Una decisione che a noi appare improvvisa getta ancora una volta il magico mondo della Coppa America nell’incertezza. Il Challenger of Record, l’australiano Hamilton Island Yacht Club per la famiglia Oatley (soprattutto vino e resort nei loro interessi) con uno statement ha manifestato l’intenzione di ritirare la sfida, confermata poi con manovra renziana (siamo in tempi moderni) via twitter. Un fulmine a ciel sereno: sebbene con un equilibrio precario la edizione 35 del più antico Trofeo velico stava andando avanti. E dire che solo un paio di settimane fa l’uomo forte di Team Australia Iain Murray era a Malcesine per allenamenti e regate su mezzi “foiling”, il singolo Moth e il catamarano GC 32 e si era affacciato alle regate Star. Aveva lasciato dichiarazioni critiche con Oracle: “è stata dura ma abbiamo portato a casa un Protocollo, una base decente che speriamo di modificare nei punti oscuri” ma non sembrava vicino a un passo del genere. Poi però, pochi giorni fa, un meeting tra sfidanti e defender ha riaperto il solco tra le incertezze e le pretese di Russell Coutts, cui Larry Ellison lascia più o meno fare tutto quello che vuole, su date e luoghi che mancano ancora rendendo ogni programma del tutto incerto. Cosa si propone agli sponsor? Alcuni team hanno preso la decisione di esserci in ogni caso come Luna Rossa e Artemis, altri hanno bisogno di attrarre sponsor come quello inglese di Ben Ainslie o i kiwi di New Zealand e altri che stavano lavorando per arrivare in tempo e le sedi proposte delle isole Bermuda o San Diego non sembrano molto interessanti. E poi, anche i due finora pazienti Patrizio Bertelli e Torbjörn Törnqvist potrebbero svegliarsi un mattino con la mosca al naso. Non sarebbe la prima volta. Insomma Bob Oatley, un energico signore australiano che aveva lanciato la sfida con la fiducia di poter riportare la Coppa a essere un evento per velisti, dopo mesi di estenuanti trattative ha mandato tutti a quel paese, così come aveva fatto Vincenzo Onorato con Mascalzone Latino, più o meno per gli stessi problemi, lievitazione dei costi verso cifre impreviste, difficoltà delle relazioni con sua altezza Coutts che ha imposto mediazioni difficili da digerire. E’ la seconda volta in due edizioni che il Challenger of Record si ritira dal suo ruolo e prima in quasi due secoli non era mai successo. Oatley, un passato di regatante storico e molti record con le sue barche da regata che chiama Wild Oats, deve proprio aver pensato “ma chi me lo fa fare in questa gabbia di matti, torno alle mie vigne sulla mia isola privata”. Adesso il ruolo di Challenger of Record potrebbe passare a Luna Rossa oppure ad Artemis, i due che hanno presentato sfida e deposito monetario (prima rata da un milione di dollari) formale. Ma qui c’è il pasticcio: gli americani non avevano ancora accettato le due sfide, pretendendo per farlo di arrivare almeno a quattro sfidanti, e New Zealand e Ainslie a quanto pare stavano aspettando il termine dell’8 agosto per farlo. Ben Ainslie infatti ha fatto l’annuncio con festa, principessa e baronetti ma non il versamento e gli atti formali. Dunque a chi toccherebbe la successione? Di solito conta la cronologia, e se conosciamo un poco il carattere di Luna Rossa non vorrà prendersi questa grana di poco onore e molto onere. Quanto successo potrebbe, anzi dovrebbe, riaprire il dibattito sul Protocollo che se non viene firmato da un altro Challenger non ha nessun valore. Siccome piaceva poco questa potrebbe essere l’occasione per ricominciare a litigare nel tentativo di togliere qualche vantaggio al Defender e costringerlo (letteralmente) la dove Murray non era riuscito. La Coppa, è il caso di dirlo, è il alto mare… Ancora una volta peccato e nostaglia di quando esistevano i riferimenti, che non è un tempo tanto lontano.
