Oggi 22 agosto 2013 fanno centossessantadue anni di Coppa America, o meglio per non irritare gli storici più precisi, anni passati dal mitico 1851, anno dell’Esposizione Universale di Londra, della sfida del New York Yacht Club agli yacht inglesi e della regata che ha visto in palio la Coppa delle Cento Ghinee: trofeo in argento forgiato da Garrard (gioielliere della regina) in due forse tre esemplari nel 1848 e mai venduto fino a quell’anno. Uno, dopo la conquista della prima regata attorno all isola di Wight per mano americana è diventata la Coppa America e piano piano si è arricchita delle iscrizioni dei partecipanti e dei vincitori: due i nomi italiani, quello del Moro di Venezia challenger del 92 e quello di Luna Rossa, challenger del 2000. Per farci stare tutti i nomi sono stati aggiunti due cilindri che la rendono ancor più pesante sia da vedere che da sollevare e le tolgono un po’ dell’aspetto antico iniziale. Delle copie si sa poco, naturalmente è tutto intriso della stessa leggenda che pervade tutto l’evento di cui ognuno ha la sua verità. Una è visibile a Gstad (avete letto bene, località di montagna) dove un esclusivo Yacht Club per banchieri sciatori sfida le temperature peggiori e manda in giro il suo guidone, non è chiaro se sia una copia originale (come affermato) o più realisticamente una copia realizzata con gli stessi stampi, conservati ancora da Garrard. Lo Yacht Club di Gstad aveva anche pensato a fare davvero la Coppa America, ma alla fine l’evento rompe la serena tranquillità delle primavere tra le stelle alpine. Molto più gustosa la leggenda sull’altro esemplare, che sarebbe sul caminetto di Ted Turner nel Texas: captain Outrageous avrebbe, secondo i più fantasiosi, addirittura sostituito la Coppa quando l’ha vinta con quella originale. In realtà la “originalità” della Coppa viene controllata attraverso marche e segni che solo alcuni depositari conoscono e che di tanto in tanto controllano. La Coppa viaggia in aereo, ma sempre su un sedile da passeggero e sempre controllata da una guardia del corpo.
Rimpianto: si chiama così lo stato d’animo di Max Sirena e del suo equipaggio al rientro in banchina dopo aver perso altre due regate contro Emirates Team New Zealand nel quarto giorno della Louis Vuitton Cup, che valgono il 4 – 1 per i kiwi. Ai ragazzi di nero vestiti che arrivano dall’ altro emisfero servono altre 3 vittorie per accedere al vero titolo di Challenger, vittorie che possono arrivare abbastanza facilmente nei prossimi giorni soprattutto con vento medio leggero come quello di ieri. Luna Rossa infatti spera sempre di più con vento forte.
La cronaca è molto breve per la prima regata: Chris Draper è partito maluccio perché dopo aver costruito bene la posizione ritarda, nella speranza di rallentare l’avversario orzando, il momento in cui lanciarsi in velocità verso la prima boa. Ai kiwi bastano pochi secondi di anticipo nella poggiata per cominciare a mangiare vento alzarsi sui foil e diventare imprendibili. La solita storia, il solito film già visto. Anche se, a dirla tutta, sembra che ci sia una differenza di velocità ma anche che essere davanti sia troppo importante. Il ritardo sul traguardo 2 minuti e 17 secondi. Altri dati significativi? La velocità media di Emirates è di 26,94 nodi per un vento di 14 alla partenza, quella di Luna Rossa 25,29; velocità di punta per i vincitori 44,04 nodi, per Luna Rossa solo 39,99. Sembrano differenze elevate, eppure si costruiscono con piccoli particolari. I neozelandesi dal momento del varo della loro prima barca a queste regate hanno guadagnato 15 nodi in velocità massima a pari vento. Dai 30/33 che sviluppavano i primi giorni di foiling sono arrivati a sfiorare i 50. Con per un monoscafo tradizionale è un guadagno impensabile eppure sono differenze costruite non solo con le modifiche a scafi, ali e derive ma anche con i piccoli particolari del “boat handling” (conoscere a fondo la propria barca) in cui sembrano migliori anche degli americani. Dice una fonte da lasciare anonima “ci siamo resi conto che più sali in velocità più contano le piccole cose, particolari di regolazione, limature. Alla fine Luna Rossa non è molto diversa da noi, è anzi praticamente la stessa barca, ma meno evoluta”. Insomma anche che Luna Rossa, che condivide il progetto del primo scafo, potrebbe essere più vicina all’avversario. Dove sta la differenza? Sicuramente ha un po’ di ragione MAx Sirena quando fa capire che i kiwi si sono tenuti qualche segreto e le chiavi per evolvere il progetto. Però lui stesso ammette che lavorando di più si poteva essere più vicini.
