Erano giovani… nell’anno 2000 quando il mondo ha scoperto il loro talento, James Spithill ventenne timonava Young Australia, barca che l’eccentrico armatore australiano Syd Fischer aveva voluto allestire per una squadra di giovanissimi. James era un pivello il piu giovane di un equipaggio giovane, era in mezzo ai più grandi della vela, vinceva le partenze con un grinta incredibile poi doveva arrendersi alla modesta velocità della barca, presa prestito tra quelle della generazione precedente. Gli aussie non avevano soldi, la base era su un pontone galleggiante, chi poteva gli prestava qualcosa per vederli correre. Nel 2003 mentre alcuni sindacati lo considerano di talento ma ancora acerbo Peter Gilmour lo ha vuole su One World, affermando che “troppo bravo al timone, io faccio il tattico”, nel 2007 approda a Luna Rossa e arriva alle finali Louis Vuitton Cup dove incontra finalmente Dean in un evento importante, che lo batte sonoramente con New Zealand. Nel 2000 Dean era il timoniere allenatore di Russell Coutts, giovanissimo e già completamente committed al team che è una nazionale della vela. Russell con un gesto sportivo gli ha lasciato il timone nell’ultima regata contro Luna Rossa, quella del 5 a 0. Su quella Luna c’era anche il giovane Max Sirena, a completare le scoperte del nuovo millennio. Forse il gesto di Coutts era anche un passaggio del testimone, un modo di indicare un successore sapendo che avrebbe lasciato il team. Nel 2003 lo squadrone neozelandese si ricostruisce attorno a lui, una parte dei fortissimi è finita su Alinghi, un altro nucleo su One World. In patria sono rimasti in pochi e giovani. Dean timona New Zealand contro Alinghi in una serie di regate disastrosa, la barca non è affidabile, rompe un albero si allaga. Nelle regate delle World Series per il 2007 si scopre che rimessa in sesto ed evitando di imbarcare acqua non era niente male. Nel 2007 Dean è sempre li: il timoniere titolare del team: vincono la Louis Vuitton Cup contro Luna Rossa e perdono la Coppa contro Alinghi vincendo due regate. Tutti e due hanno già vinto la Coppa, Dean nel 2000 e James timonando nel 2010 il mostro di Ellison, BMW Oracle contro Alinghi diventando il più giovane timoniere della storia a vincerla. James ha imparato molto prima a portare i multiscafi a grandi velocità. Dean ha lavorato molto prima con i 33 piedi che sono serviti a sperimentare il foiling e poi con gli allenamenti sugli Ac 45 e AC 72. Uno dei due in questi giorni vincerà la sua seconda Coppa America, potrebbe succedere oggi per Dean che ha un bel vantaggio, anche se siamo tutti sorpresi di come Oracle abbia trovato quei due nodi che gli mancavano di bolina (anzi ne ha trovati di più) e ha pareggiato il conto della velocità con New Zealand che adesso è a due punti dalla conquista della Coppa. Per James la strada della difesa con successo è più lunga, gli è necessario vincere otto regate lasciandone una sola ai kiwi. Impresa difficile ma non impossibile. Un poco si somigliano, sono ragazzi silenziosi che hanno imparato a parlare e gestire le conferenze stampa. Nel 2000 estrarre una parola a James era una impresa da dentista, oggi risponde ai giornalisti a tono, sempre con qualche battutina acidina. Da ragazzino faceva il pugile e dunque qualcosa gli è rimasto di quegli scontri diretti. Racconta il padre, che lo segue molto spesso: “un giorno lo porto a fare delle regate a Sydney, quando lo vado a riprendere cerco di capire come è andata. Chi è genitore sa quanto è difficile farsi raccontare qualcosa. Gli chiedo se ha timonato, risposta ‘yes’. Dopo dieci minuti riesco a domandare come è andata ‘we won’. Quando siamo arrivati a casa mi ha detto ‘next week again’, ho capito che gli piaceva”. Dean è commited ma un po’ più etereo: figlio di un multimilionario non ha rinunciato a belle ragazze e belle auto. D’altra parte quelle che lo vedono si innamorano degli occhi azzurri con lo sguardo morbido, del fisico. Ha dedicato tutto il suo talento a Team New Zealand, rinunciando a distrazioni come il circuito delle match race, dove spesso è premiata la continuità sulla bravura allo stato puro, o preparazioni e regate su altre classi. Ha sposato una sportiva e ha quattro figli. Pochi giorni fa in conferenza stampa ha detto “se non vi siete divertiti oggi cambiate sport” rispondendo a chi ancora non crede alle nuove barche. Comunque vada ad alzare la Coppa sarà un campione, un atleta che ha dedicato la sua vita alla Coppa America.
