James “Jimmy” Spithill è il giovane bravissimo timoniere australiano di Oracle. Vincitore della ultima edizione della Coppa a bordo del trimarano Bmw Oracle, quello che ha battuto Alinghi nel 2010 a Valencia. La sua prima volta è stata quando aveva ancora i calzoni corti e si è trovato al timone di Young Australia. Era il 2000 e si correva asd Auckland, l’equipaggio era di giovanissimi ma lui, timoniere, era il più giovane di tutti. Impressionava per la sua determinazione in partenza, purtroppo di più non poteva fare con una barca lenta e senza grandi mezzi economici. Dopo lo hanno voluto su One World, sindacato americano condotto da Peter Gilmour, che diceva “è più bravo di me, lo lascio al timone”. Nel 2007 era il timoniere di Luna Rossa e in semifinale Louis Vuitton Cup è stato uno degli artefici della sconfitta di Bmw Oracle. E’ il timoniere di punta della barca americana, anche se presto avrà una dura concorrenza proprio in casa.
James, ha mai regatato a Napoli?
“In passato ho regatato molte volte in Italia, mai a Napoli. Ho tutti gli elementi per credere che sarà un grande evento. Il pubblico potrà godere uno spettacolo mai visto prima. Le regate con i nuovi catamarani AC45 sono un gioco completamente nuovo, mai visto nel passato. Agli italiani piacerà molto”.
Come giudica il nuovo sindacato di Luna Rossa?
“Luna Rossa sarà un team forte. Lo skipper Max Sirena è un mio buon amico, stanno lavorando con serietà e passione. Lui era coinvolto con me nel team di Bmw Oracle che ha vinto la Coppa nel 2010, è certamente ben educato a fare piani vincenti, a lavorare in team. Conosce bene anche i multiscafi e la vela alare rigida di cui era responsabile. Anche Patrizio Bertelli è un buon amico ed è fantastico averlo di nuovo in questo grande gioco, è un uomo che sa come raggiungere grandi risultati. A Napoli loro avranno due barche con due equipaggi molto forti condotti da due timonieri giovani che hanno dimostrato di saperci fare. Chris Draper che ha navigato bene per team Korea con gli Ac 45 e Paul Campbell Jones esperto di Extreme 40. Luna Rossa gioca in casa e conta sull’esperienza di Francesco Bruni che conosce bene questi campi, è già tra i favoriti”.
Cosa ricorda della sua esperienza con Luna Rossa?
“E’ stato un periodo incredibilmente divertente. Siamo passati dal guardare insieme le partite di football, al viaggiare. Correre contro di loro sarà molto divertente. Gli italiani nella vela sono una grande realtà”.
E’ vero che da giovane ha praticato anche la boxe?
“Si… un poco… la mia risposta standard è che in Australia se sei rosso di capelli lo devi fare per forza. Non avevo scelta”.
Che differenze ci saranno tra il vecchio USA 17, in grande trimarano di Valencia, e i nuovi cat Ac72?
“Credo che la cosa più importante sia che Ac17 aveva un motore per muovere le manovre mentre la nuova barca sarà condotta solo con la forza umana. Questa è una differenza sostanziale che renderà queste barche le più fisiche, atletiche, che abbiamo mai visto navigare. Se si guarda una regata di AC45 della durata media di venti minuti si vede che l’equipaggio lavora incessantemente dall’inizio alla fine. Non c’è riposo. Da fuori non è facile capire quanto sia faticoso, ma lo è, potrei dire che rischiamo l’infarto”.
Gli Ac72 saranno una barca completamente nuova, che potrebbe essere pericolosa anche con poco vento. A San Francisco poi il vento c’è. Cosa ne pensa?
“Se guardiamo la F1 ci rendiamo conto che i piloti non fanno cose di cui sono in grado tutti, devono passare attraverso dei rischi importanti e questo diventa eccitante per il pubblico. Vale anche per noi. Per mostrare tutto abbiamo messo molte telecamere a bordo ed esiste un sistema per educare il pubblico a comprendere meglio le regate, a capire cosa sta succedendo sul campo attraverso simulazioni che rendono più immediato capire cosa succede in acqua. Un errore su queste barche sarà decisivo, un poco come sulle macchine: spingi il massimo ma c’è un limite da non superare. Sarà il vertice del nostro sport”.
Pensa che il campo di Napoli sarà difficile da interpretare?