Ma torniamo alle regate molto più da raccontare per la seconda prova, con Draper più reattivo la Luna riesce a restare molto più vicina all’avversario nel lato di poppa dove il tattico Francesco Bruni intuisce bene come approcciare il cancello (si passa tra due boe) in maniera da annullare il piccolo vantaggio kiwi e addirittura mettere la prua davanti. Ma qui si comincia a vedere tutta la differenza di potenziale tra le due barche e i due equipaggi. New Zealand parte alla rincorsa, salta come un cavallo che schiuma stretto di morso e spinto di speroni, fuori dall’acqua, accelera in foiling supera e controlla la Luna. Sono bei momenti… di speranza, ma si comprende il grande lavoro dei kiwi e come siano sempre in grado di uscire dalle situazioni critiche. Emirates vince ancora con un minuto e 27 secondi di vantaggio. Il vento è poco sopra i 19 nodi, ETNZ impiega un minuto meno che nella regata precedente, chiudendo in 24 minuti 25 secondi alla media di 28,44 nodi contro i 27,29 di Luna Rossa. Punte massime per i kiwi di 43,77 e 39,23 per Luna Rossa. Finora il foiling era stato una abitudine di poppa ma raramente si era visto di bolina. Questa manovra potrebbe dimostrare che Emirates Team New Zealand può perfettamente farlo anche di bolina ma che non lo vuole mostrare a Oracle che in alcuni casi è sembrato in grado di farlo, soprattutto in alcuni allenamenti contro Artemis. Il vero problema del foiling di bolina è controllare l’altezza a cui tenere lo scafo: se si alza troppo si comincia a scarrocciare molto e una regolazione continua non è facile, anzi poco possibile.
I rimpianti di Luna Rossa? Li spiega lo skipper italiano Max Sirena: “a ogni regata ci rendiamo conto che se avessimo avuto più tempo per navigare e mettere a punto la barca saremmo più vicini ai kiwi. Siamo contenti anche così per quello che abbiamo fatto”. Forse Max vorrebbe dire, ma non può, dovevamo crederci prima, crederci di più. Tutto succede sullo sfondo di una edizione della Coppa America che tutti vogliono a tutti i costi criticare. Eppure la velocità, l’azione, ha qualcosa di leggendario che non rivedremo tanto presto e che resteranno nella storia di un evento scritta con la grammatica degli eccessi, quasi mai delle cose ragionevoli. Ma la Coppa insegna: se vinceranno i kiwi con i loro capelli grigi sarà la vittoria dell’esperienza, quella di un equipaggio stabile cresciuto per gradi dove alla gioventù si da un significato relativo.
Oracle ha ritirato su indicazione della Giuria la ridicola protesta per “trepassing” ma ne sta inventando di nuove mentre non ci sono novità sul caso più spinoso di Oracle. Riparato il timone rotto si è allenata con regate tra i due equipaggi sullo stesso percorso: sembrano veloci anche se non così rapidi nelle manovre, più sintonizzati su vento medio. Mentre il confronto di Emirates con Luna Rossa sembra proprio a senso unico la Coppa America potrebbe non esserlo, questo comincia a preoccupare qualcuno.
