Per il team di Bmw Oracle è stata una estate di test per mettere a punto il nuovo formato della Coppa America. Russel Coutts, il capo assoluto del sindacato di Larry Ellison, ha allestito gli “evaluation trials”: in sostanza ha riempito di telecamere due catamarani modello Extreme 40 e due monoscafi RC 44 e li ha fatti correre registrando tutte le immagini possibili. Il risultato è molto interessante. Tutto molto diverso da quando, per non svelare segreti, in gran parte segreti di Pulcinella (insomma cose che sanno tutti ma che non si devono dire) gli skipper si accanivano a dire che non si potevano avere telecamere a bordo. Spettacolo e televisione saranno un must irrinunciabile, a sentire gli americani. E c’è da credergli, vista la dipendenza al media, alle immagini vogliono dare una priorità assoluta anche nei confronti di altri media.

Gli esperimenti non devono servire solo a mettere a punto il sistema di ripresa ma a scegliere che barca usare: monoscafo o multiscafo? Il giornalista neozelandese Peter Montgomery ha comunicato la notizia che gli americani avrebbero deciso di usare i catamarani e di fare la Coppa America a La Maddalena. Coutts ha poi detto che la notizia è parzialmente vera”: la parte vera sarebbe quella relativa la multiscafo che, si è capito, gli piace molto e visto che le regate de La Maddalena non hanno lasciato un buon ricordo e anzi messo in evidenza molte contraddizioni. Lui stesso non ci è rimasto più che un paio di giorni. E poi si è visto James Spithill partecipare alle regate organizzate dal New York Yacht Club con i piccoli catamarani della Classe C, con vela alare, e vincere regate con una barca presa a prestito dai canadesi Fred Eaton e Magnus Clarke. L’anticipazione, che tanti velisti danno per certa, è più o meno questa: catamarano smontabile da 73 piedi, ala rigida, otto persone di equipaggio .L’anno prossimo otto eventi con gli Extreme 40, leggermente modificati a prua e dotati di ala rigida “one design”. La rivoluzione, se nella conferenza stampa del 13 settembra a Valencia sarà confermato, è servita. A molti non piace, ma c’è del buono: la velocità. Una barca del genere è in grado di andare due volte la velocità del vento o più. I costi sono comparabili e forse inferiori a quelli del monoscafo, che comunque richiederebbe molto equipaggio in più.  La lezione di Stars & Stripes 88, più che quella di Bmw Oracle è servita. Tempi? Quella volta, cioè nell’88 con le risorse di allora, per costruire l’ala vincente (più complessa di quella di Bmw Oracle) bastarono quattro mesi. La barca sul piano strutturale è perfino più semplice del monoscafo, più leggera e con una immersione che può essere poco più di un metro: per correre nelle lagune e vicino a terra.

Dove si correrà? Sembra che le proposte fatte a Italia e Spagna siano solo provocazioni al Governo della California per alzare il prezzo, infatti la politica america ha detto che vorrebbe le regate a San Francisco per non perdere il forte indotto creato dall’evento, che è stato valutato nella bella somma di un miliardo e 400 mila dollari, e la città del Golden Gate è considerata l’unica sede possibile in America dopo che si era parlato a lungo di Newport, per molti anni la sede storica delle difese del New York Yacht Club. Gli ambientalisti vogliono però delle garanzie che la Coppa sia un evento non inquinante o meglio che ospitarla non serva ad abbassare la guardia sul problema ambientale visto il traffico commerciale di San Francisco fatto di grandi navi, potenzialmente inquinante.

Il prossimo evento cui partecipano i team sarà il Louis Vuitton Trophy Dubai in novembre, i protagonisti quelli, più o meno de La Maddalena. L’evento successivo, quello che doveva essere a Hong Kong, è stato cancellato: troppe difficoltà con le autorità locali, potenziali sponsor e anche la considerazione, motivo diventato ufficiale, che i team si stanno ormai concentrando sulla Coppa America e presto dedicheranno tutte le risorse a quell’obiettivo.