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Paul Cayard è nel suo ufficio di San Francisco, è sereno dopo qualche settimana dalla sconfitta, forma fisica perfetta, riposo: “ho partecipato sette volte alla Coppa America e Artemis è stata la peggiore campagna della mia vita, mi prendo le mie colpe di Ceo per la scelta della barca. Adesso riposo per tre mesi, poi vedrò cosa fare nel futuro”.
Paul è sorprendente il cambiamento di Oracle, cosa ne pensi?
“Sento Coutts tutti i giorni, anche oggi hanno fatto nuove modifiche e sono veloci sono davvero veloci, stanno imparando in fretta ed è incredibile pensare come siano in pochi giorni riusciti a cambiare le prestazioni. Con i monoscafi Iacc di cui abbiamo costruito cento carene sarebbe stato impossibile immaginare un cambiamento del genere. Probabilmente tutti e due hanno ancora molto da imparare. Stanno cercando gli assetti: nella prima gara di domenica New Zealand sembrava meno stabile del solito in volo mentre Oracle era sicura”.
Sai quali sono i cambiamenti più importanti?
“Hanno un diverso tuning dell’ala di bolina e la velocità è molto diversa. Si sono sempre allenati da soli e senza avversario è difficile progredire, adesso si stanno adeguando uno all’altro. Credo che tutte e due le barche hanno ancora margini di crescita del 2/3%, sia con piccoli particolari sia per il modo di portarle”.
Come andrà a finire?
“Credo che New Zealand abbia almeno l’80 per cento di probabilità di vincere, se Oracle avesse vinto la seconda regata di domenica la situazione sarebbe diversa, più rischiosa per i kiwi. Ancora un punto per i kiwi e la percentuale sale molto, Oracle può perdere solo una volta”.
Contano i due punti di penalità che ha preso Oracle?
“E’ un margine importante che cambia l’equilibrio. Se fossero più vicini, sul 7 a 3 New Zealand sarebbe davvero in pericolo, perché chi arriva da dietro e rimonta ha più forza, chi è raggiunto va nel panico comincia a discutere al suo interno, cambiare ruoli. Riuscire ad accendere quella funzione, cioè innervosire l’avversario, fa parte della costruzione della vittoria. Come è successo ai tempi del Moro di Venezia e New Zealand: li abbiamo raggiunti e loro hanno cambiato equipaggio peggiorando la situazione. Se vincono quattro regate possono mandare nel panico New Zealand e se poi riescono ad arrivare al 7 a 7 sarà molto difficile per i kiwi restare calmi”.
La Coppa America sorprende ancora e la sesta drammatica giornata di regate si chiude con una vittoria per Oracle, 47 secondi di vantaggio e una per Emirates Team New Zealand, 16 secondi. I kiwi restano saldamente in testa con 7 vittorie a 1 ma qualcosa di nuovo si è visto, qualcosa che intimidisce i favoriti. Oracle va molto più forte di come l’avevamo mai vista. Le modifiche di questi giorni hanno avuto successo. Dean Barker lo racconta così: “non mi sarei mai aspettato un miglioramento del genere da Oracle. Se si pensa a dove erano quando abbiamo iniziato la serie di regate e come sono diventati competitivi adesso è quasi incredibile il salto in avanti che hanno fatto in tutti i settori dalla barca alla manovra. Anche noi progrediamo continuamente, la curva di apprendimento con queste barche è ancora verticale e ogni giorno impariamo qualcosa. Il nostro risultato finale non è affatto al sicuro anche se abbiamo un buon vantaggio, questa è la edizione più dura della storia, solo l’ 83 può competere”. Lo storico incontro tra Liberty e Australia II, deciso nell’ultima poppa. La freddezza di Dean si è incrinata un poco in queste due giornate difficili, in cui conquistare una vittoria è costato molte energie. New Zealand finora ha avuto vita tranquilla dimostrando sempre una superiorità sui concorrenti che in qualche modo può averla intorpidita nonostante gli stimoli che ogni giorno trova Grant Dalton.