Nel giorno di riposo nelle basi chiuse si lavora alacremente: Luna Rossa ha sistemato la rottura alla pulegge della base albero mentre Emirates ha completato la sistemazione delle coperture aerodinamiche della piattaforma che si erano demolite nell’ingavonata. Ma a tener banco, o meglio far sorridere, è la contro protesta di Oracle nei confronti di Emirates TNZ e Luna Rossa che avrebbero “trepassed” (superato i confini) per sbirciare sugli AC 45 alla ricerca di prove delle loro malefatte. Questo succede poche ore dopo che la Giuria Internazionale, profondamente infastidita dalle continue pressioni a dimenticare il caso, ha emesso un comunicato piuttosto minaccioso che chiarisce che sta continuando a lavorare per arrivare a risolvere il caso segnalato dagli stazzatori. Ricordiamo che durante i controlli per la Red Bull Young America’s Cup gli stazzatori hanno rilevato in due delle tre barche messe a disposizione da Oracle delle irregolarità. In un primo momento sembrava che si trattasse di tutte e tre le barche Oracle (ovvero quella targata Coutts o Slingsby, quella di Spithill e quella di sir Ben Ainslie JP Morgan) poi pare per un errore di comunicazione tra stazzatori e Giuria una delle tre è stata considerata “pulita”, quella di Coutts. Dopo il primo comunicato della Giuria l’inglese Ben Ainslie, che ricordiamo è il velista più medagliato di tutti i tempi e ha una certa reputazione da difendere, ha subito scritto una nota in cui dichiarava di non essere a conoscenza delle modifiche e che stava usando la barca così come messa a disposizione da Oracle e che preferiva ritirarsi (postumo) da tutti gli eventi delle World Series. Poco dopo anche Russell Coutts dichiarava di ritirare tutte le barche dalle WS (entro pochi giorni devono anche restituire i premi) addossando la colpa a dei boat builder che di loro iniziativa avrebbero migliorato le barche. Difficile credere che lo shore team, per quando molto bravo, faccia tutto da solo e senza almeno il parere di un progettista. Inoltre sembra molto ingenuo che nessuno abbia rimesso le cose a posto prima della Red Bull Youth… davvero pensavano che i controlli fossero un tanto al metro? Coutts e Ainslie hanno talento da vendere e nella loro carriera di solito hanno vinto per bravura. Le loro carriere al momento sono tanto diverse: ancora velista l’inglese, manager con le idee non proprio chiare sul marketing sportivo il neozelandese. Resta che quello Oracle e i suoi AC 45 è un pasticciaccio brutto, perché quel che trapela è che il “tweaking” delle barche va ben oltre i due chili e mezzo di peso aggiunto alla base del bompresso, che servirebbe a tener giù le prue con bonaccia e choppy sea. Ci sarebbero anche water ballast, derive che si muovono per salire meglio di bolina: radio banchina non è affatto generosa, e questo sarebbe il vero motivo per chi la Giuria continua a indagare con forza e per cui starebbe per esplodere un caso Lance Armstrong anche a San Francisco, e pensare che gli americani sono così attaccati alla lealtà sportiva… Max Sirena ha usato la situazione per innervosire Oracle accusandoli apertamente di aver barato: “io non avrei mai ritirato le barche, da innocente, e io so cosa succede nella base e sulle barche fin nei minimi particolari, impossibile che Coutts non sappia”. Nel suo comunicato la Giuria ha affermato che sta procedendo in due direzioni: una indagine verso le persone secondo la regola 69 del regolamento internazionale (comportamento antisportivo) contro le persone e secondo la regola 60 del Protocollo, che prevede una sorta di vilipendio alla Coppa e questo contro il Team intero. Ora si aprono diverse prospettive: Ainslie in qualche modo si è discolpato, anche Coutts dichiarandosi troppo impegnato per sapere nei dettagli. Chi non lo ha fatto è James Spithill che con il suo equipaggio sembra al momento quello che rischia di più sul piano personale e della famigerata 69: lui e i suoi fedelissimi che hanno navigato su uno degli AC 45 modificati potrebbero essere sospesi per un tempo che gli potrebbe impedire di disputare la Coppa America, o potrebbero esserlo dopo, ma non sarebbe una gran punizione anche se una macchia nel curriculum. Con Spithill, già timoniere di Luna Rossa a Valencia e vincitore della Coppa nel 2010 con Bmw Oracle, a San Francisco 2012 hanno navigato Dirk de Ridder, John Kostecki, Jono MacBeth e Joe Newton. A dire il vero ragazzi, anche questi, che non avrebbero un gran bisogno di barare. Se le persone rischiano la sospensione, abituale in campo Isaf per