Al momento dei numerosi sindacati italiani che avevano manifestato le intenzioni di partecipare resta vivo solo il Challenger of Record Mascalzone Latino di Vincenzo Onorato. Patrizio Bertelli ha fermato le operazioni per la quarta Luna Rossa e purtroppo la sua scelta sembra definitiva. Per La Maddalena aveva allestito uno squadrone con molti vincitori che purtroppo non ha saputo esprimersi come poteva. Non buone le notizie che arrivano dal campo di Azzurra, che sembra in crisi di personalità dopo un avvio veloce e convincente. E’ un peccato che due nomi storici non siano sul palcoscenico della Nuova Coppa America, un evento studiato per attirare spettacolo e sponsor, ma un solo sindacato può servire a concentrare gli sforzi e le energie disponibili.

Il primo documento ufficiale per la prossima Coppa America è finalmente disponibile: si chiama “The Protocol Governing the 34th America’s Cup”. Il Golden Gate Yacht Club, il club cui fa riferimento il recente vincitore della Coppa America Larry Ellison, ne ha pubblicato una prima versione provvisoria sul suo sito internet con la promessa che il 31 agosto ci sarà quella definitiva. Ma tutti giurano che al massimo ne saranno cambiate dieci parole. Gli avvocati americani hanno prodotto 56 pagine di regole e regolette per assicurare una sfida “fair” ovvero equa e sportiva. Si può leggere su www.ggyc.com. Sembra scritto per chi è quasi pronto alla sfida, cioè pochi eletti: si incomincia a regatare nel 2011 con gli eventi organizzati da WSTA, la associazione dei sindacati che ha organizzato le regate de La Maddalena, si finisce nel 2013 prima della Coppa vera propria, la cui data non è svelata ma che potrebbe essere nel settembre californiano, visto che in quell’anno sono previsti solo due eventi. Tassa di iscrizione di un milione e mezzo di dollari, performance bond (un deposito che viene perduto se non si partecipa) di tre. Ma eventuali guadagni per la gestione delle regate, per sponsorizzazioni e diritti vari, divisi tra i team. Matteo De Nora, che ha un ruolo centrale in Team New Zealand lo considera “un buon documento di partenza”, che mantiene le promesse fatte, soprattutto l’indipendenza di chi fisicamente organizza le regate e del Comitato.
Ci sono dei provvedimenti per limitare, almeno nelle intenzioni, i costi. Sono infatti limitati gli allenamenti con due barche, i famosi speed test, e in generale i periodi di navigazione. La voce equipaggio è infatti una delle più costose in una campagna di Coppa: ma non è detto che per avere i più forti a bordo i sindacati non siano spinti a spendere molto e poi chi accetterà un contratto che non è a tempo pieno? Cosa fa l’equipaggio pagato quando non può navigare? Forse costruisce la barca…   Ma si intuisce che un budget di “partenza” sarà sui 50 milioni di dollari e uno per raggiungere i massimi livelli attorno ai cento. Più o meno come nel 2007. Sono molti soldi. In concreto se davvero Coutts avesse voluto ridurre i costi avrebbe potuto rinunciare agli eventi del 2011, dove a quanto pare bisogna essere presenti con una barca vecchia da comprare o noleggiare. A prima vista uno show inutile che toglie energie alla vera competizione, perchè per essere presenti sui campi bisognerà dedicare energie e risorse economiche. Una stagione tra 3/4 milioni tra acquisizione barca e gestione. Che serviranno appena per l’amalgama dell’equipaggio. E’ il tentativo di avvicinare la vela alla Formula Uno, ma ha senso dopo la costruzione delle nuove barche. O lo ha se si costruiscono quattro o cinque barche uguali che vengono messe a disposizione dei team con lo schema attuale del Louis Vuitton Trophy.
In settembre dovrebbe arrivare la decisione per le regole che definiscono la barca, quasi certamente un monoscafo di ventisette metri che naviga di bolina a velocità simili alle vecchie e in poppa molto più rapidamente. Poco dopo finalmente data e luogo della Coppa: a quanto pare con San Francisco restano in corsa Valencia e a sorpresa La Maddalena nonostante le polemiche politiche e sportive che sono seguite.

