Articoli

La primavera nautica potrebbe esplodere, rapidamente e solidamente. Ma c’è ancora il freno a mano tirato forte, con la sicura. E ha un nome: redditometro. La paura di un rigurgito, di un incrudimento dei controlli che hanno per bersaglio dei proprietari delle barche sempre considerate “lussuose” paralizza il mercato dalla radice, ovvero a partire da quegli scambi a pochi soldi di imbarcazioni usate, che però muovono e smuovono tutto il settore. Dice Paolo Vitelli presidente di Azimut Benetti: “il rispetto delle leggi in materia fiscale è giusto e auspicabile, ma non devono essere persecutorie per i possessori di yacht rispetto a quelli di altri beni di lusso. Inoltre ritengo che l’associazione automatica armatore = evasore e l’utilizzo di azioni spettacolari come assalti in mare, articoli e interviste a senso unico, non fanno altro che generare un clima negative”. Nel mercato dell’usato ci sono in giro affari d’oro: oggetti naviganti che nel 2008 valevano 100 in liquidazione a 50, o anche meno. L’usato è un affare, qualcuno lo sa, ci prova. Anche il nuovo è un affare: i margini sono ridotti all’osso dalla necessità di fare cassa. Sintetizza bene Anton Francesco Albertoni presidente di Ucina con una battuta: “dobbiamo trovare il cliente… ma anche il modo per convincerlo”. La frase nasconde non solo un problema di prodotto, tutti i cantieri più bravi hanno affrontato la crisi proponendo novità, nuovi modelli, eco modelli e via dicendo, ma soprattutto un problema di motivazioni. Che vanno dalla paura dei controlli, denominatore comune per tutti, anche per chi vive di trasparenza perché comunque il fastidio e la perdita di tempo per un “accertamento” guastano sempre le vacanze, alle garanzie finanziarie. Se non ci si indirizza al “prêt à naviguer”, paga e porta via (molto difficile se non per i gommoni e le piccole unità) il patema di affidare per le barche più grandi dei denari di acconto che possono anche evaporare per molti motivi resta. Dunque la parola chiave di questa primavera è proprio questa: garanzia. Di comprare una novità che dura nel tempo, di affidare i propri soldi a qualcuno che li trasforma davvero nel sogno promesso dal volantino pubblicitario, di avere un servizio post vendita, di avere una qualità elevata. Insomma, un mercato con i piedi di piombo, attento. Poco volatile, di gente appassionata, un panorama in cui, ci dice Albertoni: “pur in una situazione difficile in cui non si può parlare di ripresa ci sono aziende che vanno anche più di prima, chi ha saputo essere concreto ha dei vantaggi. Dobbiamo fare i conti con un mercato che è totalmente diverso da quello di qualche anno fa. I pochi clienti si indirizzano dove c’è più barca. E poi è sempre più difficile capire se il prezzo è quello giusto, è difficile spiegare a chi vuole a tutti i costi fare un affare quanto vale il proprio prodotto. Ma i costi di produzione stanno realmente aumentando”. Risveglio delle barche piccole, i natanti sotto i dieci metri e tenuta delle barche di lusso, di cui siamo forti esportatori con un primato mondiale. In crisi il settore del medio, dai dieci ai venti metri, guarda caso un settore in cui l’usato è disponibile a cifre molto basse e dove la stretta nel concedere i leasing è stata più limitante. I grandi gruppi hanno capito prima di altri dove si andava. Paolo Vitelli afferma: “quello che ci ha differenziato da altri marchi sin dall’inizio della crisi è stata la nostra capacità di reagire velocemente ai cambiamenti e proseguire con i programmi stabiliti. Questo si è tradotto in un continuo rinnovamento della gamma, grazie al quale abbiamo potuto mantenere salda la leadership. Evoluzione, ricerca e innovazione sono le parole chiave alla base della nostra strategia. Purtroppo la crisi in Italia ha mietuto anche vittime illustri: ora più che mai, è chiaro che il mercato di questa nuova fase è riservato alle aziende solide, quelle che hanno costruito il loro successo su basi stabili”. Non distante l’idea di Norberto Ferretti, anima del gruppo omonimo: “Il Cliente è tornato ad essere quello di una volta, appassionato, competente e pertanto attento alla qualità e al comfort della navigazione e questo non può che renderci ancor più competitivi. Nostro obiettivo sarà continuare lavorare su prodotti sempre più innovativi e su servizi sempre più completi e customizzati rispetto alle esigenze dei nostri clienti. Entro la fine del 2013, il Gruppo prevede di presentare ben 42 nuove imbarcazioni, attualmente in fase di sviluppo. Per quanto riguarda questo anno nautico siamo cautamente ottimisti. Tutti i saloni a cui abbiamo partecipato ci hanno fornito un feed back positivo. Stiamo continuando a puntare sull’Est Europa, sul Far East, sul Middle East e sull’America Latina, oltre ai tradizionali mercati “domestici” dell’Europa allargata e del nord America. Da sette anni siamo presenti in Cina con un ufficio a Shanghai, e siamo appena rientrati dal Salone di Hainan, dove due nostre imbarcazioni che hanno riscosso un grande successo”. L’estero è il riferimento per chi produce barche di lusso. Dalla Cina arrivano segni di primato per il gruppo Azimut Benetti, anche lui impegnato da anni e attualmente leader di vendite: “L’Italia era e rimane la patria della nautica di lusso – aggiunge Paolo Vitelli – il nostro stile e le nostre barche continuano ad essere apprezzati e ricercati in tutto il mondo. La Cina sta diventando un vero mercato e le misure delle barche stanno crescendo rapidamente”. Fino ai 50 metri di un Perini Navi, attualmente in costruzione.