infrazioni di questo tipo, il Team invece può rischiare cose diverse secondo Protocollo: una multa o più verosimilmente punti di penalizzazione. Come era successo a OneWorld accusato di aver avuto a disposizione i dati di un progetto di un team avversario. Allora la materia era confusa: Laurie Davidson era stato il progettista di New Zealand e ovviamente conservava, anche solo nella memoria (non quella del Pc ma quella professionale personale), dati del suo lavoro e delle sue idee, determinante per il team fu la confessione di un designer che confermò di aver avuto Pc vecchi a disposizione, non completamente formattati. Dichiarazioni sul filo del rasoio, come adesso. Un caso molto clamoroso di 69 (in realtà a quel tempo numero 75) fu quello di Thomas I-Punkt dell’armatore Thomas Friese all’Admiral’s Cup e alla one ton Cup dell’87, emerso dopo molti mesi di tentativi e indagini per confessione di Andrew Cape, uno dei membri dell’equipaggio. Il sistema era ingegnoso: c’è una pompa di sentina che poteva oltre che espellere acqua anche farla entrare. L’equipaggio riempiva dei serbatoio morbidi da 250 litri che venivano lasciati in alloggi sopravento per poi essere tagliati e buttati in mare prima dell’arrivo delle prove d’altura. Riepilogando cosa può succedere di concreto a Oracle? In realtà di tutto: dalla squalifica delle persone con il timoniere titolare James Spithill in testa alla multa in denaro o alla penalizzazione in punti. La materia, dicono, è concreta. Gli americani sperano finisca a tarallucci e vino, ma non pare sarà così.
Il programma di regate di San Francisco procede lentamente, anche ieri una sola regata delle due previste, la numero tre e la numero quattro, il vento nel pomeriggio supera quasi sempre i limiti suggeriti da Iain Murray e imposti dalla Coast Guard. Ma come al solito non è mancato il colpo di scena e questa volta è toccato a Luna Rossa rompersi concedendo a Emirates Team New Zealand il punto del 2 -1. Ancora una volta una rottura da pochi soldi ha fermato uno dei concorrenti, ed è successo poco dopo il primo lato di poppa, durante il quale Luna Rossa si era molto onorevolmente difesa da Emirates Team New Zealand che riprende così il comando. Si è rotta una batteria di pulegge affogate nel carbonio a base ala da cui passano tutte le scotte che servono a controllarne il twist necessario a regolare la potenza della vela rigida. E’ fondamentale, perchè con vento forte il twist può essere addirittura negativo e la parte alta dell’ala può servire a ridurre lo sbandamento. Prima del guaio? Bella partenza di Chris Draper, e ottimo il lato di lasco dove Luna Rossa ha mostrato la velocità simile a quella degli avversari. La barca italiana che ha ceduto solo qualche decina di metri a Emirates prima del cancello di poppa e subito dopo la rottura. Ai più ovviamente, questo non piace: la regata per il momento in questa fase cruciale sembra una corsa a eliminazione. Tutti hanno rotto di tutto, sia gli americani in allenamento che hanno anche perso un timone, sia gli sfidanti e perfino, come abbiamo visto, i neozelandesi che sembravano avere la barca più collaudata. “La ragione c’è – spiega lo skipper italiano Max Sirena – finora abbiamo corso da soli oppure in regate poco impegnative e solo adesso ci troviamo a combattere un confronto dove è necessario usare tutte le armi, tirare a vincere. Quello che non si è rotto finora cede… ripariamo una cosa ma sappiamo che forse domani se ne romperà un’altra. Non possiamo prendercela con il tipo di barche, la formula è nuova e stiamo imparando tutti, velisti e progettisti. In una prossima edizione con le stesse barche sarebbero più mature e più affidabili, oltre che più simili come velocità”. Dopo sole tre regate e tutte le notti passate a far riparazioni negli hangar c’è aria di bilanci, prosegue Sirena:”io credo che abbiamo fatto un buon lavoro e dall’ esterno si comprende poco, perché non ci sono stati avversari a dar valore ai risultati. Siamo partiti senza favori del pronostico e ci troviamo a pensare che potremmo anche battere i neozelandesi, che hanno mostrato finalmente qualche incertezza. E io so che i kiwi sono forti se continuano a vincere ma si possono battere quando la situazione diventa più difficile. Il punto che abbiamo conquistato è storico per noi”. La Louis Vuitton Cup riposa un giorno, i team aggiustano, rinforzano, discutono. E’ il momento degli shore team, degli equipaggi di terra. Luna Rossa è solida in questo reparto e può tornare in acqua mercoledì in buona forma.