Quello che succede, purtroppo, è che dopo gli entusiasmi che davano per quasi sicure tre partecipazioni italiane Luna Rossa e Azzurra sembrano aver fermato la loro corsa: Patrizio Bertelli sembra avere dei ripensamenti mentre ad Azzurra non è bastato un avvio deciso per trovare i fondi che servono. In Italia resta il Challenger of Record Mascalzone Latino, si affaccia un team di modesta credibilità che per il momento ha solo registrato un marchio e si chiama Venezia Challenge, subito bollato da Valencia Sailing come un ballon d’essai senza denaro. Sembra prendere senza titoli l’eredità del Moro di Venezia, i cui eredi si guardano bene dallo sposare quella avventura o altre per rispetto di quella vera. Insomma, difficile che proprio quel leone torni a ruggire.

L’italico panorama passa insomma dal troppo al niente: resta aperta l’opzione de Angelis, si sa che l’ex skipper di Luna Rossa sta lavorando per un team o forse per essere “race director” delle prossime regate di Coppa e gli eventi precedenti, un posto di responsabilità che potrebbe essere interessante anche se è prevedibile una ressa di velisti “anglosassoni” i fila per quel posto.

Il timoniere su cui puntano, puntavano tutti è Francesco Bruni: età giusta, determinazione. Lo vogliono i kiwi per allenare Dean Barker, lo voleva Luna Rossa prima di fermare le macchine (ma poi saranno davvero ferme?) è indicato come uno dei pochi della generazione giusta e con l’esperienza giusta.  Le sue azioni sono alte… ma a quanto pare manca il team che lo possa sostenere: speriamo non sia costretto a migrare all’estero per correre. Ma se facciamo due più due finisce con Onorato. Non male per lo sfidante.

Bravo Neville Crichton: l’armatore neozelandese dopo aver vinto di tutto con il suo Alfa Romeo, averlo venduto, ha scelto di costruire un “minimaxi” per restare più al centro della flotta. Prima il primato in tempo reale, adesso il primato in tempo compensato. Con il suo Shockwave ha vinto la regata della Giraglia in tempo compensato: la sua per tradizione è la vera vittoria della regata, che è sempre stata dedicata alle classi d’altura a compenso. Della vittoria in tempo reale si sono sempre impadroniti gli uffici stampa delle grandi barche, per cui è stato sempre facile vincere in tempo reale e quasi sempre impossibile vincere anche in compensato. Così si è trasformato “è arrivato primo in tempo reale” in ha vinto. Al punto che dopo questa confusione lo Yacht Club Italiano ha finito per cedere e istituire un premio per la vittoria in tempo reale. Quella, nella edizione numero 58, è andata all’ex Alfa Romeo II, ora Esimit II: gestito da Flavio Favini e con sponsor Gazprom. Poteva essere una edizione da record ma non lo è stata: le barche sono arrivate come palle di schioppo in Corsica, ma poi sono rimaste in bonaccia.

Si corre oggi la cinquattottesima edizione della Giraglia Rolex Cup, uno degli appuntamenti più antichi e importanti del Mediterraneo. Dopo le raffinate decisioni tattiche de La Maddalena e del Trophy un poco di vela vera, un poco di altura. Tanti velisti si sono spostati e popolano le banchine, tanto più autentiche, di St Tropez: c’è più di una riflessione da fare. La vela è uscita malconcia e abbandonata da La Maddalena, alcuni protagonisti non hanno neanche aspettato la fine per partire. E qualcosa davvero non ha funzionato. A St Tropez il circuito vive alcuni degli stessi motivi, lo stesso lusso che lega Louis Vuitton e Rolex ai fatturati, ma tutto sommato anche se la vela è un pretesto c’è più voglia di partecipare. Più passione.