“Ogni campo di regata ha le sue caratteristiche. A Napoli non c’è gran vento, ma la caratteristica di queste barche è che consentono di fare spettacolo anche con poco vento. E’ facile arrivare a venti nodi, sollevare uno scafo. Con i vecchi monoscafi probabilmente le regate a Napoli sarebbero state molto noiose”.
Quale slogan si può usare per attirare il pubblico napoletano, per convincerlo a vedere le regate?
“La migliore pubblicità è affermare che arriva il più grande evento di vela, le barche più veloci con i marinai più forti del mondo. Il pubblico sarà sorpreso dei cambiamenti che abbiamo fatto. Sono cose che renderanno questa regata molto più appetibile anche dagli sponsor, quando finalmente si renderanno conto dei cambiamenti arriveranno nuove energie”.
Cosa rimane dentro del ragazzo che timonava Young Australia ad Auckland?
“Sono sempre lo stesso… mi sveglio al mattino con la voglia di vincere e fare belle regate. Sto sempre cercando di fare tutto quello che posso per vincere la partenza. Quando vado in mare voglio fare tutto il meglio per il mio team. Con gli AC45 è ancora più evidente quello che fa l’equipaggio, lo sforzo che esprimiamo per vincere. L’obiettivo finale resta sempre di vincere e farlo con valori sportivi”.
Ci sono molti olimpionici nel team. La vedremo alle Olimpiadi un giorno?
“Quando si conduce al massimo livello una campagna di Coppa America è difficile riuscire a fare più di due cose in una volta. Penso anche che ci stiamo concentrano su una cosa che è molto spettacolare. Le Olimpiadi sono fantastiche tuttavia si corrono con barche che il pubblico non riconosce come le più difficili da portare”.
Chi timonerà la barca durante la Coppa? E’ in discussione il suo posto?
“Avremo due cat Ac72 in acqua e cercheremo di usarle bene per capire quale sarà l’equipaggio migliore. Noi dobbiamo vincere, senza altri obiettivi. Abbiamo velisti di gran talento, compreso Ben Ainslie che è probabilmente il velista più forte del mondo. E’ una sfida importante anche per me”.

Patrizio Bertelli ha presentato a Palermo nella sede del Circolo della Vela Sicilia la sua quarta Luna Rossa, a fare tanto sono stati pochi nella storia del grande evento velico: cinque sfide con Shamrock per Thomas Lipton, il droghiere del re. Quattro per il barone Bich e l’australiano Alan Bond, che al suo quarto assalto riuscì finalmente nella storica edizione del 1983 a portare la Coppa in Australia. Quattro volte è tanto, è il sintomo di una passione forte e quasi inesauribile. Al punto che nel corso della conferenza stampa di presentazione della sua nuova avventura Bertelli ha fatto capire che la sua non è una sola sfida, ma che questo è un programma per arrivare fortissimi alla edizione successiva, che potrebbe essere nel 2015 o 2016. Il team della nuova Luna Rossa è un mix di “senatori” come lo skipper Max Sirena, che continua a navigare anche sugli AC 45, il responsabile della costruzione dello scafo Matteo Plazzi (già navigatore di Bmw Oracle) l’allenatore Stevie Erikson, il senior designer Roberto Biscontini. I timonieri sono i giovanissimi Paul Campbel Jones e Chris Draper che condurranno gli AC 45 fin dalle regate di Napoli. Bertelli è a suo agio nel presentare la quarta sfida, davanti a un pubblico che per lui è quasi una famiglia. Il punto forte della sfida è l’alleanza con Emirates Team New Zealand, con cui condivide il progetto della barca. Luna Rossa ha sostanzialmente pagato la metà delle ore lavoro che sono state impiegate finora dal grande team dei progettisti kiwi: una trentina di persone che lavorano da più di un anno al catamarano con vela alare rigida. Un buon compromesso che porta risorse a tutte e due le squadre. Le prime regate saranno a Napoli la prossima settimana. Come nel 2000 Luna Rossa avrà solo lo sponsor di Prada più qualche semplice partecipazione tecnica.
Come mai ha deciso di partecipare a questa edizione della Coppa?