La Louis Vuitton Cup offre nuovi motivi di spettacolo: nella gara a eliminazione, più che a match race come promesso dai pieghevoli che illustrano la Coppa America è stato il turno di Luna Rossa che si è portata così sull’uno pari. E’ un evento, negli ultimi tredici anni la barca di Patrizio Bertelli aveva sempre perso gli incontri diretti contro i mostri sacri della vela. Invece ieri i “rockets” di Max Sirena, goffi nelle loro tute argentate che nascondono protezioni e salvagenti sono andati al riposo con il pareggio in tasca.
Il punto non è arrivato per gioco di abilità quanto per avaria dell’avversario, ma è importante. “Intanto è un punto – dice Max Sirena – non è bello vincere così.. ma capita: Queste barche sono molto delicate, basta poco a metterle in crisi, anche noi abbiamo avuto una piccola rottura alle costole che sostengono il laminato dell’ala”. Emirates Team New Zealand, con Dean Barker evidentemente furioso per questo ennesimo incidente, è rimasta ferma immobile dopo aver come al solito interpretato la parte principale, senza la possibilità muovere le derive e regolare nulla. Il problema? Una banale batteria al litio che controlla l’elettronica che a sua volta controlla la gestione della centrale idraulica, che è una parte fondamentale su queste barche. I grinder, i più grossi per intendersi, infatti devono sempre lavorare alla manovelle per dare potenza per le regolazioni necessarie per controllare tutte le funzioni e soprattutto alle derive (daggerboard) per muoverle in tutte le direzioni con sforzi incredibili per sostenere il foiling, ovvero quella particolare andatura da aliscafo che consente a questi catamarani di navigare sollevati sull’acqua. Le batterie, dovrebbe essere una batteria al litio, ogni tanto muoiono all’improvviso e senza avvisare, non come le vecchie al piombo la cui vita diventava sempre più difficile e il ciclo di carica breve.
Nella prima regata della finale per Luna Rossa è rimasta ferma per un guasto da 100 dollari su una barca che ne costa 10 milioni, oggi più o meno la stessa cosa per i kiwi che sembravano aver recuperato lo shock del dramma del quasi ribaltamento. Insomma, Luna Rossa per la prima volta in tanti giorni non ha visto le poppe dell’avversario e ha conquistato un punto che è storicamente importante: nelle regate che contano ovvero nella finale della Coppa del 2000 e nella finale Louis Vuitton Cup del 2007 non era mai riuscita a batterla. Questo punto è anche una, per il momento piccola rivincita nei confronti di un team sempre amico ma anche sempre avversario. Luna Rossa è partita sapendo che la vittoria in questa finale sarebbe stata molto difficile, e i kiwi vogliono vincere in fretta, per avere più tempo per le modifiche alla barca in vista dell’incontro con Oracle. Grant Dalton vorrebbe chiudere la partita con Luna Rossa entro sabato, ma questo potrebbe anche non succedere. Queste incrinature alla quotidiana perfezione dell’equipaggio kiwi sembrano forse un segnale che la barca è rapidissima, oggi saliva di bolina come avesse la cremagliera e ha pure provato a navigare in modalità aliscafo, cosa che finora controvento non è stata tentata. Il VMG di bolina di Aeteroa è a volte 3 nodi migliore di quello di Luna Rossa, fa un po impressione. Ancora una volta il Comitato di Regata, dopo ha provvidenzialmente sospeso la seconda prova per eccesso di vento, ancora una volta ha dato l’impressione di fare un favore ai concorrenti, ma a quanto pare i conteggi del Comitato sono molto precisi: vento più corrente con rigore a 21 nodi. Del resto la Coast Guard vigila su ogni possibile incidente, e il rischio è molto visibile. “Fino a venti nodi queste barche sono belle donne – dice Max Sirena – dopo diventano ingestibili e cattive, troppo potenti”.