La Regata della Giraglia: Si parte da St Tropez, si gira lo scoglio della Formigue di fronte alla Corsica e si arriva a San Remo dopo 241 miglia di vento a mare. Il percorso degli ultimi anni si fermava a Genova, quest’anno si arriva a SanRemo come nelle prime edizioni, quando il percorso era da Tolone a SanRemo che ad anni alterni erano partenza o arrivo.

Il protagonista per dimensioni sarà Esimit 2, già Alfa Romeo II (cosa miracolosamente scomparsa dai comunicati), di cui è skipper Flavio Favini, uno degli uomini chiave di Mascalzone Latino. Sono trenta metri di potenza, che hanno battuto quasi tutti i record disponibili, compreso quello di questa regata (con arrivo a Genova anche se sulla stessa distanza) in 18 ore 3 minuti e 15 secondi. Il progetto issa la bandiera europea con il patrocinio di Manuel Barroso. In regata c’è anche il vecchio proprietario australiano Neville Crichton, con il nuovo Shockwave.

Francesco de Angelis è su Verve Dhalia Tv, Leonardo Ferragamo sul suo Cuordileone. L’elenco di tutti è lungo: ci sono 240 barche iscritte, pronte a sfidare una pioggia torrenziale che ha costretto anche a cancellare la consueta festa alla Citadelle, evento nell’evento ormai tradizionale oltre alla ultima regata “innshore” ovvero su percorso breve di fronte alla città. La partenza è prevista per le dodici.

La classifica speciale compilata su due sole prove vede vincere Container di Udo Schutz’s nei Maxi Ima, Imagine di Gilles Argeilles, un progetto di Luca Brenta negli IRC A, Jonty & lo Swan 44 Sleeper di Vicky Layfield tra gli IRC B e infine l’x 382 Brancaleone di Ciro Casanova tra gli ORC B.

Sono ancora loro i più forti del mondo: i kiwi, i velisti che arrivano dalla Nuova Zelanda, quel posto dall’altra parte del globo che si può raggiungere facendo un buco sotto i piedi, passando per il centro della terra per poi  sbucare sotto una felce del golfo di Auckland. Sulla loro strada hanno incontrato un team nuovo, forte, di bandiera russa e timoniere polacco. La finale del Louis Vuitton Trophy La Maddalena è finita così: per tre punti a due Emirates Team New Zealand batte Synergy, finalista a sorpresa. Il cammino di Emirates verso la finale è fatto di un round robin finito al terzo posto e di una semifinale vinta per due a uno contro Artemis, il sindacato svedese gestito da Paul Cayard. Quello di Synergy è più complesso: round robin finito al quinto posto, quarti di finale vinti contro Mascalzone Latino Audi Team per due a uno, semifinale contro All4One vinta per due a zero.

Fino alla prima poppa della terza regata della finale Karol Jablonski e il suo equipaggio hanno visto da vicino il successo nella grande impresa: stavano vincendo per tre a zero contro l’equipaggio considerato il più forte del mondo. La realizzazione di un sogno, la porta aperta verso un futuro importante, la Russia finalmente nel circo massimo della vela. Karol ha sostanzialmente vinto tre partenze e sta conquistando tre punti in regate di vento debole contro Emirates. Però sotto quella boa del cancello di poppa affondano tutte le belle speranze di conquistare per un tre a zero secco la vittoria finale. La drizza del gennaker si impiglia, la vela resta su, non vuole scendere. Con la coda dell’occhio vede sfilare all’altra boa gli avversari e Dean Barker sempre più sicuro di se che si arrampica deciso verso la boa di bolina. Ci saranno altri momenti importanti, possibilità di vincere. Ma in realtà la partita è chiusa perché è iniziata la rimonta di Emirates Team New Zealand. Che vince quella regata e le due successive in una giornata che sembrava di bonaccia ma che si è trasformata in una giornata di grande vela. I kiwi chiudono il programma e lo spettacolo delle regate in Sardegna chiudendo tutte le porte, conquistano il pareggio somministrando una penalità all’avversario. Poi lo battono nella bella finale lasciandolo in mezzo alla ultima poppa alle prese con un inglorioso gennaker rotto. I kiwi festeggiano con il consueto champagne Moet a pochi mesi dalla vittoria del Louis Vuitton Trophy Auckland con Yves Carcelle Ceo di Louis Vuitton e Bruno Troublé, inventore della manifestazione, che salgono a bordo subito dopo il taglio della linea di arrivo.  

