo la edizione del 2007, le regate di Valencia, gli Acts, i protagonisti raccontati dalle foto di Carlo Borlenghi, fotografo ufficiale dell’evento, e condite con i testi di Antonio Vettese a quel tempo direttore della rivista Vela e Motore. Borlenghi come al solito è riuscito a interpretare l’evento con immagini mozzafiato, usando tecniche nuovo come la camera subacquea usata in posizioni di raro privilegio, come dalla barca del Comitato. C’è anche la storia di questo grande evento per grandi passi. Di grande formato e impatto visivo è un libro edito da Stefanoni, Lecco. Ora resta la speranza che la leggenda vada davvero avanti.
In poche ore la base di Green Com Challenge si è riempita di ospiti e di intenzioni. Non è più un mistero la possibilità che in caso di vittoria di Alinghi diventi il Cahllenger of Record, ovvero il primo degli sfidanti. Questo significa sedersi al tavolo con Alinghi e stabilire le regola del gioco. Ci sono pochi dubbi sul fatto che Alinghi vorrà scrivere le sue regole, tuttavia meglio essere in quella posizione che non esserci. Il presidente del sindacato Francesco De Leo e il presidente del Circolo Vela Gargnano sono a Valencia, chi gli è vicino non nega questa possibilità che sembra sempre più consistente. Intanto la base che è sempre rimasta, come le altre del resto, abitata si è popolata di gente e soprattutto potenziali sponsor.
Il sindacato nasce sulle ceneri di +39 Challenge che già nella edizione 32 era stato uno dei primissimi a lanciare la sfida. L’alternativa credibile potrebbe essere spagnola, un sindacato voluto dalla città di Valencia per essere presente anche nella gestione sportiva dell’evento. A Valencia esiste uno dei circoli nautici più attivi della Spagna, tuttavia anche nella passata edizione la sua presenza tra i club sfidanti non era stata favorita per non fare torti, si diceva, ad altri club.
Giovanni Soldini è l’uomo oceanico più forte che l’Italia abbia espresso. La sua nuova avventura è Italia70, la partecipazione al giro del mondo in equipaggio Volvo Race. John Elkan che ha conosciuto in una traversata atlantica con Stealth ha finanziato l’acquisto della barca Ericsson3 e adesso l’impresa è trovare i finanziamenti per arrivare sulla linea di partenza. Giovanni ce la farà, come in tante altre imprese che lo hanno visto protagonista. Bellissima la sua copertina su GQ, che gli rende tutto il dramma di un oceano in tempesta.
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