Oracle ha tentato una ulteriore regata tra le sue barche, ma Ben Ainslie in una orzata molto violenta ha spezzato di netto il timone di sinistra, che ha galleggiato in acqua mostrando una struttura molto leggera, senza un vero e proprio asse ma all’apparenza senza neanche una scatolatura con rinforzo.
Una notte di sogni d’oro per Max Sirena ed equipaggio, di speranze comuni a quelle di tanti migranti che entrando nella baia di San Francisco hanno sognato la ricchezza, dopo i loro viaggi massacranti a bordo dei clipper che arrancavano per settimane attorno a Capo Horn.
Anche quelle meravigliose navi a vela vivevano con il mito della velocità e spesso, un poco come gli AC 72, erano costruiti per il solo viaggio di andata: nessuno aveva merci o persone da riportare indietro dalla California a New York, erano solo le speranze di trovare pepite sulle rive di Silverado a pagare il biglietto. Per questo il simbolo di quella caccia si chiama Golden Gate, la porta d’oro, verso un mondo nuovo, una vita nuova. L’oro da carezzare adesso è il sogno di diventare il Challenger, lo sfidante di Oracle, una missione impossibile al posto di chi sembra da tutti i punti di vista il favorito in questo gioco.
Luna Rossa ha pareggiato nella seconda regata della finale Louis Vuitton Cup, lo ha fatto su “avaria” dell’avversario, ma è un punto importante. Emirates Team New Zealand è rimasta ferma dopo tre lati senza la possibilità muovere le derive e regolare la barca per un problema all’idraulica, parte fondamentale su queste barche. I grinder infatti devono sempre lavorare per dare potenza per le regolazioni necessarie alle “daggerboard” che si muovono in tutte le direzioni per sostenere il foiling. Luna Rossa per la prima volta non ha visto le poppe dell’avversario e ha conquistato un punto che è storicamente importante: nelle regate che contano ovvero nella finale della Coppa del 2000 e nella finale Louis Vuitton Cup del 2007 non era mai riuscita a batterla. Questo punto insomma è anche una, per il momento piccola rivincita nei confronti di un team sempre amico ma anche sempre avversario. Luna Rossa è partita sapendo che la vittoria in questa finale sarebbe stata molto difficile, e i kiwi vogliono vincere in fretta, per avere più tempo per le modifiche alla barca in vista dell’incontro con Oracle. Grant Dalton vorrebbe chiudere la partita con Luna Rossa entro sabato, ma questo potrebbe anche non succedere. Queste incrinature alla quotidiana perfezione dell’equipaggio kiwi sembrano forse un segnale che la barca è rapidissima, oggi saliva di bolina con 10° di differenza con Luna Rossa, con una VMG di 3 nodi migliore, ma che forse questi risultati sono ottenuti rinunciando all’affidabilità.