“Il punto di oggi è importante, era necessario” prosegue Dean. E’ così, è quasi un match ball perchè ricostruisce la fiducia dopo la serie nera usata da Oracle per vincere due regate. Tutti si chiedono se gli americani possono rimontare la loro posizione e cambiare il risultato che sembrava ormai segnato. Di sicuro Oracle, rinvigorita dalle modifiche alla barca con spostamento di pesi e una regolazione diversa delle derive oltre che dall’arrivo di Ben Ainslie a bordo ha dominato la prima regata. E’ partita in testa chiudendo la porta a ETNZ e non le ha mai lasciato spazio. Le chiamate tattiche di Ainslie, che adesso dispone anche di velocità (la barca veloce ha sempre reso bravo il tattico), sono state lucide e non hanno consentito rimonte. Molto più combattuta regata dieci, dove Dean ha dovuto rinunciare a una condotta prudente in partenza per non lasciare vantaggio a James Spithill, e gli è riuscita una manovra che finora non avevamo visto, infilarsi tra l’avversario e la boa mantenendo l’ingaggio. Chi è sotto subisce il windwash e finisce per rallentare. La regata non è stata facile perchè Oracle ha espresso una grande rimonta di bolina e si è decisa nell’approccio alla boa al vento dove sono arrivati dopo una serie di incroci che sono sembrati sorpassi da Gran Premio motociclistico. Decisiva la scelta di Davies di andare a correre sulla destra del campo, buona per prendere più vento (di solito c’è un canale più forte al centro della baia) e per presentarsi mure a dritta all’incrocio con Oracle. Infatti New Zealand ha conquistato qualche decina di metri e quando Oracle si è avvicinata mure a sinistra Spithill ha incredibilmente tolto l’acceleratore, perdendo definitivamente la regata. Chi era contento? Larry Ellison dal gommone di Oracle ha dimostrato di gradire la vittoria. Le prossime due regate sono martedì, se Emirates le vince chiude la pratica e porta a casa la Coppa.
Che giornata, che Coppa America. I sacerdoti della tradizione, gli aggrappati al vecchio sono rimasti li con il naso sul vetro e la gocciolina di umido che cala: anche con questi ragni da cento all’ora che si sfiorano, che stanno imparando una nuova danza, una nuova match race fanno spettacolo. A ogni epoca il suo, e sembra proprio che questo sia il nuovo che avanza. Sul piano numerico la giornata finisce uno pari, una vittoria per Emirates Team New Zealand e una per Oracle, distacchi piccoli, battaglia tanta. Dopo quattro regate i punti sono tre per Emirates Team New Zealand e meno uno per Oracle. Regata tre la più avvincente: James Spithill ha deciso per l’assalto all’arma bianca e Dean Barker, che invece vuole restare lontano dai guai per scatenare i cavalli sul percorso deve subire e accettare una penalità. Però la penalità (queste barche non devono compiere un giro su se stesse come i monoscafi, ma vengono rallentate dagli arbitri per un periodo che ritengono sufficiente) non basta a dare via libera alla barca americana. Inseguita, braccata dai diavoli neri viene superata lungo la bolina con manovre magistrali dei neozelandesi che sanno sfruttare ogni metro e ogni virata. Quando sono finalmente liberi i kiwi allungano un poco il passo e vanno a vincere con 28 secondi di vantaggio. Regata quattro parte con le stesse intenzioni: Barker non vuole problemi, soprattutto dopo la penalità. Spithill vede una buona occasione nel lanciarsi all’interno con un tempo perfetto e una velocità migliore. Passa in testa la prima boa e questa volta ci resta. Emirates è sempre li, con il fiato sul collo, ma non ci sono corsie di sorpasso da sfruttare e la miracolosa bolina della regata precedente non riesce: costretto dalla situazione al bordeggio dalla parte sbagliata del campo prova più mosse, compreso un tentativo di fare foiling anche di bolina ma insegue sempre. Anche nell’ultima poppa dove si