Dennis Conner, che era rimasto lontano dall’ edizione precedente, costruisce una difesa tutta sua, con lui naviga John Marshall che sarà una pedina importante delle sue imprese successive e che ha una preparazione tecnica molto forte. Freedom è una barca molto veloce, ancora disegnata dallo studio Sparkman & Stephens. Gli avversari nelle selezioni defender sono decisamente più deboli, e lo sanno. Ted Turner ri ripresenta con Courageous, che è alla terza campagna, Russel Long è con Clipper, dove naviga come tattico Tom Blackaller. Gli sfidanti sono quattro, Alan Bond torna con Australia ampiamente modificata. Poi ci sono gli inglesi con Lionheart, il barone Bich con France III con al timone Bruno Trouble e una nuova versione di Sverige di Pelle Petterson. Per il barone valdostano sarà la migliore campagna ma anche l’ultima, l’inventore delle regate di selezione chiuderà dopo questa quarta sconfitta (solo Thomas Lipton prima di lui ha lanciato quattro sfide), purtroppo non è mai riuscito a incontrare il defender. Inglesi e svedesi sono deboli. Australia, su cui naviga John Bertrand, è molto cresciuta, ma non basta ancora. La strada presa da Bond è quella di lavorare alla struttura del sindacato imponendo un approccio professionale in ogni settore come stanno già facendo gli americani. È vero che la barca a stelle e strisce è più veloce ma è vero anche che Conner ha lasciato poche scelte al caso. Il suo equipaggio è molto più allenato a sostenere faticosi “tacking duel” e la lunghezza delle regate che arrivano a 24 miglia. Freedom vince per quattro a uno e la Coppa resta a New York.
Questo è l’anno di Ted Turner, americano vero: bevitore e sanguigno però anche genuale. Lo chiameranno presto “captain outrageous” durante la sua campagna a bordo di Courageous, per come tratta chi non gli piace. Ted sta diventando un personaggio importante in tutti gli Stati Uniti, ma è contagiato, come molti, dal virus della Coppa. Le altre barche forti americane sono Enterprise dove Lowell North sperimenta quanto sia difficile il gioco della Coppa e Indipendence, disegnata, timonata e invelata da Ted Hood. Si fanno esperimenti sulle vele. Le aggressioni in acqua e a terra non si risparmiano. North inventa il sandbagging, cioè rallenta di proposito la sua barca per non far vedere agli avversari e all’equipaggio le possibilità che ha. Poi però viene allontanato dal New York Yacht Club che vede nel suo modo di gestire la squadra un pericolo. Dennis Conner rinuncia a sostituirlo e alla fine lo fa lo starista Malin Burnhan che per ritrovare la sensibilità cui è abituato applica anche uno stik alla ruota, ovviamente certe manovre repentine gli riescono difficili. Turner, che dovrebbe essere il più debole, punta a fare partenze vincenti e a usare bene, navigando magistralmente, una barca collaudata e senza sorprese che ha già difeso con successo la Coppa. Alla fine non avrà torto. Il cammino dello sfidante Australia di Alan Bond, iscritta per il Sun City Yacht Club di Perth, disegnata da Ben Lexcen (già Bob Miller, il progettista ha cambiato nome) è debolmente ostacolato da Sverige di Pelle Petterson e da France III del barone Bich. Inutile dire che Bond perde ancora per quattro a zero. Ted Turner è forse l’ultimo timoniere che non si dedica alla vela come unica professione a vincere.