Se dai kiwi ci si aspetta solo vittorie, e non fanno che confermare il pronostico, dai russi sono venute belle sorprese, la vela trova un protagonista in più. Racconta Grant Dalton, l’anima esperta del team neozelandese: “abbiamo bisogno di essere battuti per risorgere, di sentirci sotto per tornare forti. Ma se andiamo avanti così prima o poi troviamo qualcuno che ci batte davvero”.  Karol Jablonski fa i conti con la sconfitta:  “Abbiamo perso… ma siamo contenti di aver raggiunto la finale e dimostrato di essere cresciuti tanto in questo gioco.  Abbiamo tenuto il passo con i migliori ma oggi abbiamo fatto più errori di Emirates, e di solito vince proprio chi fa meno errori.  Spero che la prossima volta riusciamo a essere ancora più forti”.

La classifica:
1)  Emirates Team New Zealand
2) Synergy
3)  All4One
 4)  Artemis
 5)  Mascalzone Latino Audi Team
 6)  Azzurra
 7)  TEAMORIGIN
 8)  Luna Rossa
 9)  BMW Oracle Racing Team
10)  ALEPH Sailing Team

Quello che è successo oggi nelle acque della Sardegna per il Louis Vuitton Trophy La Maddalena testimonia che non era casuale la vittoria di Karol Jablonski e del suo equipaggio contro Mascalzone Latino Audi Team nei quarti di finale. Infatti l’equipaggio che sventola bandiera russa ha controllato molto bene All4One, che partiva con il credito di aver concluso il round robin in testa alla classifica nelle due regate della semifinale e poi ha conquistato il primo punto importante nella finale battendo i fuoriclasse di Emirates Team New Zealand in una grande regata, rimasta aperta dall’inizio alla fine. Sono state tre regate di poco vento, giocate su delle scelte tattiche molto delicate. Karol Jablonski ha vinto tutte le partenze conquistando anche, nella seconda, una preziosa penalità che ha chiuso la partita fin dall’inizio.

Spettacolare la prima regata, con Synergy che parte al pin e All4One costretto a cercare il comitato e virare rallentando molto. Parte in ritardo ma la bolina si chiude a suo favore, grazie a una corsia di vento incontrata sulla destra. Nella poppa Sebastien Col insegue e riesce a pareggiare i conti al cancello, che i russi girano al pin più lontano. Al termine della bolina per i franco tedeschi sembra cosa fatta: girano con un buon vantaggio e i russi in difficoltà. Mai dire mai… Karol Jablonski va a cercare il vento in quell’angolo che gli aveva portato bene nella prima bolina: lo trova e sorpassa gli avversari. Per Col e Jochen Schumann non c’è più nulla da fare e per i russi è la prima vittoria che conta.

Nella seconda regata ancora vento leggero. Si gioca tutto in partenza. Jablonski si dimostra ancora una volta un mastino, esperto di match race: riesce a spingere l’avversario fuori della linea della partenza e anche a conquistare una penalità a suo favore. All4One è costretta a una lunga manovra per rientrare dietro la linea e partire regolarmente e quando ci riesce è già in forte ritardo. Synergy naviga senza problemi fino all’arrivo e conquista la seconda vittoria e la qualifica per la finale.