avvicina tanto ma non sorpassa: al traguardo Oracle ha solo otto secondi di vantaggio. Quasi nulla. Per gli americani una vittoria significativa, che dimostra che la loro barca non è poi tanto inferiore a quella kiwi e che ogni giorno stano imparando qualcosa. Del resto si tratta di un equipaggio di campioni, è anche difficile pensare che non sappiano reagire. La cosa più eloquente sono i sorrisi in casa Oracle, che dicono una cosa tipo “ce la possiamo fare”. Ce la faranno? Dipende dalla loro capacità di reazione, da come sapranno usare il giorno di riposo che hanno davanti per la messa a punto della barca. D’altra parte anche i kiwi crescono e martedì per regata cinque e sei potrebbero avere delle derive nuove. Il gioco è del tutto aperto. James Spithill, eroe del giorno dice: “le velocità sono simili, dobbiamo migliorare in virata. Queste barche sono veramente faticose per tutto l’equipaggio meno che per me al timone. L’equipaggio è sempre sotto pressione, non sono mai stato su una barca così”. Per chi ama i dati numerici in regata quattro Oracle per la prima volta è stata più rapida di ETNZ con 45,97 nodi mentre i kiwi hanno segnato 44,98.
E venne il giorno della prima grande battaglia, della singolar tenzone che chiamiamo match race e Coppa America. La regata delle regate ha finalmente indossato il vestito buono, non black tie delle serate mondane che tanto piacciono ai commentatori a caccia di gossip e inutilità varia, non la giacca blu con i bottoni d’oro con cui si varca la soglia degli yacht club strappandosi inviti esclusivi, non la polo griffata con cui ci si avvicenda . Il vestito buono è quello della lotta per la sopravvivenza, nel caso specifico fatto di una stratificazione di mute, salvagenti, bombole di ossigeno, caschi e quant’altro fa somigliare questi velisti a giocatori di football americano. Dopo la prima giornata di regate il vincitore è Emirates Team New Zealand: due vittorie ben costruite, due punti che avvicinano la Coppa America al primo piano del Royal New Zealand Squadron di Auckland. Nessuna regata di un giorno, nessuna corsa ha mai richiesto tanta adrenalina e potenza fisica: magari paura si, in mezzo all’oceano, ma quella paura dei marinai, che affrontano ogni mare con le infradito o i piedi nudi. Qui non si può, non si scherza più: è l’analogo della Formula Uno. Sbagli ed è testa coda, dietro il volante c’è il muretto. Finora la Coppa è stata poco eccitante nello scontro one to one anche se lo è stata per tecnologia e velocità, ma è bastata la prima bolina della prima regata ad accendere gli animi, ad alzare le pulsazioni e riportare la Auld Mug sul palcoscenico buono. Finalmente sapore di sfida, clangore d’armi medievali, lance spade, cavalli infuriati. Le facce nel campo di Oracle sono eloquenti, la sconfitta pesa già. Regata uno inizia con un bel duello in partenza, dove Dean Barker, un po teso al mattino, controlla l’avversario e si lancia in testa alla prima boa. In tutte le regate disputate finora questo è stato in pratica l’unico momento di tensione vera. Il vento è sotto i 14 nodi e con quest’aria Oracle cammina forte: succede che non perde acqua e resta attaccato a New Zealand che gira male la boa e perde una frazione di vantaggio. Nel gioco mure a dritta mure a sinistra Oracle passa in testa e sembra contenere e controllare Emirates che il tattico Ray Davies porta a navigare dove l’isola di Alcatraz protegge il campo dalla corrente. Oracle perde Joe Newton in mare, scivola sul lucido della traversa. I kiwi ripassano e controllano, conservano il loro vantaggio con i denti e chiudono con un vantaggio di 36 secondi. L’impressione è che ci sarà battaglia anche se i kiwi tirano un bel sospiro di sollievo. I dati tecnici sono media di ETNZ 30,07 nodi, velocità massima 43,54. Per Oracle media 28,58 con velocità massima di 42,51.