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Le anticipazioni di dicembre sono confermate: la quinta sfida di Patrizio Bertelli alla Coppa America avrà base a Cagliari, la data prevista per il prossimo evento è l’estate 2017 quasi certamente di nuovo a San Francisco, probabilmente con catamarano di 60 piedi, diciotto metri invece di ventuno come erano gli AC 72, ma con caratteristiche simili di velocità, ovvero “foiling” e con “wing”. Traduciamo: voleranno sull’acqua come aliscafi spinti da vele rigide. Sulle regole si discute molto, sono anticipazioni di radio banchina. Al momento ci sono quattro sfidanti sicuri: il Challenger of Record è Robert Oatley, recente vincitore della Sydney Hobart con Wild Oats, attraverso l’Hamilton Island Yacht Club, isoletta della barriera corallina che è tutta sua, nel suo team indicano Iain Murray e James Spithill. Poi, oltre ai nostri eroi, ci sono i kiwi di Team New Zealand che hanno ricevuto un aiuto dal governo per mettere sotto contratto i bravi che potevano essere assunti da altri (Luna Rossa per prima), dopo la sonora, anzi drammatica sconfitta, il team si sta ricostruendo attorno a Matteo de Nora, Grand Dalton e Dean Barker ma e ha assunto il giovane timoniere Peter Burling, vincitore della Red Bull Youth America’s Cup. Torna Artemis con skipper l’inglese Iain Percy. Da citare gli sforzi di sir Ben Ainslie per allestire un sindacato inglese con JP Morgan per sponsor iniziale per riportare la Coppa a casa, sull’isola di Wight: attenzione, Ben se non si perde è il prossimo uomo Coppa, il velista assoluto che ha fatto vincere Oracle e adesso vuol far da solo con la sua bandiera. Chi avrà Ben nel team sarà a metà dell’opera. Torniamo a Cagliari, come dice il patron della barca italiana: “Abbiamo scelto Cagliari perché le condizioni meteo di questo golfo sono ideali per gli allenamenti con i catamarani. La città di Cagliari, inoltre, offre un’ottima situazione logistica e ci ha riservato un’accoglienza particolarmente calorosa. Siamo molto contenti che, dopo diversi anni all’estero, la base del team sia nuovamente in Italia”. L’ultima volta, prima di approdare a San Francisco e per via della collaborazione con il team neozelandese, il team agli ordini di Max Sirena è stato a Auckland Nuova Zelanda, andare laggiù piace a tutti, atmosfera e servizi ideali per i velisti e anche per le famiglie che da una parte spediscono i figli nelle scuole inglesi dall’altra hanno vissuto in una grande città di mare dove vince l’ambiente. Cagliari era da tempo nel mirino di Bertelli e Max Sirena che aveva già condotto sulla costa sarda allenamenti segreti (in realtà se ne sono accorti tutti subito) per provare i famoso foiling (quel modo di navigare per cui gli scafi si sollevano sull’acqua), la scelta era stata annunciata fin dalle regate di San Francisco. Adesso però sono completati gli accordi con le autorità locali. Il porto di Cagliari è infatti oggetto di una ampia ristrutturazione dopo alcuni errori progettuali degli anni passati culminati, per esempio, nel prevedere un terminal crociere dove non c’era un fondale sufficiente alle grandi navi. A Cagliari infatti oltre alla base di Luna Rossa, che sarà abbastanza vicino al centro, sorgeranno un porto per grandi barche private, un nuovo terminal crociere (di cui è azionista il Terminal Crociere di Venezia) un nuovo polo commerciale e una grande zona cantieristica sia per il diporto sia per il commerciale. Insomma, Luna Rossa entra a far parte di un progetto di rinnovo del rapporto della città sarda con il mare che dovrebbe far forza attraverso la sua centralità nel Mediterraneo. Come afferma il Commissario dell’Autorità Portuale, Piergiorgio Massidda: “L’annuncio di Patrizio Bertelli di scegliere Cagliari come base per il team di Luna Rossa ci onora e ci ripaga per quanto fatto negli ultimi anni per migliorare le condizioni della nostra città e renderla punto di riferimento per la vela internazionale. Si tratta di un’occasione unica non solo per la città, ma per tutto il territorio che otterrà un ritorno di immagine senza precedenti a livello internazionale”. Nei prossimi mesi la base verrà resa operativa con la costruzione fisica: a Valencia era intervenuto Renzo Piano inventando una base con le pareti fatte con le vele vecchie, si fa per dire alcune erano nuove e mai usate superate in disegno e tecnologia, qui potrebbe esserci una nuova sorpresa. Ovviamente non si lavora solo alla base, ma anche al team. In questi mesi Max Sirena ha lavorato sodo per acquisire prima di altri i bravi liberi. E’ una fase incerta perché senza conoscere le nuove regole, di cui si dovrebbe sapere qualcosa nelle prossime settimane, non si sa su che specialisti puntare. Al momento il settore design, ricerca, coordinamento dovrebbe essere quello più interessante, è infatti quello che inizia a lavorare prima di altri.
