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Patrizio Bertelli ha presentato a Palermo nella sede del Circolo della Vela Sicilia la sua quarta Luna Rossa, a fare tanto sono stati pochi nella storia del grande evento velico: cinque sfide con Shamrock per Thomas Lipton, il droghiere del re. Quattro per il barone Bich e l’australiano Alan Bond, che al suo quarto assalto riuscì finalmente nella storica edizione del 1983 a portare la Coppa in Australia. Quattro volte è tanto, è il sintomo di una passione forte e quasi inesauribile. Al punto che nel corso della conferenza stampa di presentazione della sua nuova avventura Bertelli ha fatto capire che la sua non è una sola sfida, ma che questo è un programma per arrivare fortissimi alla edizione successiva, che potrebbe essere nel 2015 o 2016. Il team della nuova Luna Rossa è un mix di “senatori” come lo skipper Max Sirena, che continua a navigare anche sugli AC 45, il responsabile della costruzione dello scafo Matteo Plazzi (già navigatore di Bmw Oracle) l’allenatore Stevie Erikson, il senior designer Roberto Biscontini. I timonieri sono i giovanissimi Paul Campbel Jones e Chris Draper che condurranno gli AC 45 fin dalle regate di Napoli. Bertelli è a suo agio nel presentare la quarta sfida, davanti a un pubblico che per lui è quasi una famiglia. Il punto forte della sfida è l’alleanza con Emirates Team New Zealand, con cui condivide il progetto della barca. Luna Rossa ha sostanzialmente pagato la metà delle ore lavoro che sono state impiegate finora dal grande team dei progettisti kiwi: una trentina di persone che lavorano da più di un anno al catamarano con vela alare rigida. Un buon compromesso che porta risorse a tutte e due le squadre. Le prime regate saranno a Napoli la prossima settimana. Come nel 2000 Luna Rossa avrà solo lo sponsor di Prada più qualche semplice partecipazione tecnica.
Come mai ha deciso di partecipare a questa edizione della Coppa?
“E’ una decisione che avevamo rinviato, pensavamo di non poter essere competitivi. Poi la possibilità di stringere una alleanza con Emirates Team New Zealand mi ha portato alla decisione di partecipare. Condividendo il design che loro avevano sviluppato abbiamo all’istante guadagnato tempo e competitività. Gli americani avevano pensato alla possibilità di collaborare al design tra team diversi per favorire la partecipazione delle squadre più deboli ma l’unione di due forti e storici, che di solito tengono ai loro segreti, credo li abbia presi di sorpresa”.
Quale è il suo obiettivo?
“Siamo partiti in ritardo e stiamo lavorando molto. Il team è nuovo con qualche senatore che viene dalla precedenti sfide. I cat sono molto diversi dai monoscafi, tuttavia il nostro obiettivo è di arrivare alla finale della Louis Vuitton Cup assieme a Emirates Team New Zealand… con tanti saluti a Paul Cayard e al suo Artemis”. Quanto è il vostro budget?
“E’ di circa 40 milioni di euro. In realtà nella storia non c’è mai stata una corrispondenza diretta tra i soldi spesi e la vittoria. Nel 95 a San Diego i neozelandesi con un budget ridotto hanno vinto. Costruiremo una sola barca, ci siamo detti che non era possibile partecipare a una Coppa successiva senza una esperienza diretta con i catamarani. Il nostro è un progetto per due edizioni”.
Quanto ha perso la Coppa America dopo le dispute legali tra Alinghi e Bmw Oracle?
“Queste cose sono insite nella storia della Coppa. E’ successo altre volte. Sono convinto però che si potesse gestire diversamente, in tempi e modi diversi, ricomponendo la lite a beneficio di tutti. La crisi finanziaria mondiale ha portato a una sommatoria di cause negative. Mi ha molto offeso che il Challenger of Record italiano si sia ritirato: in tutta la storia della Coppa non era mai successo. Io esporto l’85% della produzione, facciamo prodotti seri e non mi piace che l’immagine della nostra Italia sia sempre confusa con questa incertezza fatta di spaghetti e fantasia”.
Cosa pensa dei catamarani con cui si correrà la prossima Coppa?