Giornata drammatica a San Francisco nella prima della finale Louis Vuitton Cup, dove Emirates Team New Zealand conquista un punto ma quasi si ribalta e Luna Rossa si ferma quasi subito dopo la partenza. Doveva essere il primo grande spettacolo… e per alcuni lo è stato. Ma il primo giorno poteva mettere in discussione tutta la selezione sfidanti. Il “nose diving” della barca kiwi è non è per niente bello: capita quando un catamarano infila una prua in acqua, che comincia a voler scendere verso il fondo, spinto da tutta la forza della velocità e delle vele. E’ lo stesso evento che è costato a Oracle e Artemis il ribaltamento. Capita nel momento più pericoloso per un catamarano, quando si poggia e la barca accelera repentinamente: in queste condizioni il carico sullo scafo interno è al massimo. I progettisti lo sanno bene, e soprattutto quelli di Emirates Team New Zealand avevano studiato a lungo la faccenda, per il momento il risultato si vede. Almeno all’apparenza New Zealand è intera, anche se ci vorranno tutti i controlli per capire che la traversa ha subito qualche danno. Emirates nella prima regata contro Luna Rossa, già ferma per una rottura a una deriva, stava navigando a 40 nodi spinta da una raffica quando qualcosa è andato storto è ha infilato le prue degli scafi in acqua passando dalla condizione di aliscafo a quella di sommergibile per il tempo sufficiente a perdere in mare due uomini, i più grossi dei grinder e forse per questo meno agili, per fortuna hanno riportato solo qualche ammaccatura e sono arrivati a nuoto alla chase boat che li aspettava. Sono Chris Ward, uno dei tanti veterani che fanno la forza dell’equipaggio kiwi, grinder fin dal 92 contro il Moro di Venezia, e Rob Waddell vincitore di una medaglia d’oro alle Olimpiadi con il canottaggio a Sydney, grinder nel 2003 e nel 2007 dove era anche boat captain. Dopo l’incidente i kiwi hanno navigato molto prudentemente, alzando in foiling la barca molto poco, probabilmente per sentire le reazioni della struttura.
Dopo l’arrivo Dean Barker ha spiegato che “è mancato il perfetto coordinamento tra la regolazione dell’ala e quella delle derive. Bastano pochi attimi su queste barche per cambiare la situazione e passare dalla perfezione all’errore”. I danni visibili sono solo alle coperture aerodinamiche, (fairing) fogli leggeri che servono a ridurre la resistenza al vento e migliorare la portanza dell’ala (nella zona sotto formano un piatto che ha la funzione di tappo per fermare i filetti fluidi che potrebbero circolare dietro l’ala sebbeno in una zona di grandi turbolenze) , potrebbero esserci danni invisibili alla struttura e questo sarebbe molto più grave e potrebbe compromettere addirittura la partecipazione di New Zealand alle prossime regate. Il team si è dichiarato tranquillo. Il fatto che la barca si sia salvata dimostra come sia costruita e progettata bene: con prue più sottili sarebbe stato più difficile. E Luna Rossa? In una giornata drammatica anche per lei un piccolo dramma: uno dei sistemi di regolazione delle derive , in realtà una cosa piuttosto semplice, si è rotto poco prima della partenza. La riparazione di fortuna (si sentiva la voce di Bruni dire “taglia taglia” ma non si è capito cosa) non ha avuto effetto e dopo una partenza interessante e un primo lato di lasco “dove abbiamo tenuto l’avversario – come ha detto Max Sirena – dimostrando che la messa a punto di questi giorni funziona. Stiamo usando la seconda ala che si può twistare molto meglio”. Luna Rossa si è dovuta fermare prima di ingaggiare la vera battaglia con i kiwi. In questi casi non ci si ritira, ma si aspetta la fine: se New Zealand fosse stata costretta al ritiro, e ci è andata molto vicino, Luna Rossa avrebbe potuto completare il percorso a bassa velocità conquistando un punto prezioso in questa finale Louis Vuitton che si corre al meglio di tredici punti. La barca neozelandese pur acciaccata però è arrivata in fondo, nonostante i due velisti in meno e i danni. Per fortuna dei due team il vento è salito troppo e il Comitato ha mandato tutti a casa: nessuno dei due infatti voleva chiedere la sospensione (l’unica che si può chiedere nella serie di regate), o meglio tutti e due i concorrenti stavano aspettando che fosse l’avversario a farlo ed entrambi stavano dichiarando “pronti a partire”… ma era poco vero, per tutti e due era molto migliore la prospettiva di rientrare alla base e cominciare le cure mediche agli scafi.
La giornata proponeva anche due regate tra i due equipaggi del defender, condotti dagli indagati (per cheating con gli AC 45) Ben Ainslie e Jimmy Spithill. “Non ho visto grandi cose – il commento di Max Sirena – hanno molto da imparare in manovra”. Insomma Oracle insegue? I challenger osno favoriti? Mai dire mai….
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