Anche la regata 14 è stata rinviata, motivo ufficiale il vento instabile. Al mattino pioggia forte e vento da sud, condizioni che non si verificano da febbraio scorso secondo i locali. Ma dopo l’una come previsto piano piano il vento è tornato quello di sempre, la solita brezza, la solita direzione, un po più forte di quella del drammatico giovedì in cui ETNZ ha avuto la Coppa in tasca per tutta una regata. Non si sarebbe potuto completare il programma di due eventuali regate, ma di sicuro il tempo per farne una c’era, pur dando il via al limite del tempo massimo previsto, le 14 e 40. In realtà è stato un rinvio incomprensibile, perché il vento dopo le due era ormai steso sulla baia e le barche stavano navigando allegramente con l’intensità che stava salendo. Emirates Team New Zealand dopo l’annuncio avvenuto mentre si preparava la partenza è rientrata alla base esibendosi in un un simpatico foiling, così, tanto per dimostrare che si poteva fare. Se le altre regate erano state interrotte applicando alla lettera una regola, per quanto fatta male, questa volte è intervenuta una discrezionalità del Comitato che gioca a favore di Oracle in maniera piuttosto evidente. Perfino il tono con cui il Comitato dava le istruzioni è sembrato sarcastico, come a dire, rinviamo ma non si corre. Chi ha deciso? Indice puntato su Iain Murray, che controlla da vicino Harold Bennet, che a dire il vero è sempre stato piuttosto “fair” e apprezzato per la sua imparzialità.
ETNZ voleva regatare, queste erano le sue condizioni e non c’era motivo di rinviare veramente. Allungare il brodo è il gioco di Russell Coutts, che spera che intervenga qualche novità per tenere la Coppa. Oltre tutto non vuole perdere durante il week end con il pubblico sulle rive.
La festa è rinviata, ancora una volta. Ci sono state altre edizioni della Coppa di durata record, fino a 16 giorni per la vittoria di Alinghi nel 2003, oppure nel 70 dove le regate programmate erano molte meno.
Cialtroni: non c’è altra parola per definire i “velisti” che hanno architettato il taroccamento dei due AC 45 Oracle che hanno ottenuto i risultati migliori degli altri nelle World Series. Lo sono perché l’azione, tanto per vincere le World Series di nessun interesse agonistico concreto per la Coppa, rischia di mettere in seria difficoltà Oracle nel confronto con lo sfidante New Zealand. La Giuria, più avanti la descrizione di tutte le pene previste, composta dal presidente David Tillett, John Doerr, Josje Hofland, Graham McKenzie, Bryan Willis ha salvato la reputazione dei velisti maggiori e ha mostrato di credere alle argomentazioni di sir Russell Coutts, sir Ben Ainslie, di Grant Simmer l’uomo che sembra aver dato più coerenza al progetto di Oracle dal momento del suo arrivo nel team. Coutts si dice seriamente arrabbiato: “questa cosa ci ha fatto perdere tempo prezioso negli allenamenti” e in questi giorni Oracle non ha potuto navigare con le due barche complete. Nel provvedimento si cita un Sailor X la cui identità viene tenuta segreta perché la sua posizione è stata stralciata, ma potrebbe ragionevolmente essere James Spithill che compare molto spesso nei verbali e conduceva una delle due barche incriminate. La Giuria scrive che è giusto punire il team e le persone ma che il verdetto deve essere quello delle regate perché non tutto il team era coinvolto. Non sembra del tutto realistico che sia così… però è possibile che alcuni non sapessero in un team di 120 persone. Più vero probabilmente che non sono arrivate le prove che servivano per rendere chiaro l’imbroglio. Comunque va notato che è la seconda volta che questa Giuria Internazionale che qualcuno non credeva indipendente si è mossa contro il defender senza andare troppo per il sottile e anche che queste erano più o meno le pene previste da radio banchina. A conti fatti era poco probabile che arrivasse a fermare la Coppa.