“Come velista mi piacciono molto, sono curioso. Su quei grandi gli Ac72 però non salirò: sono troppo pericolosi, velocità troppo alte. Non solo puoi cadere in mare, se si ribaltano cadi dentro la vela e ti fai male. In ogni caso è un esperimento che andava fatto, poi scopriremo se sarà un successo o no. Al momento penso che non c’è emulazione, i velisti non possono rispecchiarsi, non c’è affinità con la vela di tutti i giorni. Vedremo”.
Oracle ha speso 400 milioni di dollari contro i 250 di Alinghi per vincere nel 2010 disputando due regate.
“Beh, anche questa è Coppa America. Noi nel 2007 li abbiamo battuti sonoramente e poi per vincere nel 2010 hanno assunto 28 persone che erano con me. Timoniere compreso. Noi sappiamo fare squadra, questa è la nostra forza. Se guardo indietro la nostra organizzazione e le persone sono state sempre più forti delle barche che abbiamo costruito: siamo sempre stati più forti nella parte velistica che in quella progettuale”.
Cosa pensa della possibilità che la Coppa venga disputata con i piccoli AC 45? “Se verrà presa una decisione del genere, che non credo sia possibile, non parteciperemo alla Coppa America e chiederemo i danni. Non si possono fare questi giochetti”.

La Coppa delle cento Ghinee è una brocca forgiata nel 1848 in due esemplari (si dice) nei laboratori londinesi di Garrard, i gioiellieri della regina Vittoria. Una delle due nel 1851 è stata il premio per una regata che ha visto la goletta America sfidare un certo numero di yacht inglesi nel Solent. La esile goletta, discendente diretta delle barche da pesca dei banchi di Terranova, battè senza pietà navigando attorno all’isola di Wight e sotto gli occhi della regina imperatrice le migliori barche inglesi, molte delle quali navigavano complete di caminetti, tappeti e arredi. Pare che il leggendario “maestà non vi è secondo” non sia mai stato pronunciato dal valletto: ma è servito molto a  illustrare la magia della regata e la distanza che separava l’America dal resto dei concorrenti. La goletta, che in seguito ha navigato anche come nave militare, costava più o meno l’equivalente di 500 mila euro attuali. Quella sfida, avvenuta nell’anno di una importante esposizione universale, è stata l’inizio di una delle più belle leggende dello sport. Mostrava già una sua valenza simbolica: gli uomini del nuovo mondo, in arrivo dalle colonie erano riusciti a battere con quattro soldi e le loro idee la più grande potenza industriale e marittima del mondo. Quella Coppa diventa America negli anni 70 dell’ottocento attraverso un atto di donazione, Deed of Gift, che ne sancisce alcune regole fondamentali che, nel bene e nel male, le hanno consentito di restare il più antico trofeo dello sport internazionale che si disputa senza interruzioni. Nel 1983, quando Alan Bond (uno dei grandi rider degli anni ottanta, che dopo un grande successo e aver comprato i girasoli di Van Gogh ha fatto bancarotta) con un manipolo di australiani istigati da John Bertrand ha strappato la Coppa agli “imperatori” del New York Yacht Club che se la tenevano stretta da 132 anni. E’ stato proprio quell’anno che l’Italia ha scoperto tutta la leggenda della Coppa. Lo Yacht Club Costa Smeralda aveva lanciato la prima sfida italiana con Azzurra, che riuscì a battersi bene con i migliori: skipper Cino Ricci, timoniere Mauro Pelaschier. Sostenitori sono l’avvocato Gianni Agnelli e s.a. Karim Aga Khan. La sfida italiana è un indicatore anche di salute economica: essere accettati nel tempo del capitalismo anglo sassone, ha un peso. E non è un caso che un anno prima l’Italia di Zoff abbia vinto uno storico campionato del mondo di calcio. La Coppa dopo quello storico primo viaggio verso l’Australia ha viaggiato ancora. L’hanno rivinta gli americani con una storica impresa di Dennis Conner, poi i neozelandesi con sir Peter Blake e una squadra di invincibili. Nel 2003 l’imprenditore svizzero Ernesto Bertarelli riesce nella storica impresa di riportarla in Europa con il suo Alinghi. La sua vittoria è in parte ancora neozelandese, il nucleo centrale dell’equipaggio è di bandiera neozelandese ma ci sono uomini forti da tutto il mondo. Due per tutti: il timoniere ingegnere