“E’ una decisione che avevamo rinviato, pensavamo di non poter essere competitivi. Poi la possibilità di stringere una alleanza con Emirates Team New Zealand mi ha portato alla decisione di partecipare. Condividendo il design che loro avevano sviluppato abbiamo all’istante guadagnato tempo e competitività. Gli americani avevano pensato alla possibilità di collaborare al design tra team diversi per favorire la partecipazione delle squadre più deboli ma l’unione di due forti e storici, che di solito tengono ai loro segreti, credo li abbia presi di sorpresa”.
Quale è il suo obiettivo?
“Siamo partiti in ritardo e stiamo lavorando molto. Il team è nuovo con qualche senatore che viene dalla precedenti sfide. I cat sono molto diversi dai monoscafi, tuttavia il nostro obiettivo è di arrivare alla finale della Louis Vuitton Cup assieme a Emirates Team New Zealand… con tanti saluti a Paul Cayard e al suo Artemis”. Quanto è il vostro budget?
“E’ di circa 40 milioni di euro. In realtà nella storia non c’è mai stata una corrispondenza diretta tra i soldi spesi e la vittoria. Nel 95 a San Diego i neozelandesi con un budget ridotto hanno vinto. Costruiremo una sola barca, ci siamo detti che non era possibile partecipare a una Coppa successiva senza una esperienza diretta con i catamarani. Il nostro è un progetto per due edizioni”.
Quanto ha perso la Coppa America dopo le dispute legali tra Alinghi e Bmw Oracle?
“Queste cose sono insite nella storia della Coppa. E’ successo altre volte. Sono convinto però che si potesse gestire diversamente, in tempi e modi diversi, ricomponendo la lite a beneficio di tutti. La crisi finanziaria mondiale ha portato a una sommatoria di cause negative. Mi ha molto offeso che il Challenger of Record italiano si sia ritirato: in tutta la storia della Coppa non era mai successo. Io esporto l’85% della produzione, facciamo prodotti seri e non mi piace che l’immagine della nostra Italia sia sempre confusa con questa incertezza fatta di spaghetti e fantasia”.
Cosa pensa dei catamarani con cui si correrà la prossima Coppa?
“Come velista mi piacciono molto, sono curioso. Su quei grandi gli Ac72 però non salirò: sono troppo pericolosi, velocità troppo alte. Non solo puoi cadere in mare, se si ribaltano cadi dentro la vela e ti fai male. In ogni caso è un esperimento che andava fatto, poi scopriremo se sarà un successo o no. Al momento penso che non c’è emulazione, i velisti non possono rispecchiarsi, non c’è affinità con la vela di tutti i giorni. Vedremo”.
Oracle ha speso 400 milioni di dollari contro i 250 di Alinghi per vincere nel 2010 disputando due regate.
“Beh, anche questa è Coppa America. Noi nel 2007 li abbiamo battuti sonoramente e poi per vincere nel 2010 hanno assunto 28 persone che erano con me. Timoniere compreso. Noi sappiamo fare squadra, questa è la nostra forza. Se guardo indietro la nostra organizzazione e le persone sono state sempre più forti delle barche che abbiamo costruito: siamo sempre stati più forti nella parte velistica che in quella progettuale”.
Cosa pensa della possibilità che la Coppa venga disputata con i piccoli AC 45? “Se verrà presa una decisione del genere, che non credo sia possibile, non parteciperemo alla Coppa America e chiederemo i danni. Non si possono fare questi giochetti”.