Grant Dalton pensa che comunque gli tocca vincere: “tutte queste discussioni si fanno al tavolo del bar e fanno male al nostro sport che non lo merita, sul piano pratico ci tocca pur sempre vincere nove regate”. Insomma non ci sono sconti per i kiwi, vero. Ma è andata quasi sempre così: per il bompresso di New Zealand la Giuria aveva tolto una vittoria a una regata e questo era bastato a sbandare totalmente il team che non si è più ripreso. Simile la situazione con One World pizzicato con i dati dei computer dell’edizione precedente. Diversa la situazione attuale: le regate non sono ancora cominciate, anche se i volti sono tesi e mezza stampa americana oltre al pubblico è contro il defender. Negli States imbrogliare resta una cosa grave. Gli americani si difendono affermando che pochi grammi non davano vantaggio, sarebbe vero… se non che il vero vantaggio a quanto pare era nella maggior lunghezza del kingpost che avrebbe consentito di caricare meglio la struttura e il sartiame che la tiene insieme. Secondo i maligni quello che gli stazzatori hanno trovato è solo quello che era stato dimenticato nel rimettere le barche in stazza. C’era dell’altro, ma non si sono trovate le prove. Oracle insomma è in regata e i due punti cambieranno la storia se le Oracle e Aotearoa mostreranno prestazioni simili, a dire il vero ci credono in pochi e a San Francisco tutti pensano che presto scopriremo il più veloce che comunque dominerà le regate. La storia è sempre quella: dalla parte americana ci sono le ricerche dell’industria aeronautica, servite nel 2010. Da quella kiwi l’esperienza e la solidità del team. Sono cinque i velisti sanzionati secondo la regola 69, sono il giovane Kyle Langford che se la cava con una tirata di orecchi stile “non farlo più”, l’australiano Bryce Ruthenberg dello shore team che viene sospeso dalla Coppa ma la stessa Giuria raccomanda la Federazione Australiana di non procedere oltre perché si è pentito e ha collaborato. Il kiwi Matt Mitchell è sospeso da quattro regate di Coppa e anche per lui è considerato sufficiente il provvedimento. Più duro il giudizio nei confronti di Andrew Andy Walker sospeso con raccomandazione alla Isaf o alla federazione neozelandese di prendere ulteriori provvedimenti. L’olandese Dirk De Ridder è l’uomo più importante tra i sospesi dalla Coppa, regolatore della wing sulla barca titolare anche qui la Giuria chiede agli organismi nazionali e internazionali di intervenire. Secondo il collega Glen Ashby la sua perdita per il team può avere un peso psicologico ma non rallentare di molto la barca “Dirk è bravo e il suo è un ruolo chiave, ma io credo che possa essere sostituito da Kyle Langford e passargli tutto quel che serve”. Per quanto riguarda il Team e il procedimento secondo la regola 60 del Protocollo la Giuria applica le penalità previste dal punto 15 sempre del Protocollo e sanziona Oracle con la perdita di due vittorie: significa in pratica che i primi due eventuali punti vengono cancellati. Questo ha posto subito un problema: se gli americani conquistano dieci vittorie (8 punti) e i kiwi 7 non ci sono virtualmente più regate nel programma per arrivare a nove punti. Non è chiaro se nel caso si arrivi a questa situazione, che a tutti sembra un po’ difficile, sarà allungato il programma. Oltre ai due punti ci sono le multe in denaro che devono essere pagate prima dell’inizio delle regate. 125 mila dollari vanno alla fondazione istituita a nome di Andrew “Bart” Simpson per aiutare i giovani velisti e altri 125 mila vanno a una istituzione benefica scelta dal Sindaco di San Francisco, che non ha mai amato Larry Ellison e Oracle per il suo desiderio di entrare in possesso di una vasta area dei docks, con la scusa della Coppa America, per alcuni decenni.