Russell Coutts, nato a Wellington, e Jochen Schumann, un atleta di Berlino che ha cominciato a navigare con la maglia grigia della DDR e ha vinto quattro medaglie alle Olimpiadi. Sono anni in cui la vecchia Europa è forte e centrale: per la prima volta le tasse di iscrizione sono in Euro. Per chi si è incuriosito sulle vicende del trofeo: sembra che il secondo esemplare del più antico trofeo internazionale dello sport sia finito sul caminetto di Ted Turner, l’armatore timoniere che aveva vinto nel settantasette prima di inventare la CNN. O sul suo caminetto è finita la Coppa originale e quella che circola è una copia? Certo è che il trofeo è stato riparato nel 98 dopo che un maori lo aveva preso a martellate nella sede del Royal New Zealand Yacht Squadron. Siamo abituati a pensare che vince chi ci mette più soldi e che la Coppa è una faccenda soprattutto mondana. E’ certamente vero che nel tempo sono stati i personaggi più ricchi e potenti del mondo ad essere incuriositi, e qualcuno si è rovinato la reputazione finendo per essere un eterno sconfitto come Thomas Lipton, Thomas Sopwith, Marcel Bich l’uomo diventato barone comprando un castello in rovina della Val D’Aosta. Ma è anche vero che è sempre stato uno scontro tra uomini e idee, prima che l’esibizione di potenza economica. La Coppa è una sfida dove i denari servono ad alimentare le idee. Il più ricco dell’inverno 2003, Larry Ellison di Team Oracle, se non avesse avuto la cattiva idea di mettere a riposo Paul Cayard per una questione di gelosia e protagonismo forse avrebbe fatto un po’ più del solletico ad Alinghi che invece le idee le aveva tutte buone. E non ha fatto meglio nel 2007 con Chris Dickson quando in semifinale è finito in ginocchio davanti a Luna Rossa. Solo nel 2010 dopo una lunga battaglia legale (la seconda della storia dopo quella dell’88) il suo trimarano BMW Oracle ha battuto Alinghi e riportato la Coppa in America. Nel 95 la vittoria dei neozelandesi a San Diego è diventato un caso universitario di “team building”: non avevano moltissimi soldi, ma un planning formidabile ed erano esperti del gioco. E’ un po’ un peccato che l’aspetto mondano prevarichi quello sportivo e tecnico: c’è molto da scoprire nelle storie e nel lavoro di queste squadre di squadre. Ci sono uomini, protagonisti. Gli italiani dopo la sfida di Azzurra ci hanno provato altre volte. Nell’87 a Perth in Australia c’erano una nuova Azzurra e Italia, condotta dai fratelli Chieffi. Nel 92 la grande sfida del Moro di Venezia, Raul Gardini mette insieme un team molto forte, con skipper e timoniere Paul Cayard, le regate diventano televisive e per la prima volta una barca italiana conquista la Louis Vuitton Cup e vince una regata contro il Defender America Cubed di Bill Koch in una delle edizioni più dispendiose. Challenger e Defender costruiscono cinque scafi, si spiano. Koch e Gardini si odiavano cordialmente e da giocatori di poker hanno affermato di spendere molto più di quello che in realtà è stato messo in campo. Koch scrisse anche un intero libro per screditare il nemico riportando cifre astronomiche a cui molti hanno creduto. Una delle armi vincenti di Koch è stata una pinna di deriva costruita poco prima delle regate, perché era convinto di perdere. Nel 2000 è arrivata Luna Rossa di Patrizio Bertelli, grande appassionato di Coppa e vela. Anche la sua Luna vince la Louis Vuitton Cup ma poi deve cedere contro i neozelandesi fortissimi. Luna Rossa partecipa nel 2003 e nel 2007 prima di lanciare una nuova sfida per il 2013. Nel 2003 lancia la sua prima sfida anche Mascalzone Latino, voluto dall’armatore napoletano Vincenzo Onorato con il guidone del Reale Yacht Club Canottieri Savoia. Dopo una edizione in cui porta a casa esperienze importanti Mascalzone si presenta anche nel 2007, con due barche rapide che si fanno notare. Nel 2007 si presenta anche +39, sindacato con equipaggio di olimpionici che si scontra subito con una sostanziale mancanza di fondi. Nel 2010 Mascalzone Latino diventa Challenger of Record, ovvero primo tra gli sfidanti, dopo la vittoria di Bmw Oracle. Dopo alcuni mesi tuttavia Onorato rinuncia al ruolo prestigioso che viene preso da Artemis.