La Vendee Globe al momento è l’unico giro del mondo a vela che vale la pena di seguire: solitario, eroico, senza scalo, senza aiuto, immagini forti di planate. E’ la grande vela epica della Great Circle Route, quella degli esploratori. Nata per essere una sfida assoluta in stile francese ha sofferto all’inizio per le regole troppo libere e i pochi compromessi voluti dopo i disastri delle prime edizioni, riguardano soprattutto e giustamente la sicurezza. Gli incidenti, ribaltamenti e avventure varie, hanno spinto a prendere pochi provvedimenti fondamentali, che hanno salvato la vita ad alcuni, lavorando su particolari delle barche e vincoli sulla rotta che non può scendere troppo a sud. Questo non ha impedito di scendere dai quasi 120 giorni della prima edizione a 80 con un progresso di velocità incredibile. Del resto si tratta sempre di raggiungere un compromesso: troppe regole ammazzano l’evento, poche regole ammazzano i partecipanti. Il pericolo o la morte sono fin dal tempo dell’antica Roma un ingrediente dello spettacolo, tuttavia nel quarto millennio della civiltà, con un parlamento europeo che non pensa ad altro che alzare il livello di sicurezza di ogni manifestazione umana, anche lo show business (perché di questo si parla in presenza di sponsor) deve essere sicuro. Alla Vendee insomma, come ad altre regate, dobbiamo essere in grado di togliere il rischio di vita e lasciare lo spettacolo. Sono partiti in venti e dopo pochi giorni di regata sette, tra cui alcuni dei meglio preparati erano già all’ormeggio. Un paio sono finiti addosso a barche da pesca, altri hanno rotto qualcosa. Bisogna partire… ma anche tornare a casa. Suona incredibile che un velista esperto come Vincent Rioux si sia giocato la partecipazione per non avere un tirante del bompresso di ricambio, e che in una posizione esposta lo abbia scelto di carbonio: in acciaio sarebbe pesato solo poco di più con ben altre garanzie di durata. Le barche sono ancora una volta troppo fragili cosi come lo sono state quelle della Volvo Race, regata dove nessuno ha finito senza almeno un problema grave alla barca. Non si può più assumere per vera una battuta, cioè che se una barca non si rompe è troppo pesante, bisogna saper progettare e costruire barche che arrivano in fondo… e saperle portare a casa. Un passo indietro? No, è un passo avanti, sarebbe il progresso vero, utile.
E’ un anno storico perchè debuttano sul grande palcoscenico due personaggi che scrivono la storia moderna della Coppa. Sono Dennis Conner, che è timoniere di partenza per il defender Courageous dell’armatore timoniere Ted Hood e Alan Bond il finanziere australiano che inizia il suo percorso verso la gloria. Gli americani fanno le loro selezioni con tre progetti di Olin Stephens: Courageous a cui collabora anche Dave Pedrick, il vecchio Intrepid e Valiant dove naviga Ted Turner. C’è anche una barca particolare disegnata da Britton Chance, su cui debutta Dennis Conner che poi salirà a bordo del defender designato per la grinta dimostrata, si chiama Mariner. Courageous vince, ma non senza fatica.
Alan Bond, che lancia la sfida attraverso il Royal Perth Yacht Club e per accedere alle regate della Coppa deve superare France del barone Bich. Bich in questa edizione ha voluto in squadra il grande olimpionico Paul Elvstrom che lavora con un equipaggio nordico. Purtroppo France affonda durante un trasporto, viene recuperata e riarmata. Inizia anche la costruzione di una nuova barca ma Bich non soddisfatto caccia Elvstrom e parte per Newport con la vecchia che ha poche speranze contro gli australiani. Le regate della Coppa sono dunque tra Courageous e Southern Cross, va a finire che gli americani incassano il solito quattro a zero a loro favore. Un punteggio cui gli sfidanti sono ormai abituati.
Per l’edizione del 1970 al New York Yacht Club arrivano quattro sfide. Una è del barone Marcel Bich, un tenace valdostano che ha invaso il mondo con le penne a sfera, uno dei primi esempi di tecnologia diffusa e non utilizzata per oggetti esclusivi e costosi. Il barone ingaggia una decisa corrispondenza con gli americani per spingerli a consentire la disputa di regate di selezione tra gli sfidanti. Alla fine li convince. Il barone Bich schiera France progettata da André Mauric, poi ci sono gli australiani di Packer con Gretel II disegnata da Alan Payne. Si perdono invece per strada una sfida inglese e una greca e la selezione è quindi tra francesi e australiani. Le cose si mettono subito male per il barone che cambia ogni giorno timoniere fino a prendere lui la ruota affermando che “posso tranquillamente perdere da solo”. Gli americani hanno affidato il progetto a Olin Stephens che ha realizzato Valiant. Purtroppo Olin non supera se stesso e il vecchio Intrepid acquistato da William Ficker e modificato dal giovane Britton Chance è più rapido e il comitato dei saggi di New York finisce per schierarlo alla partenza delle regate. Le barche nella prima regata restano vicine fino a quando cade in mare un uomo di Gretel II. I cinque minuti che servono per recuperarlo sono determinanti per la vittoria americana. La seconda regata è vinta dagli australiani, poi squalificati per un incrocio ravvicinato. La terza prova è ancora per gli americani. Poi tocca agli australiani salire al tre a uno. Nella quarta regata Gretel II sembra più rapida ma gli avversari conservano fino all’ultimo il diritto di rotta con abilità e vincono. Gli australiani se non altro sono andati vicini a un gran risultato.
