Per qualcuno, i forzati dell’ottimismo, il Salone di Genova è stato un successo. Per carità, come ha detto Massimo Guardigli di Comar “almeno ho visto gente interessata davvero che fa domande vere, cerca barche medie”, questo può essere un vero segnale positivo e l vela non ha mai fatto la parte del leone a Genova. La stessa industria con sufficienza la considerava una parte piccola e quasi “inutile” nell’economia del Salone che doveva rappresentare la produzione dei cantieri italiani. Era parzialmente vero, anche se il Salone di Genova ha sempre vissuto nell’ambiguità tra le due esigenze storiche: quella di vetrina della capacità industriale nostrana ma anche di soddisfare le esigenze dei visitatori nostrani. In un salone grande dovrebbe esserci posto per tutti, come accade all’estero. A Genova l’equivoco è sempre rimasto attivo. Negli anni d’oro il mercato della vela valeva il 90% circa del fatturato del settore ma a Genova i visitatori interessati alla vela erano almeno uno su tre. Dunque una forte differenza tra capacità industriale e gusti del mercato interno. Negli anni questo ha provocato autentiche rivolte, fino alla più ingenua dell’anno scorso con la proposta di spostare tutta la vela altrove. Adesso le carte sono ben rimescolate, in un Salone ridotto in dimensioni ed espositori le poco meno di 50 barche a vela hanno costituito una attrattiva importante, quasi decisiva per riempire le banchine. Sintomo di un rinnovato equilibrio? Forse anche del passaggio dal motore alla vela, complici i consumi e i costi rilevanti dei carburanti e le manutenzioni. Resta molto da fare per far trovare al Salone una dimensione orientata al pubblico e alla sua voglia di “comprare”. La freddezza di alcune iniziative del passato pesa ancora e sebbene alcune cose siano decisamente migliori, come l’esposizione degli accessori in un padiglione nobile e non nel vecchio C, manca ancora la cornice, il palcoscenico. Attività che potrebbero essere al centro dell’attenzione come Convegni, incontri al Teatro del Mare, sono finiti confinati in luoghi inaccessibili. Chi ricorda Londra con il vecchio Salone di Earls Court? Beh, li il grande schermo, la piscina centrale, ti portavano comunque a vivere un’attenzione diversa al “mare”. Artificiale? Certo, ma con le immagini forti della Whitbread (di una volta), delle grandi regate, di molto altro. Genova no, perchè tutto si paga, tutto si deve. Polemica? Quando i cantieri crescevano a due cifre nessuno ha messo da parte qualcosa per la nautica nostrana, anzi. I cantieri, che possiedono Genova attraverso Ucina, hanno preferito il salone di Cannes vuotando la propria creatura di significati. Adesso bisogna far quadrato, creare un canale con l’estero, riportare i clienti in Italia. Difficile, ma possibile.
“La crisi ha colpito duramente il mercato della barca a vela – racconta Massimo Franchini, architetto ed ex titolare di un cantiere che è stato uno dei marchi italiani fmosi – il mercato è sceso del 95%, e non è uno scherzo. La fascia media è totalmente scomparsa, si salva il piccolo e il lusso”. La sintesi è crudele, ma veritiera della situazione molto grave. Il mercato delle imbarcazioni immatricolate fatica a superare le cinquanta unità anno, tra imbarcazioni costruite in Italia e importate. Negli anni migliori il solo marchio Beneteau vendeva oltre cento unità sul nostro mercato. I marchi storici sono in palese difficoltà, per non dire peggio. Si salvano le realtà più nuove, quelle che non avevano un assetto industriale imponente e quindi costoso. Il gruppo Bavaria prima dell’estate e dopo due anni di tentativi ha abbandonato ogni speranza di sollevare il Cantiere del Pardo che è entrato in concordato, le notizie pre-salone lo danno passato di mano al Gruppo Trevi di Davide Trevisani, che in passato aveva acquisito anche Sly Yachts, per un valore di circa 8 milioni di euro che dovrebbero corrispondere più o meno agli asset. Trevi è tra le società che hanno partecipato al recupero della nave Concordia. In corsa per questa acquisizione si erano presentati il vecchio proprietario Giuseppe Giuliani Ricci, che ora controlla Solaris con buon successo, e il cantiere turco Sirena Marine ma con proposte decisamente inferiori. Del Pardo con la sua gamma Grand Soleil resta molto solido, nonostante le difficoltà recenti, nell’immaginario del mercato che tende perfino a sopravalutare le barche usate, una posizione conquistata molti anni fa con modelli storici. Purtroppo l’esperienza all’interno del Gruppo Bavaria dimostra che solo con una radicale rivisitazione della produzione si può puntare a un grande ritorno. E’ ormai il tipo di barca proposto a essere in crisi. Il cantiere giuliano Solaris, punta in alto con la sua gamma e propone modelli che arrivano ai 21 metri, a Genova c’era mlta della sua gamma: un completo 72 (che nasce dalle linee di carena degli Zero di Peterson) un bel 60 piedi, e le più piccole. Wally, il marchio creato da Luca Bassani, ha chiuso l’unità produttiva di Ancona, Wally Europe, ma resta attivo da Montecarlo per design e vendita, al Salone di Montecarlo ha presentato il Wally 100 di Lindsay Owen Jones, secondo esemplare di un aggressivo cruiser racer.
Advanced Yachts, il marchio ideato da Marco Tursini è tra quelli che vivono meglio il momento “abbiamo venduto una barca nuova da 80 piedi – dice l’imprenditore milanese – e stiamo preparando un 42 piedi molto tecnologico disegnato da Roberto Biscontini. Possiamo cominciare a pensare di essere in una fase di risalita del mercato”.
Sempre interessanti le barche proposte da Southern Wind, il cantiere sud africano controllato da Pegaso Yacht di Genova, che ha varato in questa stagione il 102 piedi Hevea, con disegno generale di Nauta Design e carena disegnata dallo studio Farr. Novità anche in casa Nautor, il cantiere di Leonardo Ferragamo con produzione in Finlandia che ha presentato un nuovo modello di 60 piedi per grande crociera oltre a nuove iniziative nel campo del motore con il marchio Camper & Nicholsons. La parte del leone della vela europea continua a farla il gruppo Beneteau, che resta solido nella sua posizione di leader mondiale. Quest’anno presenta Oceanis 38, ideato con la formula degli interni componibili, anche dopo l’acquisto, la versione base è un piccolo loft con un bagno solo, la più completa ha tre cabine e un bagno. La barca ha avuto successo, molto visitata, anche se la versione completa appare un poco costosa. Jeanneau affronta la stagione con una nuova ammiraglia da 64 piedi che per rapporto qualità prezzo sarà una spina nel fianco per i marchi che tendono al lusso con una sopra valutazione di marchio e finiture, che ormai rappresenta il vero limite allo sviluppo.
Sotto, Oceanis 38 ultimo nato in casa Beneteau