Arrivano i primi nomi del prossimo team di Luna Rossa. Una squadra di osservatori sarà infatti presente a San Diego durante le regate dedicate agli AC 45 nell’ambito dell’ America’s Cup World Series. La mossa è preliminare alla partecipazione alla stagione 2012 che vedrà il debutto del team e ovviamente prendere contatto con gli avversari e “alleati” di Emirates Team New Zealand. Lo skipper è Max Sirena, il suo ruolo, che era abbastanza chiaro, viene comunicato ufficialmente per la prima volta. Sirena ha partecipato alle tre campagne di Luna Rossa ed era responsabile dell’ala rigida di Bmw Oracle che ha vinto la Coppa America nel 2010. Il sailing team è in gran parte quello che partecipa alle regate degli Extreme 40 e che al momento è in testa alla classifica. Il timoniere per l’AC 45 è il giovane e molto bravo inglese Paul Campbel Jones, che ha un breve ma intenso passato sui catamarani. Altri nomi del sailing team hanno un curriculum più pesante, come Matteo Plazzi, altro veterano di Luna Rossa, anche lui vincitore della Coppa America nel 2010: su Bmw Oracle era navigatore. Steve Erickson è già stato in Luna Rossa, il suo inizio è a bordo del Moro di Venezia e come prodiere della Star di Paul Cayard. Curriculm lungo anche per Ben Durham e Manuel Modena. Altri giovani sono David Carr, , Nick Hutton, , Alister Richardson. Nel design team segnalato Roberto Biscontini, uno dei più preparati fluidodinamici italiani, che ha fatto parte di numerose campagne di Coppa America l’esperto di catamarani Thomas Gaveriaux e Giorgio Provinciali, ingegnere aeronautico esperto di catamarani e veterano di Luna Rossa. Responsabile delle operazioni è il fedelissimo di Patrizio Bertelli Antonio Marrai, alla quarta Luna Rossa.

La sfida di Luna Rossa per la America’s Cup edizione 34, lanciata attraverso il Circolo della Vela Sicilia di Palermo, è stata accettata dal Golden Gate Yacht Club, ovvero da Larry Ellison e Oracle. Per Patrizio Bertelli e le sue Luna Rossa è la quarta volta: come il barone Bich con i suoi France, altro indomito e appassionato personaggio. E, va detto, decisamente meno bravo anche se importante per l’evento, sua l’invenzione delle regate di selezione sfidanti poi divenute Louis Vuitton Cup. Ma la notizia forte, sulle intenzioni di Bertelli ormai non c’erano più dubbi, è che Luna Rossa e Emirates Team New Zealand, più volte protagonisti di sanguinosi duelli, faranno molta strada insieme perché sfrutteranno in pieno la possibilità offerta dal Protocollo di condividere il design. Per Luna Rossa significa all’istante entrare in possesso delle esperienze fatte dal team neozelandese in molti mesi dedicati alla progettazione, i nostri insomma non partono da zero. Un “regalo” che presuppone una forte contropartita. Una parte sta nella possibilità, preziosa anche per i kiwi che intuiscono di non poter battere da soli gli americani, di progredire più rapidamente insieme soprattutto nelle prove e allenamenti in mare. Luna Rossa infatti aprirà presto una base a Auckland per gli allenamenti comuni, l’accordo è di collaborare fino a dicembre 2012. Dice Patrizio Bertelli: “Sono certo che la collaborazione di Luna Rossa con Emirates Team New Zealand darà ottimi risultati, consentendo a entrambi i team uno sviluppo più rapido ed efficace sia sul piano tecnico che sul piano sportivo. La scelta del Circolo della Vela Sicilia come yacht club sfidante è anch’essa significativa: ritengo infatti importante, in un momento come questo, sottolineare l’unità del nostro paese anche sul piano culturale e sportivo”. Le norme previste per la nazionalità di costruzione sono abbastanza labili e relative al minimo consentito a restare nelle richieste del famoso Deed of Gift, dunque in Italia saranno costruiti gli scafi del catamarano Ac 72 e tutto il resto(strutture e completamenti) sarà fatto in Nuova Zelanda sfruttando il cantiere già operativo. Le prime due barche dei team sarannno identiche in tutto, i kiwi prevedono un secondo scafo. Per Luna Rossa non ci sono intenzioni chiare, ma è chiaro che la possibilità di un secondo scafo resta aperta, soprattutto se ai 40 milioni chiesti a Prada se ne potranno aggiungere altri di altri sponsori. E’ giusto pensare che a Luna Rossa sia stato richiesto anche un corrispettivo economico (per esempio il valore della seconda barca che ETNZ forse non avrebbe potuto costruire con il suo budget). E’ difficile dare un valore al design, soprattutto in questo caso, perché comunque mancherebbe il tempo per poter lavorare in maniera produttiva, anche con uno stuolo di ingegneri e scienziati. I neozelandesi lavorano al progetto da quando sono note le regole, più di un anno, e sono sostanzialmente pronti a iniziare la costruzione.  Varare prima degli altri è sempre stato un punto fermo della loro filosofia, certi che sviluppare e mettere a punto la barca è meglio che usare il tempo per il design. Nella potenziale merce di scambio resta da tener presente la buona industria aeronautica italiana, da cui possono venire dati utili per l’ala rigida, che al momento è ancora molto acerba. L’ala di Stars & Stripes 88 era quasi più complessa di quella di BMW Oracle, che ha puntato più che altro sulle giuste proporzioni. 