I documenti, per chi ha voglia di leggere
http://noticeboard.americascup.com/wp-content/uploads/2011/08/JN117.pdf
http://noticeboard.americascup.com/wp-content/uploads/2011/08/JN116.pdf
Still alive: Luna Rossa è ancora viva dopo la settima regata delle finali Louis Vuitton Cup. E’ successo che il vento era troppo forte per disputare la ultima decisiva regata e il comitato ha mandato tutti a casa. Così dal mare è arrivato un giorno di vita in più per Luna Rossa e per la finale sfidanti. Fin dal mattino si sapeva che sarebbe molto probabilmente successo così, il vento aveva pulito in fretta il cielo sempre nebbioso di San Francisco, lasciando libero il sole per il pubblico che segue sia dalle rive che dal mare. Ancora una volta la regata si è giocata sulla grande velocità di Emirates Team New Zealand, che con alcune modifiche notturne, probabilmente in vista del vento forte è apparsa ancor più mostruosamente in forma e veloce. Il traguardo che tutti si aspettano, il foiling di bolina, è ormai una realtà che spinge lo speedometro a 30 nodi con un rapporto con lo scarroccio che diventa conveniente in VMG. Non serve criticare la partenza di Luna Rossa, sempre un po’ lenta ad accelerare, la differenza di velocità è troppo evidente. I kiwi vogliono vincere: è una missione di Stato, davvero, perché la Coppa da loro porta economia non è solo il palcoscenico per un ricco ai primi posti della classifica di Forbes. In una giornata di vento forte le barche hanno segnato record di ogni tipo, hanno chiuso il percorso in 23 minuti 38 secondi, il ritardo di Luna Rossa è di 1 minuto e 58 secondi, la velocità media di ETNZ è di 29,24 nodi, quella di Luna Rossa di 27,27. I kiwi hanno stabilito il record di velocità della Louis Vuitton Cup toccando i 47,18 nodi, Luna Rossa è arrivata a 43,46. I nostri eroi sperano ancora, come spiega il tattico Francesco “Checco” Bruni: “Noi combattiamo fino all’ultimo momento, nello sport non si sa mai. Dobbiamo affrontare l’ultima regata con la testa sulle spalle, sarà dura ma noi combattiamo. Le possibilità, lo ammettiamo, sono poche, ma l’altro giorno sono andati con la prua giù e in un istante potevano giocarsi tutto, la finale, la contro finale e tutto il resto. Noi ci sentiamo vivi fino alla fine”. Spiega poi quello che ha visto sul campo: “Emirates è molto veloce di bolina, e non mi sorprenderebbe vedere Oracle passare qualche brutta esperienza. Oggi riuscivano a navigare in foiling a 30 nodi. Anche noi possiamo andare in foliling di bolina, il problema è che puoi andare in foiling a 25 o o farlo 30 nodi, esiste insomma una qualità del foiling. Quello che stanno facendo i kiwi è incredibile”. Racconta dei progressi di Luna Rossa: “Il gap con i kiwi si è ridotto, se si fanno i conti matematici dei distacchi si vede che sono ridotti in maniera notevole. Forse potremmo ridurre lo svantaggio della metà anche se ammettiamo che vincere è difficile. Loro hanno qualcosa che noi non abbiamo. Loro sono arrivati alla ottava generazione di derive, noi alla quinta. Abbiamo due sciabole da provare ma ci servirebbe un mese per farle funzionare come si deve. L’evoluzione è continua, a ogni regata si impara qualcosa. Noi un mese fa non riuscivamo a superare i 40 nodi, adesso siamo a 45. Abbiamo cambiato solo due tip, due piccoli pezzi di carbonio”.