Regata due vive una partenza più confusa, con una piccola collisione su orzata, richieste di penalità non assecondate dalla giuria e poi la nuova corsa di New Zealand in testa. Questa volta Oracle, con vento più forte, applica una tattica di attesa: spesso dalla stessa parte aspetta di poter passare su errore. Che non arriva, la regata si chiude con un vantaggio di 52 secondi per i kiwi. Le medie salgono di poco, 30,12 per ETNZ con velocità massima di 46 nodi, 28,92 con velocità massima 42,87 per Oracle. Da notare che questi dati sono con il vento in crescita nella seconda regata, e potrebbero anche essere sintomatici di quanto sia la capacità delle due barche. ETNZ ha raggiunto fuori regata i 49 ufficiosi, Oracle non si sa. C’è davvero un margine per migliorare? Ci sono derive da cambiare montare? Difficile che i team non siano partiti con il materiale migliore: si sa che a ogni generazione di derive la velocità è migliorata sensibilmente perchè, come sempre nella vela, si è riusciti a ridurre la superficie bagnata senza pagare troppo in portanza.
Su Facebook Russell Coutts scrive: “dobbiamo lavorare per raggiungere i kiwi”, in sala stampa James Spithill dice: “velocità simili, ce la possiamo fare”. Dean Barker: “le prestazioni sono vicine, ci sono margini di miglioramento anche per noi, lavoreremo di notte”. Il futuro? Ancora incerto, Emirates deve vincere altre sette regate. Domenica altre due e poi, se non ci sono recuperi, si corre martedì.
Il filmato:
Joe Newton cade in mare
Inizia sabato la edizione numero 34 della America’s Cup, regata vecchia di 162 anni, un mito. Di fronte ci saranno Oracle e Emirates Team New Zealand. Oracle è la squadra voluta da Larry Ellison, ricco da essere sempre tra i primi cinque della classifica di Forbes, ha affidato tutto a Russell Coutts lo skipper che in Coppa ha vinto più di tutti, che ha costruito un team di 120 persone e con un budget tra i 120 e i 170 milioni di dollari, usando tutte le tecnologie disponibili negli Stati Uniti per far volare, e la parola non è casuale, le sue barche. Ci sono ex ingegneri Boeing, programmi di Dassault, centri di calcolo in tutto il mondo, anche in Italia, per rifinire le prestazioni dei catamarani classe AC 72. Russell Coutts ha scelto molte cose di questa edizione della Coppa America così contestata, soprattutto di spingere verso la velocità pensando che lì stesse lo spettacolo, che in realtà non piace a tutti quelli che ricordano la tenzone medievale. C’è una larga parte di velisti che preme per una contro riforma, per il ritorno all’antico. Ma ormai la strada è segnata, la Coppa del resto ha sempre guardato il futuro, e dalla velocità difficilmente si tornerà indietro. Nel lungo percorso per arrivare a queste regate purtroppo il team di Coutts ha modificato le barche di classe Ac 45, quelle piccole che hanno corso a Venezia e Napoli, e la Giuria Internazionale ha somministrato al team alcune pene dolorose, la più grave due punti di penalità che cancelleranno le prime due vittorie, poi la squalifica di quattro velisti tra cui il regolatore della wing (la vela alare) l’olandese Dirk De Ridder. Lo skipper è il mitico James Spithill, australiano e fortissimo in match race, uno dei grandi talenti della vela contemporanea, come molti dell’equipaggio. Il challenger Emirates Team New Zealand arriva dalla vittoria della Louis Vuitton dove non ha avuto, in realtà, avversari se non Luna Rossa di Patrizio Bertelli, un buon partner che sapeva di perdere ma voleva conservare squadra ed esperienza, imparare cos’è la velocità per partire in vantaggio la prossima