La Coppa delle cento Ghinee è una brocca forgiata nel 1848 in due esemplari (si dice) nei laboratori londinesi di Garrard, i gioiellieri della regina Vittoria. Una delle due nel 1851 è stata il premio per una regata che ha visto la goletta America sfidare un certo numero di yacht inglesi nel Solent. La esile goletta, discendente diretta delle barche da pesca dei banchi di Terranova, battè senza pietà navigando attorno all’isola di Wight e sotto gli occhi della regina imperatrice le migliori barche inglesi, molte delle quali navigavano complete di caminetti, tappeti e arredi. Pare che il leggendario “maestà non vi è secondo” non sia mai stato pronunciato dal valletto: ma è servito molto a  illustrare la magia della regata e la distanza che separava l’America dal resto dei concorrenti. La goletta, che in seguito ha navigato anche come nave militare, costava più o meno l’equivalente di 500 mila euro attuali. Quella sfida, avvenuta nell’anno di una importante esposizione universale, è stata l’inizio di una delle più belle leggende dello sport. Mostrava già una sua valenza simbolica: gli uomini del nuovo mondo, in arrivo dalle colonie erano riusciti a battere con quattro soldi e le loro idee la più grande potenza industriale e marittima del mondo. Quella Coppa diventa America negli anni 70 dell’ottocento attraverso un atto di donazione, Deed of Gift, che ne sancisce alcune regole fondamentali che, nel bene e nel male, le hanno consentito di restare il più antico trofeo dello sport internazionale che si disputa senza interruzioni. Nel 1983, quando Alan Bond (uno dei grandi rider degli anni ottanta, che dopo un grande successo e aver comprato i girasoli di Van Gogh ha fatto bancarotta) con un manipolo di australiani istigati da John Bertrand ha strappato la Coppa agli “imperatori” del New York Yacht Club che se la tenevano stretta da 132 anni. E’ stato proprio quell’anno che l’Italia ha scoperto tutta la leggenda della Coppa. Lo Yacht Club Costa Smeralda aveva lanciato la prima sfida italiana con Azzurra, che riuscì a battersi bene con i migliori: skipper Cino Ricci, timoniere Mauro Pelaschier. Sostenitori sono l’avvocato Gianni Agnelli e s.a. Karim Aga Khan. La sfida italiana è un indicatore anche di salute economica: essere accettati nel tempo del capitalismo anglo sassone, ha un peso. E non è un caso che un anno prima l’Italia di Zoff abbia vinto uno storico campionato del mondo di calcio. La Coppa dopo quello storico primo viaggio verso l’Australia ha viaggiato ancora. L’hanno rivinta gli americani con una storica impresa di Dennis Conner, poi i neozelandesi con sir Peter Blake e una squadra di invincibili. Nel 2003 l’imprenditore svizzero Ernesto Bertarelli riesce nella storica impresa di riportarla in Europa con il suo Alinghi. La sua vittoria è in parte ancora neozelandese, il nucleo centrale dell’equipaggio è di bandiera neozelandese ma ci sono uomini forti da tutto il mondo. Due per tutti: il timoniere ingegnere Russell Coutts, nato a Wellington, e Jochen Schumann, un atleta di Berlino che ha cominciato a navigare con la maglia grigia della DDR e ha vinto quattro medaglie alle Olimpiadi. Sono anni in cui la vecchia Europa è forte e centrale: per la prima volta le tasse di iscrizione sono in Euro. Per chi si è incuriosito sulle vicende del trofeo: sembra che il secondo esemplare del più antico trofeo internazionale dello sport sia finito sul caminetto di Ted Turner, l’armatore timoniere che aveva vinto nel settantasette prima di inventare la CNN. O sul suo caminetto è finita la Coppa originale e quella che circola è una copia? Certo è che il trofeo è stato riparato nel 98 dopo che un maori lo aveva preso a martellate nella sede del Royal New Zealand Yacht Squadron. Siamo abituati a pensare che vince chi ci mette più soldi e che la Coppa è una faccenda soprattutto mondana. E’ certamente vero che nel tempo sono stati i personaggi più ricchi e potenti del mondo ad essere incuriositi, e qualcuno si è rovinato la reputazione finendo per essere un eterno sconfitto come Thomas Lipton, Thomas Sopwith, Marcel Bich l’uomo diventato barone comprando un castello in rovina della Val D’Aosta. Ma è anche vero che è sempre stato uno scontro tra uomini e idee, prima che l’esibizione di potenza economica. La Coppa è una sfida dove i denari servono ad alimentare le idee. Il più ricco dell’inverno 2003, Larry Ellison di Team Oracle, se non avesse avuto la cattiva idea di mettere a riposo Paul Cayard per una questione di gelosia e protagonismo forse avrebbe fatto un po’ più del solletico ad Alinghi che invece le idee le aveva tutte buone. E non ha fatto meglio nel 2007 con Chris Dickson quando in semifinale è finito in ginocchio davanti a Luna Rossa. Solo nel 2010 dopo una lunga battaglia legale (la seconda della storia dopo quella dell’88) il suo trimarano