Luna Rossa e Emirates sono stati leali avversari sia nel 2000, quando The Silver Bullet (soprannome della barca targata Prada) vinse le regate di selezione e si presentò come sfidante, sia nel 2007, quando erano di fronte per la finale sfidanti a Valencia. Team New Zealand è sostenuto da un appassionato imprenditore italiano, Matteo De Nora che ha propiziato questo accordo con Bertelli. De Nora ha interessi in Nuova Zelanda, dove risiede alcuni mesi l’anno.   Grant Dalton, skipper dalla tempra molto dura, offre una chiave interessante per leggere questo accordo: “La collaborazione con Luna Rossa rappresenta per noi un ulteriore passo verso l’obiettivo, a lungo termine, di dare al nostro team anche un ruolo di fornitore di tecnologie e servizi di altissimo livello,con lo scopo di sottolineare l’eccellenza e la competenza neozelandese nel campo della nautica”. Per Luna Rossa, che inizierà subito a regatare con il catamarano piccolo AC 45 nelle World Series il comandante, la notizia non è ancora ufficiale, è Max Sirena, un veterano che ha partecipato anche alla sfida vincente di Bmw Oracle del 2010 come responsabile dell’ala.

La fuga di notizie (distrazione?), dicono non voluta, che ha reso disponibile il PDF delle decisioni del consiglio di amministrazione ha accelerato di colpo la tabella di marcia di Luna Rossa, che si stava muovendo nel limbo del vedo non  vedo. Tanti tra gli addetti sapevano ma tutti aspettavano con pazienza che la notizia, da qualche parte uscisse dal “si dice” per entrare in un altro ambito, quello del “si fa”. Partizio Bertelli, si sa, non riesce a stare lontano dalla Coppa America che affronta per la quarta volta. Ricostruendo i fatti la decisione è stata presa dopo l’estate e dopo le regate delle World Series AC45 di Plymouth, dove Patrizio ha fatto una istruttiva passeggiata per parlare con il direttivo di ACEA, oltre a Russel Coutts Richard Worth e Craig Thompson. Li ha cominciato a convincersi… ma poi c’è voluta ancora qualche settimana di indagini e di progetti di fattibilità. Non lo ha mai detto esplicitamente, ma si capisce che Bertelli si è convinto che questa Coppa America sarà comunque Coppa America.