Emirates Team New Zealand ha punito duramente Luna Rossa nella sesta regata della finale Louis Vuitton Cup. In una giornata di vento modesto, per le abitudini della baia di San Francisco, Luna Rossa è apparsa insonnolita e poco reattiva. Il motivo tecnico è probabilmente la taratura dei deflettori dei timoni, che sono molto critiche per rendere il foiling stabile. Al mattino infatti le previsioni promettevano vento più intenso e con ogni probabilità i tecnici hanno preparato la barca per quelle indicazioni. Questo, e tutto il resto, hanno reso Luna Rossa decisamente più lenta di New Zealand. Alla partenza la rapidità con cui i kiwi hanno accelerato verso la prima boa lasciando sul posto Luna Rossa ha fatto impressione. Chris Draper aveva fatto bene, cercando di tenere la barca sulla linea per tempo, ma come nei giorni scorsi i kiwi hanno messo in assetto e lanciato la barca con abilità impressionante. Si sapeva che andava a finire così, ma come sempre succede per onore di bandiera e per tifo uscendo dalla razionalità dei numeri si sperava nel miracolo… ma San Francisco non fa miracoli e neanche San Gennaro, anzi. Il distacco alla fine è di un paio di minuti, su una durata totale di ventotto. Le punte di velocità premiano gli italiani che toccano i 39,33 nodi contro i 37,28 dei kiwi. Emirates Team New Zealand che ha raggiunto il punteggio di 5 – 1 si avvia dunque a vincere la ultima edizione della Louis Vuitton Cup. Le bastano altre due regate per raggiungere le sette vittorie necessarie, che potrebbero essere oggi sabato 24 agosto, una data che potrebbe restare nella storia come chiusura di un ciclo trentennale legato alla maison francese che dall’83 sposa la sua immagine alla Coppa America. Il meteo però promette troppo vento.. tanto per allungare i tempi, allora il programma prevede altre due regate domenica. Luna Rossa spera ancora, spera che il vento le dia un vantaggio per iniziare una rincorsa impossibile. Non è stato annunciato ufficialmente ma tutti sanno che la nuova dirigenza di Louis Vuitton non vuole più investire in questo mondo. Chi vincerà la Coppa America dovrà trovare un nuovo sponsor per le regate di selezione sfidanti, un problema che si aggiunge a quelli di scelta di una nuova barca e di un nuovo formato più attraente per il pubblico e gli sponsor. Ma c’è un altro rischio: potrebbe anche essere l’ultimo giorno di regata per Luna Rossa alla sua quarta sfida: il combattente Patrizio Bertelli ha promesso una nuova partecipazione, sarebbe la quinta, ma con delle condizioni che molto probabilmente in caso di vittoria americana non saranno realizzabili. Con una nuova e quinta sfida l’uomo di Arezzo, raggiungerebbe nella storia della Coppa sir Thomas Lipton il leggendario eterno sconfitto, innovatore nel commercio, nella pubblicità, amico dei regnanti ma escluso dai nobili. Bertelli vuol vincere però… partecipando a un gioco più vero. Tutto il programma di questa partecipazione è connesso alla possibilità di diventare Challenger of Record sfidando il Royal New Zealand Yacht Squadron. Per il Circolo Vela Sicilia sarebbe la prima volta, non per Bertelli che lo è stato nella complessa edizione del 2003.
Nel giorno di riposo nelle basi chiuse si lavora alacremente: Luna Rossa ha sistemato la rottura alla pulegge della base albero mentre Emirates ha completato la sistemazione delle coperture aerodinamiche della piattaforma che si erano demolite nell’ingavonata. Ma a tener banco, o meglio far sorridere, è la contro protesta di Oracle nei confronti di Emirates TNZ e Luna Rossa che avrebbero “trepassed” (superato i confini) per sbirciare sugli AC 45 alla ricerca di prove delle loro malefatte. Questo succede poche ore dopo che la Giuria Internazionale, profondamente infastidita dalle continue pressioni a dimenticare il caso, ha emesso un comunicato piuttosto minaccioso che chiarisce che sta continuando a lavorare per arrivare a risolvere il caso segnalato dagli stazzatori. Ricordiamo che durante i controlli per la Red Bull Young America’s Cup gli stazzatori hanno rilevato in due delle tre barche messe a disposizione da Oracle delle irregolarità. In un primo momento sembrava che si trattasse di tutte e tre le barche Oracle (ovvero quella targata Coutts o Slingsby, quella di Spithill e quella di sir Ben Ainslie JP Morgan) poi pare per un errore di comunicazione tra stazzatori e Giuria una delle tre è stata considerata “pulita”, quella di Coutts. Dopo il primo comunicato della Giuria l’inglese Ben Ainslie, che ricordiamo è il velista più medagliato di tutti i tempi e ha una certa reputazione da difendere, ha subito scritto una nota in cui dichiarava di non essere a