Il Comitato di regata vuol far partire almeno una prova della finale, in programma al meglio di cinque regate, tra Emirates Team New Zealand e Synergy entro la sera e ci riesce. Il vento non è molto ma si riesce a regatare. Dopo il consueto scambio di cortesie in partenza i timonieri conducono le loro barche dai lati opposti del campo. A sinistra Karol Jablonski, per la terza volta nella giornata, a destra Dean Barker. Emirates vira e resta sopravento agli avversari fino alla layline. I kiwi girano in vantaggio e si lanciano in poppa. Al cancello gli all blacks della vela sono ancora in testa ancora una volta le due barche si allontanano sui lati opposti del campo. Arrivano agli estremi e quando convergono Synergy è in vantaggio. Poco, ma utile. I russi riescono nel sorpasso che gli vale il primo punto nella finale.

Saranno ancora gli uomini di Dean Barker, Grant Dalton, Ray Davies, gli All Blacks della vela, i maestri di Emirates Team New Zealand ad andare in finale contro l’avversario che verrà deciso dalle regate di domani tra il team russo di Synergy e il franco tedesco di All4One. Oggi sono state regate intense, corse con un venticello leggero, che in qualche momento ha fatto rimpiangere l’urlo del maestrale. C’è voluto tutto il giorno per completare le tre regate necessarie e ancora una volta i concorrenti hanno concluso per ora di cena. Ovvio che in campo neozelandese ci sia grande soddisfazione per il risultato e dall’altra parte delusione. Comprensibile. I kiwi sono abituati a vincere, e poco meno della finale per loro è una grande delusione. Artemis è stato protagonista di una grande crescita e ha iniziato il round robin con una serie di belle vittorie che l’hanno vista in testa fino alla fine.    1

La prima regata tra Artemis e Emirates Team New Zealand parte dopo mezzogiorno. Paul Cayard ha scelto di regatare con la barca che quasi tutti considerano più lenta, ITA 90, e di conseguenza con la bandiera blu per poter usare ITA 99 nel secondo e nel terzo match, se necessario. Le due barche partono alla ricerca del lato sinistro del campo, che sfiora l’isola di Caprera dove il vento deflette e porta un vantaggio. Dean Barker porta Emirates a sfiorare la boa del pin, Artemis prende tutta la velocità possibile navigando verso l’avversario e poi vira verso destra. La partita si gioca poco prima della boa: i kiwi hanno preso il “buono” che aspettavano, ma troppo. Artemis che arriva da destra vira prima dell’avversario riesce a conquistare l’interno in boa. Poi il suo timoniere Terry Hutchinson tira dritto oltre la boa di bolina e porta i neozelandesi oltre per fargli perdere più acqua possibile. Quando è finalmente convinto Artemis issa e si lancia verso il cancello di poppa. Il suo vantaggio è sufficiente a controllare Emirates fino alla fine e conquistare il primo punto delle semifinali. Emirates taglia l’arrivo con un distacco di 48″.

Peter “Luigi” Reggio tenta di far partire una seconda regata, ma dopo due lati, con Artemis in testa il vento letteralmente muore ed è costretto a richiamare i concorrenti per una nuova partenza.
Si aspetta ancora… poi finalmente una nuova partenza: Emirates Team New Zealand e Artemis corrono la loro seconda regata con vento leggero che si è stabilito su una direzione nuova, è un ponentino. In partenza Emirates Team New Zealand conquista la sinistra e naviga rapida verso terra, guadagna quel che serve per sentirsi sicura di poter scambiare lato passando così sulla destra del campo. Gira la boa con un vantaggio consistente che conserva fino all’arrivo. I kiwi conquistano il pareggio con un vantaggio di 1′ 01″.

Dopo pochi minuti di attesa il Comitato di regata decide di far partire la regata dello spareggio. I timonieri ancora una volta combattono per la sinistra del campo: la conquista Artemis con una manovra decisa e ben fatta. Purtroppo questa volta non è il lato favorito del campo: i kiwi navigano a lungo verso la destra, costruendo una separazione che supera il miglio. Quando le barche convergono sono in vantaggio. Il vento è debole e in poppa si avvantaggiano ancora. Inutili i tentativi di Paul Cayard di ribaltare la situazione. I kiwi conquistano il passaggio alla finale con un vantaggio di 1′ 31″.