BMW Oracle ha battuto Alinghi e riportato la Coppa in America. Nel 95 la vittoria dei neozelandesi a San Diego è diventato un caso universitario di “team building”: non avevano moltissimi soldi, ma un planning formidabile ed erano esperti del gioco. E’ un po’ un peccato che l’aspetto mondano prevarichi quello sportivo e tecnico: c’è molto da scoprire nelle storie e nel lavoro di queste squadre di squadre. Ci sono uomini, protagonisti. Gli italiani dopo la sfida di Azzurra ci hanno provato altre volte. Nell’87 a Perth in Australia c’erano una nuova Azzurra e Italia, condotta dai fratelli Chieffi. Nel 92 la grande sfida del Moro di Venezia, Raul Gardini mette insieme un team molto forte, con skipper e timoniere Paul Cayard, le regate diventano televisive e per la prima volta una barca italiana conquista la Louis Vuitton Cup e vince una regata contro il Defender America Cubed di Bill Koch in una delle edizioni più dispendiose. Challenger e Defender costruiscono cinque scafi, si spiano. Koch e Gardini si odiavano cordialmente e da giocatori di poker hanno affermato di spendere molto più di quello che in realtà è stato messo in campo. Koch scrisse anche un intero libro per screditare il nemico riportando cifre astronomiche a cui molti hanno creduto. Una delle armi vincenti di Koch è stata una pinna di deriva costruita poco prima delle regate, perché era convinto di perdere. Nel 2000 è arrivata Luna Rossa di Patrizio Bertelli, grande appassionato di Coppa e vela. Anche la sua Luna vince la Louis Vuitton Cup ma poi deve cedere contro i neozelandesi fortissimi. Luna Rossa partecipa nel 2003 e nel 2007 prima di lanciare una nuova sfida per il 2013. Nel 2003 lancia la sua prima sfida anche Mascalzone Latino, voluto dall’armatore napoletano Vincenzo Onorato con il guidone del Reale Yacht Club Canottieri Savoia. Dopo una edizione in cui porta a casa esperienze importanti Mascalzone si presenta anche nel 2007, con due barche rapide che si fanno notare. Nel 2007 si presenta anche +39, sindacato con equipaggio di olimpionici che si scontra subito con una sostanziale mancanza di fondi. Nel 2010 Mascalzone Latino diventa Challenger of Record, ovvero primo tra gli sfidanti, dopo la vittoria di Bmw Oracle. Dopo alcuni mesi tuttavia Onorato rinuncia al ruolo prestigioso che viene preso da Artemis.

Team Telefonica ha vinto la prima tappa della Volvo Ocean Race, Alicante CapeTown. Una vittoria ben conquistata dallo skipper Iker Martinez, due medaglie alle Olimpiadi, due Volvo Race con Telefonica e una Barcelona Race chiusa al secondo posto  con il suo prodiere di 49er  Xabi Fernandez dopo aver vinto il terzo titolo mondiale della classe olimpica. E’ quasi certo che finita la Volvo, finite le Olimpiadi di Londra raggiungerà Luna Rossa per diventare timoniere titolare. Dopo una bella girandola di nomi si potrebbe vedere un pozzetto fatto di olimpionici Martinez e Bruni. Martinez è uno che corre… sul 49er e sul Vor 70 è facile la consuetudine con l’alta velocità. Dopo Telefonica sono arrivati Camper, autore di un errore di navigazione piuttosto sciocco all’uscita del Mediterraneo, e Groupama autore di un errore molto sciocco: ha preteso di navigare verso l’Africa sottocosta, una trappola in cui non cadevano neanche i navigatori del principe Enrico nel 500. Gli altri tre si sono ritirati: due alberi in mare, quello di Abu Dhabi e di Puma e una delaminazione a prua di Sanya.
Abu Dhabi ha scelto il ritiro dopo essere ripartito, Sanya si è fermata per ricostruire una nuova prua. Le due barche stanno raggiungendo Cape Town in cargo. Lo stesso destino toccherà a Puma ma con una avventura molto più rocambolesca, perchè non ha rotto in Mediterraneo ma in pieno Atlantico del Sud, dove soccorso e assistenza sono molto difficili. Ken Read ha deciso di navigare a motore e con una vela di fortuna verso l’isola di Tristan da Cunha, aveva poche altre scelte, un cargo gli ha passato il gasolio. Il programma è di caricare la barca sul cargo Team Bremen, il difficile è che l’operazione va fatta in mezzo al mare sebbene al ridosso dell’isola perchè non si può entrare in porto e per issare la barca è stata costruita una gru di fortuna. Il cargo si è mosso apposta per il recupero della barca da Città del Capo dove era fermo in attesa di commesse. L’albero di Abu Dhabi è caduto per il cedimento della check stay e il successivo della D2, non chiaro quello di Puma Mar Mostro, che ha rotto dopo aver ridotto la randa. Il quesito adesso per i due team è questo: ci dobbiamo fidare del secondo albero identico? Già, se non sono errori di manovra sono errori di calcolo o rigging, e allora come si fa a tenere il piede sull’acceleratore senza pensare a modifiche? Tre ritiri su sei partecipanti pongono perlomeno qualche quesito sui perchè di questa regata e su come dovrà essere una prossima volta.  