L’ipotesi che affascina è quella che vorrebbe una collaborazione progettuale con Emirates Team New Zealand, e il si di Grant Dalton e Matteo De Nora (l’uomo che da anni sostiene i kiwi, armatore di due splendide barche dal nome Imagine) è una ipotesi possibile anzi probabile. I kiwi hanno iniziato a progettare il catamarano quando ancora non si era certi della sua “esistenza” così come avevano fatto con il monoscafo di 90 piedi che sembrava dovesse diventare la nuova barca durante l’era Bertarelli (Alinghi). La Coppa America resta, cat o monoscafi, un gioco che si gioca al 95% prima delle regate vere e proprie, con design, costruzione, organizzazione, allenamento. Quando ti presenti sulla linea di partenza puoi solo validare il tuo lavoro, portare a casa il risultato. Lo sa bene del resto Bertelli che nel 2003 ha voluto salvare una barca nata male con una prua nuova, senza peraltro cambiare le sorti della sua partecipazione. Questa Coppa cambia un poco il gioco: gli AC45 delle World Series rispondono alle regole dei monotipi: si vince con la perfezione della conduzione,  finora gli specialisti delle match race sembrano avere la meglio su quelli dei multiscafi e la generazione matura non è a disagio. A kiwi cosa può interessare? Beh dalle loro parti hanno belle università ma non industrie aeronautiche attive come le nostre, inoltre aggiungere ai loro una nuova pattuglia di progettisti porta di per se una amplificazione notevole della mole di lavoro che si può sviluppare per essere competitivi nei confronti degli americani.  Uno dei panorami ipotizzati dagli osservatori stranieri (tradotto – i blogger)  è che si costruiscano due barche 1 simili per poi differenziare i progetti e avere la possibilità di raccogliere più dati. Affascinante, però succede che non ci sono i tempi per navigare e costruire un secondo scafo che raccolga le modifiche necessarie. Però in questo modo la prima barca di Luna Rossa potrebbe anche essere costruita parzialmente in Nuova Zelanda: non può partecipare alla Coppa, ma può essere disponibile al più presto. Del resto la regola sulla nazionalità dello scafo è piuttosto blanda, riguarda il minimo richiesto per restare nell’ambito del Deed of Gift (a proposito, per questo ogni ipotesi di correre con gli AC 45 o con degli AC 72 monitipo come figurata da qualcuno non è realistica, prima della Coppa non si riesce a modificare il Deed of Gift) e non dovrebbe essere difficile costruire in Italia solo lo stretto necessario. Gli svedesi d’altra parte stanno costruiendo in Italia molte cose. Iniziando nei primi mesi del 2012 la costruzione dell’AC72 si può navigare dopo l’estate. Ogni scafo AC 72 costa tra i 5 e gli 8 milioni, ogni ala tra 2 e 3. Visto il budget ci potrebbe anche stare un secondo scafo.
La storia della Coppa del resto ci regala un esempio storico di collaborazione, anche se un poco diversa. Durante la Coppa dell’83 esisteva una barca gemella di Australia II, ma senza le famose alette e senza lo sviluppo che questa aveva avuto con un equipaggio davvero professionista. La raccolta dati di Challenge 12 comunque era servita molto a Ben Lexcen.
Altra questione: chi sarà lo skipper? Beh il team leader dovrebbe essere Max Sirena veterano di Luna Rossa e attuale skipper del cat Extreme 40. Con Max viaggia una pattuglia di uomini che erano dentro Bmw Oracle, alcuni progettisti italiani e stranieri (non mancano i kiwi amici di ETNZ). Un timoniere sarà di certo il giovane e valido Paul Campbel Jones. Resta da capire l’uomo forte dell’equipaggio. I blogger hanno indicato Ben Ainslie, uno dei più forti in circolazione, vincitore di Olimpiadi e molto altro.londra.. però. Intanto è di sicuro impegnato nelle Olimpiadi del prossimo anno a Falmouth (sede del campo di regata per  Londra) cui difficilmente rinuncerà anche coperto d’oro e questo potrebbe essere un problema più delle dichiarazioni di odio verso la Coppa rilasciate recentemente. Ben faceva parte della squadra messa in piedi da sir Keith Mills (per inciso l’uomo che è stato determinante per portare le Olimpiadi a Londra) assieme a Iain Percy (ora tattico per James Spithill).  Ainslie per carattere vuole timonare, non gestire. Probabile che ci sia, ma non come pilone centrale dell’equipaggio, come componente eccellente si.
Finora non abbiamo scritto del più probabile: Francesco Checco Bruni da Palermo. Cordiale amico di Agostino Randazzo presidente del palermitano Circolo della Vela Sicilia che ha lanciato la sfida. Checco è stato per anni sottovalutato dentro Luna Rossa, ma appena gli hanno messo in mano un altro timone, quello di Azzurra, ha vinto.  Ha l’età e la passione giusta. Secondo noi è l’uomo scelto che ancora non esce allo scoperto perchè ha impegni da concludere con la maglia di Azzurra: il circuito di match race che termina in Malesia a fine novembre. Dicono che il fratello Gabriele Ganga sia già dentro il team. Probabile.