volta. Emirates Team New Zealand non fonda la sua partecipazione sul denaro ne sul desiderio di un tycoon di comparire: lo stile kiwi è sempre quello di spendere lo stretto necessario e di essere una squadra. Il budget è arrivato a 110 milioni di dollari, ma quelli neozelandesi, fanno circa 80 milioni di euro. La squadra in realtà è una nazionale della vela, che vuole riportare la Auld Mug in patria non solo per lo sport, ma anche per sostenere l’industria nautica che è la seconda del paese (confronto impossibile con l’Italia, dove è stata demolita). Per questo ci sono finanziamenti governativi, si dice attorno ai 40 milioni di dollari neozelandesi, e una serie di sponsor tra cui anche marchi europei, come gli orologi Omega e Skyy Vodka (gruppo Campari). A tenere insieme le cose sul piano finanziario c’è un signore di passaporto americano e nome italiano Matteo De Nora, innamorato della sportività neozelandese. Sul piano sportivo il leader è Grant Dalton, signore degli oceani, e lo skipper Dean Barker. Sono due eroi nazionali, valgono come da noi Totti e Buffon. Chi vincerà? Non c’è pronostico, i neozelandesi sono un po’ più avanti nella conduzione della barca, sono davvero determinati. Gli americani sembrano più veloci in qualche condizione e con quello che hanno speso devono esserlo. Le regate iniziano sabato attorno all’una ora locale di San Francisco, forse basteranno i primi dieci minuti per capire chi vincerà le altre prove. Per portare la Coppa a Auckland al primo piano del New Zealand Yacht Squadron, Aeteoroa deve vincere nove regate, Oracle per tenerla nel Golden Gate Yacht Club undici. Sarà una settimana difficile, veloce di sicuro.
Cialtroni: non c’è altra parola per definire i “velisti” che hanno architettato il taroccamento dei due AC 45 Oracle che hanno ottenuto i risultati migliori degli altri nelle World Series. Lo sono perché l’azione, tanto per vincere le World Series di nessun interesse agonistico concreto per la Coppa, rischia di mettere in seria difficoltà Oracle nel confronto con lo sfidante New Zealand. La Giuria, più avanti la descrizione di tutte le pene previste, composta dal presidente David Tillett, John Doerr, Josje Hofland, Graham McKenzie, Bryan Willis ha salvato la reputazione dei velisti maggiori e ha mostrato di credere alle argomentazioni di sir Russell Coutts, sir Ben Ainslie, di Grant Simmer l’uomo che sembra aver dato più coerenza al progetto di Oracle dal momento del suo arrivo nel team. Coutts si dice seriamente arrabbiato: “questa cosa ci ha fatto perdere tempo prezioso negli allenamenti” e in questi giorni Oracle non ha potuto navigare con le due barche complete. Nel provvedimento si cita un Sailor X la cui identità viene tenuta segreta perché la sua posizione è stata stralciata, ma potrebbe ragionevolmente essere James Spithill che compare molto spesso nei verbali e conduceva una delle due barche incriminate. La Giuria scrive che è giusto punire il team e le persone ma che il verdetto deve essere quello delle regate perché non tutto il team era coinvolto. Non sembra del tutto realistico che sia così… però è possibile che alcuni non sapessero in un team di 120 persone. Più vero probabilmente che non sono arrivate le prove che servivano per rendere chiaro l’imbroglio. Comunque va notato che è la seconda volta che questa Giuria Internazionale che qualcuno non credeva indipendente si è mossa contro il defender senza andare troppo per il sottile e anche che queste erano più o meno le pene previste da radio banchina. A conti fatti era poco probabile che arrivasse a fermare la Coppa.