Dopo poche ore dal via della Volvo Ocean Race due barche  hanno subito danni nelle pesanti condizioni meteo incontrate subito dopo il via. Abu Dhabi è precipitata da un’onda verticale e ha rotto l’albero. Dopo aver recuperato quel che poteva, soprattutto la preziosa randa, ha dato motore per rientrare ad Alicante e aspettare l’albero nuovo. Per lo skipper Ian Walker è stato un brutto momento. Fervono i lavori per poter rientrare in regata. Anche Sanya, la barca con bandiera cinese portata da Sanderson ha subito un grave incidente, con una estesa delaminazione della zona di prua. Alcuni dicono provocata da un impatto con un oggetto semisommerso. Sanya tuttavia è una barca che ha già una edizione del giro del mondo sulle spalle e non sarebbe da escludere un cedimento del composito per fatica. Ai tempi della Whitbread, quando la regata era un evento “semi” professionale o comunque il professionismo non aveva raggiunto i livelli contemporanei il ritorno in porto non era mica raro, ai molti partecipanti con barche con cui adesso non andremmo neanche a Capo Corso mancava sempre qualcosa. Fino alla sera prima del via era uno stridere di cacciaviti e un passaggio di provviste. Altro che il “day off” con abboffata e dormita prima del via. Si cominciava a dormire dopo…. Dunque di sei concorrenti ne restano quattro davvero in competizione per vincere la prima tappa. Abu Dhabi ha ripreso il mare ma è evidente che la sua navigazione, sebbene ancora formalmente in regata sarà in sostanza un trasferimento senza prendere troppi rischi, magari con la speranza di  agganciare qualche ritardatario che ha commesso errori tattici. La sua regata ricomincia a Cape Town. Sanya ha rinunciato alla prima tappa  anche se è evidente che arrivare a CapeTown è comunque necessario completare le riparazioni. Insomma, qualche domanda, pur nello spettacolo complessivo e nella complessa macchina mediatica fatta di cronache in diretta, gioco virtuale e tante altre cose, sorge spontanea. La Volvo Race era criticabile per la sua formula prima ancora che partisse: troppo pochi sei concorrenti. Adesso? E l’altra domanda è: se Giovanni Soldini fosse partito con la sua barca, che come Sanya ha già un giro alla spalle che rischi avrebbe preso? La risposta sta nel collisione si, collisione no, anche se il fianco sembra aver perso la pelle superficiale e l’anima del sandwich in un distacco. Una collisione forse avrebbe provocato un vero buco.

Arrivano i primi nomi del prossimo team di Luna Rossa. Una squadra di osservatori sarà infatti presente a San Diego durante le regate dedicate agli AC 45 nell’ambito dell’ America’s Cup World Series. La mossa è preliminare alla partecipazione alla stagione 2012 che vedrà il debutto del team e ovviamente prendere contatto con gli avversari e “alleati” di Emirates Team New Zealand. Lo skipper è Max Sirena, il suo ruolo, che era abbastanza chiaro, viene comunicato ufficialmente per la prima volta. Sirena ha partecipato alle tre campagne di Luna Rossa ed era responsabile dell’ala rigida di Bmw Oracle che ha vinto la Coppa America nel 2010. Il sailing team è in gran parte quello che partecipa alle regate degli Extreme 40 e che al momento è in testa alla classifica. Il timoniere per l’AC 45 è il giovane e molto bravo inglese Paul Campbel Jones, che ha un breve ma intenso passato sui catamarani. Altri nomi del sailing team hanno un curriculum più pesante, come Matteo Plazzi, altro veterano di Luna Rossa, anche lui vincitore della Coppa America nel 2010: su Bmw Oracle era navigatore. Steve Erickson è già stato in Luna Rossa, il suo inizio è a bordo del Moro di Venezia e come prodiere della Star di Paul Cayard. Curriculm lungo anche per Ben Durham e Manuel Modena. Altri giovani sono David Carr, , Nick Hutton, , Alister Richardson. Nel design team segnalato Roberto Biscontini, uno dei più preparati fluidodinamici italiani, che ha fatto parte di numerose campagne di Coppa America l’esperto di catamarani Thomas Gaveriaux e Giorgio Provinciali, ingegnere aeronautico esperto di catamarani e veterano di Luna Rossa. Responsabile delle operazioni è il fedelissimo di Patrizio Bertelli Antonio Marrai, alla quarta Luna Rossa.