conoscenza delle modifiche e che stava usando la barca così come messa a disposizione da Oracle e che preferiva ritirarsi (postumo) da tutti gli eventi delle World Series. Poco dopo anche Russell Coutts dichiarava di ritirare tutte le barche dalle WS (entro pochi giorni devono anche restituire i premi) addossando la colpa a dei boat builder che di loro iniziativa avrebbero migliorato le barche. Difficile credere che lo shore team, per quando molto bravo, faccia tutto da solo e senza almeno il parere di un progettista. Inoltre sembra molto ingenuo che nessuno abbia rimesso le cose a posto prima della Red Bull Youth… davvero pensavano che i controlli fossero un tanto al metro? Coutts e Ainslie hanno talento da vendere e nella loro carriera di solito hanno vinto per bravura. Le loro carriere al momento sono tanto diverse: ancora velista l’inglese, manager con le idee non proprio chiare sul marketing sportivo il neozelandese. Resta che quello Oracle e i suoi AC 45 è un pasticciaccio brutto, perché quel che trapela è che il “tweaking” delle barche va ben oltre i due chili e mezzo di peso aggiunto alla base del bompresso, che servirebbe a tener giù le prue con bonaccia e choppy sea. Ci sarebbero anche water ballast, derive che si muovono per salire meglio di bolina: radio banchina non è affatto generosa, e questo sarebbe il vero motivo per chi la Giuria continua a indagare con forza e per cui starebbe per esplodere un caso Lance Armstrong anche a San Francisco, e pensare che gli americani sono così attaccati alla lealtà sportiva… Max Sirena ha usato la situazione per innervosire Oracle accusandoli apertamente di aver barato: “io non avrei mai ritirato le barche, da innocente, e io so cosa succede nella base e sulle barche fin nei minimi particolari, impossibile che Coutts non sappia”. Nel suo comunicato la Giuria ha affermato che sta procedendo in due direzioni: una indagine verso le persone secondo la regola 69 del regolamento internazionale (comportamento antisportivo) contro le persone e secondo la regola 60 del Protocollo, che prevede una sorta di vilipendio alla Coppa e questo contro il Team intero. Ora si aprono diverse prospettive: Ainslie in qualche modo si è discolpato, anche Coutts dichiarandosi troppo impegnato per sapere nei dettagli. Chi non lo ha fatto è James Spithill che con il suo equipaggio sembra al momento quello che rischia di più sul piano personale e della famigerata 69: lui e i suoi fedelissimi che hanno navigato su uno degli AC 45 modificati potrebbero essere sospesi per un tempo che gli potrebbe impedire di disputare la Coppa America, o potrebbero esserlo dopo, ma non sarebbe una gran punizione anche se una macchia nel curriculum. Con Spithill, già timoniere di Luna Rossa a Valencia e vincitore della Coppa nel 2010 con Bmw Oracle, a San Francisco 2012 hanno navigato Dirk de Ridder, John Kostecki, Jono MacBeth e Joe Newton. A dire il vero ragazzi, anche questi, che non avrebbero un gran bisogno di barare. Se le persone rischiano la sospensione, abituale in campo Isaf per infrazioni di questo tipo, il Team invece può rischiare cose diverse secondo Protocollo: una multa o più verosimilmente punti di penalizzazione. Come era successo a OneWorld accusato di aver avuto a disposizione i dati di un progetto di un team avversario. Allora la materia era confusa: Laurie Davidson era stato il progettista di New Zealand e ovviamente conservava, anche solo nella memoria (non quella del Pc ma quella professionale personale), dati del suo lavoro e delle sue idee, determinante per il team fu la confessione di un designer che confermò di aver avuto Pc vecchi a disposizione, non completamente formattati. Dichiarazioni sul filo del rasoio, come adesso. Un caso molto clamoroso di 69 (in realtà a quel tempo numero 75) fu quello di Thomas I-Punkt dell’armatore Thomas Friese all’Admiral’s Cup e alla one ton Cup dell’87, emerso dopo molti mesi di tentativi e indagini per confessione di Andrew Cape, uno dei membri dell’equipaggio. Il sistema era ingegnoso: c’è una pompa di sentina che poteva oltre che espellere acqua anche farla entrare. L’equipaggio riempiva dei serbatoio morbidi da 250 litri che venivano lasciati in alloggi sopravento per poi essere tagliati e buttati in mare prima dell’arrivo delle prove d’altura. Riepilogando cosa può succedere di concreto a Oracle? In realtà di tutto: dalla squalifica delle persone con il timoniere titolare James Spithill in testa alla multa in denaro o alla penalizzazione in punti. La materia, dicono, è concreta. Gli americani sperano finisca a tarallucci e vino, ma non pare sarà così.
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