La prova di una voce che girava da tempo nel mondo della nautica è arrivata nella notte di giovedì dal sito di Farevela. L’amico Tognozzi ha scovato una bella delibera del consiglio di amministrazione di Prada Spa che ha indicato a Prada Sa, sua controllata, di sponsorizzare la nuova avventura di Luna Rossa per la 34 esima edizione della Coppa America con un budget di 40 milioni di euro. Il soldi sono quelli che servono per fare una bella campagna. Dopo molte smentite insomma Patrizio Bertelli ha finalmente visto la possibilità di essere competitivo nella prossima edizione ed effettivamente, a dispetto di quanto dicono in molti, arrivare in alto non è difficile. In termini strettamente economici si può arrivare alla fase semifinale della Louis Vuitton Cup con un budget della metà di quanto è servito nel 2007 a Valencia. La chiave della faccenda sta nella possibilità di condividere il design con altri sindacati e nella possibilità di acquistare un pacchetto “standard” messo a disposizione di tutti per volontà del defender per un prezzo quasi simbolico, in confronto di quando sarebbe costata la ricerca non tanto in denaro quanto in tempo. Questa che in realtà è una rivoluzione non è stata ben compresa da tutti quando è stato divulgato il Protocollo e in molti si sono concentrati sui vantaggi che gli americani tenevano per loro piuttosto che su questa opzione che somiglia un po’, per intendersi, a quando in F1 si usavano i motori Cosworth. Ma in fondo questa è una cocnreta possibilità di rendere più competitivi i sindacati più deboli. Infatti praticamente tutti gli sfidanti a parte svedesi e kiwi, partono dal pacchetto base. Ma Luna Rossa, il sindacato dovrebbe essere gestito da Max Sirena con una quota di vecchi leoni presi tra i diciotto italiani che hanno vinto la Coppa nel 2010 con BmwOracle, potrebbe fare di più e cioè lavorare assieme a uno dei due sfidanti che hanno davvero fatto ricerca. Difficile che Artemis di Paul Cayard voglia condividere con altri le sue scoperte, mentre questa opportunità potrebbe esistere con Emirates Team New Zealand che dispone di progettisti molto bravi. Certo, a New Zealand bisogna dare buoni motivi per condividere… e questi possono essere economici (pecunia non olet neanche in Nuova Zelanda) oppure più concretamente sportivi: in due l’assalto agli americani può essere più efficace. In realtà Luna Rossa può diventare subito un sindacato forte, per i kiwi sarebbe meglio avere a disposizione un sindacato “medio” che non li batte sull’acqua ma che è utile alla valutazione delle prestazioni. Quindi l’opzione più concreta è che gli uomini di Bertelli partano dal progetto base con un loro team di progettisti per evolverlo. Il piano di battaglia è simile a quello che è circolato per altri team che in queste settimane stanno lavorando per tentare la sfida. Per Luna Rossa sono state anche determinanti le scelte delle regate a Venezia e Napoli che ci saranno sia nel 2012 sia nel 2013. Napoli sembra più avanti di Venezia nei preparativi, ha già una società di scopo. Adesso concluso il campionato Extreme 40 Luna Rossa sarà in campo con gli AC45 nelle America’s Cup World Series dal prossimo anno con le prime regate nell’emisfero australe. Il timoniere potrebbe essere Ben Ainslie affiancato dal giovane Campbel Jones, che al momento guida con successo l’Extreme 40. L’arrivo di Luna Rossa potrebbe stimolare e addirittura aiutare qualche altro sindacato che è in corsa per lanciare la sfida. InItalia si comincerà presto a parlare di Coppa America e sarà un bel risveglio, dopo tante critiche non sempre utili che sono state fatte al cambio di barche e di regole.

A Plymouth il secondo evento delle World Series della America’s Cup. Segue Cascais, avvenuto in pieno agosto. La novità per il popolo della Coppa America sono stati come sappiamo i catamarani con la vela rigida alare, una riduzione del mostruoso (per dimensioni) BMW Oracle che ha vinto nel febbraio 2010 cui è seguita la decisione di Russell Coutts di proseguire per quella strada. I velisti “tradizionali” hanno fatto una bella polemica sul fatto che si cambiava radicalmente il modo di fare le regate, per loro era anche un problema di mera disoccupazione: la paura del cambio generazionale, l’incertezza di un programma che è ancora da definire nei dettagli, cambiato più volte. Ma il vero problema della crisi della Coppa non è stata la scelta delle barche, quanto proprio questa difficoltà a definire un calendario credibile di eventi. Se si rileggono le intenzioni di un anno fa sembrava che senza un budget di 80 milioni non fosse possibile entrare in gioco. Adesso bastano 25 ben spesi per arrivare in semifinale e si partecipa al gioco degli AC 45 con 5/6.  