Grant Dalton pensa che comunque gli tocca vincere: “tutte queste discussioni si fanno al tavolo del bar e fanno male al nostro sport che non lo merita, sul piano pratico ci tocca pur sempre vincere nove regate”. Insomma non ci sono sconti per i kiwi, vero. Ma è andata quasi sempre così: per il bompresso di New Zealand la Giuria aveva tolto una vittoria a una regata e questo era bastato a sbandare totalmente il team che non si è più ripreso. Simile la situazione con One World pizzicato con i dati dei computer dell’edizione precedente. Diversa la situazione attuale: le regate non sono ancora cominciate, anche se i volti sono tesi e mezza stampa americana oltre al pubblico è contro il defender. Negli States imbrogliare resta una cosa grave. Gli americani si difendono affermando che pochi grammi non davano vantaggio, sarebbe vero… se non che il vero vantaggio a quanto pare era nella maggior lunghezza del kingpost che avrebbe consentito di caricare meglio la struttura e il sartiame che la tiene insieme. Secondo i maligni quello che gli stazzatori hanno trovato è solo quello che era stato dimenticato nel rimettere le barche in stazza. C’era dell’altro, ma non si sono trovate le prove. Oracle insomma è in regata e i due punti cambieranno la storia se le Oracle e Aotearoa mostreranno prestazioni simili, a dire il vero ci credono in pochi e a San Francisco tutti pensano che presto scopriremo il più veloce che comunque dominerà le regate. La storia è sempre quella: dalla parte americana ci sono le ricerche dell’industria aeronautica, servite nel 2010. Da quella kiwi l’esperienza e la solidità del team. Sono cinque i velisti sanzionati secondo la regola 69, sono il giovane Kyle Langford che se la cava con una tirata di orecchi stile “non farlo più”, l’australiano Bryce Ruthenberg dello shore team che viene sospeso dalla Coppa ma la stessa Giuria raccomanda la Federazione Australiana di non procedere oltre perché si è pentito e ha collaborato. Il kiwi Matt Mitchell è sospeso da quattro regate di Coppa e anche per lui è considerato sufficiente il provvedimento. Più duro il giudizio nei confronti di Andrew Andy Walker sospeso con raccomandazione alla Isaf o alla federazione neozelandese di prendere ulteriori provvedimenti. L’olandese Dirk De Ridder è l’uomo più importante tra i sospesi dalla Coppa, regolatore della wing sulla barca titolare anche qui la Giuria chiede agli organismi nazionali e internazionali di intervenire. Secondo il collega Glen Ashby la sua perdita per il team può avere un peso psicologico ma non rallentare di molto la barca “Dirk è bravo e il suo è un ruolo chiave, ma io credo che possa essere sostituito da Kyle Langford e passargli tutto quel che serve”. Per quanto riguarda il Team e il procedimento secondo la regola 60 del Protocollo la Giuria applica le penalità previste dal punto 15 sempre del Protocollo e sanziona Oracle con la perdita di due vittorie: significa in pratica che i primi due eventuali punti vengono cancellati. Questo ha posto subito un problema: se gli americani conquistano dieci vittorie (8 punti) e i kiwi 7 non ci sono virtualmente più regate nel programma per arrivare a nove punti. Non è chiaro se nel caso si arrivi a questa situazione, che a tutti sembra un po’ difficile, sarà allungato il programma. Oltre ai due punti ci sono le multe in denaro che devono essere pagate prima dell’inizio delle regate. 125 mila dollari vanno alla fondazione istituita a nome di Andrew “Bart” Simpson per aiutare i giovani velisti e altri 125 mila vanno a una istituzione benefica scelta dal Sindaco di San Francisco, che non ha mai amato Larry Ellison e Oracle per il suo desiderio di entrare in possesso di una vasta area dei docks, con la scusa della Coppa America, per alcuni decenni.
I documenti, per chi ha voglia di leggere
http://noticeboard.americascup.com/wp-content/uploads/2011/08/JN117.pdf
http://noticeboard.americascup.com/wp-content/uploads/2011/08/JN116.pdf
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