Il dottot Paolo Vitelli, ingegnere honorsi causa, inventore e anima del gruppo Azimut Benetti, in questi mesi ha lavorato duramente per non perdere le posizioni acquisite negli anni scorsi in tempi di crisi. Non si sbaglia a scrivere che ha “stretto i denti” e con lui tutto il gruppo, che per primo ha intrapreso iniziative pesanti di riduzione della produzione con il ricorso a cassa integrazione in maniera molto massiccia e alle prime avvisaglie della crisi. Complice anche una produzione abbondante che aveva in qualche modo rimepito i magazzini, se si può dire, che solo ora è stata smaltita. Fin dall’inizio di questo rallentamento produttivo gli è rimasta la ferma intenzione di restare particolarmente attivi nella progettazione e nella proposta di novità, con l’idea di proporre subito prodotti appetibili alla ripresa del mercato. Dopo anni in cui il mondo politico aveva capito la forte valenza industriale, di immagine per il made in Italy  della nautica da diporto Vitelli vede con preoccupazione questo modo di portare le lancette del tempo all’indietro trasformando ogni possessore di barca in un osservato speciale, potenziale evasore, “la nostra industria crea ricchezza, racconta in tutto il mondo quello che sappiamo costruire e disegnare in Italia – dice – non mi stancherò mai di dirlo. E bisogna spiegarlo”.
Prima dell’estate il gruppo ha mostrato ai potenziali clienti a Cannes Porto Canto i nuovi progetti : la novità dell’Azimut 64, un motoryacht che si inserisce in una delle fasce più combattute del mercato dei fly bridge, ci sono i nuovi progetti delle gamme Magellan, Benetti.
Dott Vitelli, sente il suo gruppo uscito dalla crisi?
“Non ancora, ci sono dei segnali positivi del mercato, abbiamo effettuato delle vendite all’estero mentre il mercato domestico ha poco entusiasmo. Abbiamo fiducia. Ci sentiamo solidi e perfino più forti di prima. Non è bello dirlo, ma abbiamo anche la concreta speranza che qualche cliente perso dai concorrenti in difficoltà economica arrivi da noi. Abbiamo avviato la costruzione di un nuovo grande cantiere in Brasile a Itajaì, dove produrremo cento barche l’anno di sei modelli per essere più competitivi sui vecchi mercati e aggredirne di nuovi. Sarà in un’area coperta di 200 mila metri, il doppio dello storico cantiere di Avigliana. Detto questo abbiamo fiducia e soprattutto ci sentiamo solidi e perfino più forti di prima. Con un poco di cinismo posso dire che la crisi di qualcuno sarà un vantaggio per noi, che potrebbe arrivare qualche cliente che non avevamo””.
C’è un motivo per questi risultati?
“Mi lasci dire che succede perché siamo i più bravi. Perché siamo un’azienda privata con una strategia a lungo termine, concentrata su prodotto e cliente e non sulla finanza o sull’arricchimento dell’azionista”.Che risposta danno i mercati stranieri?
“Il mercato europeo, che ha come bacino il Mediterraneo è ancora in difficoltà. I cantieri inglesi stanno lavorando bene e la Francia che continua ad applicare con coerenza norme chiare resta un riferimento anche per gli armatori italiani. Gli Stati Uniti sono in ripresa, il Messico è in forte crescita e il Brasile in piena espansione e non a caso abbiamo scelto di produrre direttamente. Ci sono nuovi ricchi e quindi potenziali clienti per le grandi barche in Cina, India, Corea. Anche la Malesia, molto legata a Singapore, ha una nuova classe con grandi disponibilità”.
Ci sono delle barche più adatte a superare la crisi?
“L’obiettivo per un cantiere come il nostro è sempre lo stesso: dare di più in barca e tecnologia riducendo i costi di acquisto. Quello che è successo in questi anni ci ha spinto ancora di più in questa direzione e siamo convinti di poter proporre al mercato grandi vantaggi rispetto a molti concorrenti. Adesso ci stiamo concentrando su Azimut Grande, ovvero sulla produzione con marchio Azimut di imbarcazioni oltre i trenta metri. Per quanto riguarda Benetti abbiamo inaugurato la nuova linea Sensation, con barche di alluminio semiplananti”
All’orizzonte c’è una nuova spinta verso le barche a basso impatto. Quali sono le sue idee?
“Per fare discorsi seri bisogna parlare di efficienza generale e quindi soprattutto di riduzione dei consumi anche con tecnologie tradizionali. I nostri motori hanno emissioni come gli Euro5 stradali, i generatori hanno un sistema che decanta i fumi, gli impianti delle acque nere sono sempre più sofisticati. Abbiamo iniziato a proporre tessuti naturali e legni lavorati con trattamenti poco inquinanti. Per non tagliare le foreste vogliamo proporre una rivoluzione usando per i ponti il teak artificiale. Un risultato da raggiungere è il riciclo della vetroresina. Ci stiamo lavorando”.