Curiosità delle differenze? Tanto per dare una misura, la vecchia Luna Rossa portata da diciassette uomini faceva al massimo, in condizioni normali, dodici nodi. Questi catamarani di tredici metri vanno abitualmente al doppio e possono raggiungere i trenta con facilità. Difficile seguirli con il gommone, gli arbitri in acqua usano delle moto d’acqua per essere più rapidi e le decisioni vengono prese con l’aiuto delle immagini in televisione e comunicate via radio, poi capita che le luci rossi di bordo siano guaste e gli equipaggi non si accorgano delle penalità nella confusione. Il pubblico non si accorege delle proteste perchè non c’è più la plateale alzata di bandiera su cui indugiava la camera on board.
La novità dunque sono le barche, ma quello che tutti si aspettavano era anche il cambio generazionale. In tanti hanno pensato che fossero i giovanissimi i nuovi eroi del timone: riflessi freschi, agilità, voglia di vincere. Mica vero: i vecchi leoni del match race sono andati a scuola di catamarani e hanno imparato presto. Della serie il talento non è acqua, chi è bravo resta bravo. Così i più efficaci restano i soliti noti: Dean Barker timoniere di Emirates Team New Zealand, James Spithill con Oracle, Terry Hutchinson di Artemis. Anche il datato Russell Coutts è riuscito a entrare in semifinale, mostrando agilità e nervi saldi con il suo equipaggio di cinquantenni. In realtà smetteranno per far posto a un equipaggio giovane. Quello che doveva far paura a tutti era l’espertone francese di multiscafi Loik Peyron: succede però che alla fine in qualche occasione sa sfruttare meglio la barca, ma la classifica non lo vede facilmente nelle parti alte. Insomma, quel che si capisce è che sono cambiate le barche ma che il modo di vincere resta lo stesso: organizzazione, allenamento, istinto, talento. Qualcosa di simile è successo anche con regate di altura come il giro del mondo a vela: quando sono arrivati i velisti più raffinati e tecnici usciti da Coppa America e Olimpiadi hanno chiuso la partita contro gli oceanici che pensavano di essere più marinai. Ci hanno messo meno i tecnici a diventare marinai che il contrario.
A Plymouth il pubblico ha assistito alle regate dal prato che è stato dei grandi ammiragli della Royal Navy dei secoli scorsi, dove passeggiavano in attesa di nuove campagne di guerra: il viceammiraglio Francis Drake, il pirata della regina Elisabetta e lord Howard hanno atteso qui la marea giusta per scatenare la flotta reale contro la Grande Armada, poi demolita dalle navi incendiarie, dalla tempesta e della ferocia degli irlandesi che hanno distrutto e ucciso tutto ciò che naufragava sulle loro coste.  
Il pubblico è una bella novità del nuovo formato tanto criticato: non in mezzo al mare dove neanche i binocoli bastano e per conquistare un posto in barca spettatori ci vogliono decine di euro. La televisione si capisce che fa del suo meglio e che può migliorare molto nella spettacolarità, quando i registi avranno imparato a usare le camere di bordo con più efficacia e tempismo. Le regate di match race sono state vinte da Emirates Team New Zealand, quella di flotta da Oracle – Spithill. Dopo Plymouth la flotta si sposta a San Diego per l’ultimo evento del 2011. Si ricomincia in gennaio nell’emisfero australe, con un evento a Brisbane. Si sa che al 99% scenderà in campo Luna Rossa, al momento dice solo per partecipare al circuito degli AC 45  e non alla Louis Vuitton e alla Coppa America che saranno nella primavera estate del 2013 con gli AC72, potrebbe esistere un progetto dell’ultima ora. C’è fermento per l’arrivo di altri sindacati italiani, dopo la conferma di ben quattro eventi in Italia due a Venezia e due a Napoli, che diventano un palcoscenico importante per gli sponsor italiani anche con interessi internazionali.