E’ previsto vento forte per la partenza della Volvo Race, il giro del mondo a vela in equipaggio. I sei equipaggi si infileranno dentro una prima perturbazione con vento a 25 nodi e mare incrociato. Dopo il via di Alicante bisogna navigare per 6500 miglia prima di raggiungere il traguardo di Città del Capo per concludere la prima tappa. Se riusciranno ad uscire indenni dall’inizio duro con l’uscita dallo stretto di Gibilterra, i sei team tenteranno di battere il record di percorrenza sulle 24 ore di 596.6 miglia, stabilito da Ericsson 4 proprio nella prima frazione della scorsa edizione. Le barche, costruite con la regola Vor 70, sono davvero spettacolari in molti aspetti, sono monoscafi davvero velocissimi. Sei concorrenti sono un po’ pochi per un evento che è nato come la grande avventura attorno al mondo. Colpa dei budget indubbiamente, ci vogliono almeno diciotto milioni di euro per prendere il via, ma anche di una crisi strutturale dell’evento che inseguendo leggi di marketing contemporaneo ha diluito la vena poetica con una serie di scelte non del tutto sportive. Le tappe e gli eventi, tanto per essere espliciti, sono modellati su esigenze di mercato di sponsor e partecipanti piuttosto che sulla dura legge del mare. La formula attuale, oltre tutto con classifica a punti, è molto lontana dalla originaria inventata da mr Whitbread. La classifica a punti resta un invalicabile baluardo delle ultime edizioni, scelta per tenere in gioco chi rompe l’albero e dare valore alle innshore race è pressochè incomprensibile al grande pubblico generalista, che vorrebbe vedere protagoniste le lancette del cronometro. Come al Tour de France si potrebbero fare diverse classifiche, premiare certi arrivi con abbuoni in tempo. Questo cambierebbe radicalmente la tattica di regata e la scelta delle barche adesso improntata al controllo degli avversari con decisioni mai estreme. I partecipanti sono sei, uno corre a bordo di una barca della scorsa edizione, si tratta del team cinese Sanya di Mike Sanderson, già skipper di Abn Amro One vincitore nel 2005-2006. Il colosso nell’abbigliamento sportivo Puma schiera una barca condotta da Ken Read, versatile timoniere. Puma sta investendo molto nella vela, e ha raggiunto un accordo anche con l’organizzazione della Coppa America. Camper ha sponsor spagnolo e equipaggio neozelandese guidato dallo stesso Grant Dalton che ha vinto un paio di volte e che conduce il team in Coppa America. I kiwi hanno scelto di partecipare alla regata attorno al mondo in un momento di incertezza dell’altro evento per confermare il loro ruolo di nazionale della vela per la Nuova Zelanda, fa un certo effetto vederli vestiti di un bel rosso vermiglio e non di nero. Abu Dhabi, che ha costruito un grande marina e ha forti interessi nella nautica, ha una barca timonata dal’inglese Ian Walker. I francesi tornano dopo diciotto anni di assenza con una barca condotta da Frank Cammas, espertissimo di multiscafi e detentore di molti record, che issa Groupama, per lui lo sponsor di sempre. In qualche modo è il più atteso per la sua confidenza con gli oceani. Chiude il pacchetto dei concorrenti la spagnola Team Telefonica portata da Iker Martinez. Le sedi di tappa sono dieci: Alicnate, Capetown, Abu Dhabi, Sanya in Cina, Auckland, Itajai, Miami, Lisbona, Lorient e Galway. Per paura dei pirati della Somalia dopo la partenza da Abu Dhabi le barche saranno dirette verso un porto segreto, caricate su una nave e rimesse in acqua in una località sicura.