Si corre a Newport e gli americani schierano una grande novità. Si chiama Intrepid, è disegnato da Olin Stephens e raccoglie i frutti della maturazione del grande progettista che mette in acqua una barca carica di novità, che non a caso riuscirà a difendere la Coppa con successo per due edizioni. La novità più grande è che per la prima volta il timone si separa dalla chiglia, un’idea che aveva già provato Dick Carter su alcuni ocean racer. In questo modo il controllo della direzionalità della barca e le manovre per il “match racing” sono molto più facili. Dietro la pinna di deriva resta una pala più piccola che diventa un “trim” ovvero lo strumento per rendere asimmetrico e quindi più efficiente il profilo. Dello studio newyorkese fa parte anche l’italiano Mario Tarabocchia, che resterà per molti anni una colonna portante.
Olin inoltre costringe sette persone dell’equipaggio a lavorare sottocoperta, dove colloca gran parte dei verricelli e dei coffee grinder. Dall’esterno quando naviga di bolina la barca sembra deserta, si scorgono solo tre persone che si muovono: timoniere, tattico, tailer. Qualche volta compare il prodiere. Nel tempo questo modo di impiegare l’equipaggio verrà impedito dai regolamenti.
Gli sfidanti sono gli australiani: da Sydney arriva Dame Pattie dell’armatore Emil Christensen timonato da John Sturrock e disegnato da Warwick Hood. Gli australiani issano vele realizzate con un materiale che chiamano kadron: non funziona bene quanto il dacron di Ted Hood. Così il confronto è impari e Bus Mosbacher conduce Intrepid senza troppi problemi verso il quattro a zero. Intrepid si esprime in boline impressionanti, frutto delle linee di carena ma anche delle vele americane.
Lo scriviamo tutti: l’ America’s Cup è una sfida. Una sfida non solo nei confronti di uno o più avversari, molto spesso lo è con e contro se stessi, perchè la battaglia non è solo battere l’avversario ma farlo con la propria ricetta. Le cartoline che raccontano la Coppa America sono tante: Sir Thomas Lipton in posa al timone del suo Shamrock, Harold Vanderbilt e consorte su Ranger, sir Thomas Murdoc Sopwith su Endeavour. Per arrivare a tempi più recenti, il chiassoso petroliere Bill Ingraham Koch (4 miliardi di dollari di patrimonio) o il riservato Larry Ellison (41 miliardi di patrimonio), amante della cultura giapponese e del Mediterraneo, attuale padre padrone della Coppa, l’uomo che l’ha portata a bordo dei catamarani battendo Alinghi di Ernesto Bertarelli, il più giovane, l’uomo che è arrivato al successo subito nel 2003 con una barca invincibile. Gli italiani sono Raul Gardini che accarezza il leone di Venezia dicendo “che bel gattone” , come lo avesse addomesticato. Patrizio Bertelli che sceglie l’eleganza di una sottile linea rossa per decorare le sue barche, una linea che nasconde anche un confine impalpabile tra affari e sport. Quasi tutti, visti a bordo hanno una sincera e infinita passione per la barca, uno straordinario occhio per gli affari, la voglia di vincere usando la propria ricetta di vita. E’ mitica la sceneggiata del barone Marcel Bich che nella nebbia di Newport ha tolto il timone ai professionisti per perdersi lontano dalle boe. Eppure proprio Bich è uno di quelli che ha avuto belle intuizioni: ha costretto gli americani del New York Yacht Club ad accettare regate di selezione tra gli sfidanti che poi con la collaborazione del suo timoniere Bruno Troublè è diventata la Louis Vuitton Cup. Trouble, non a caso nato a Versailles, è poi diventato il cardinale del gran gioco almeno fino alla prossima edizione della Louis Vuitton Cup, probabilmente l’ultima per il cambio di vertice che non ama la vela.
C’è una cartolina che, più di ogni altra, racconta cosa sia la Coppa America per l’Italia, ritrae John Kennedy e Jacqueline Lee Bouvier assieme a Gianni Agnelli, Marella Caracciolo e Beppe Croce, spettatori delle regate a Newport. Era il ‘62, la barca è Manitou di proprietà della US Coast Guard, detta anche la Casa Bianca galleggiante, e dove ne son successe un po’ di tutti i colori, non solo dal punto di vista diplomatico. Gianni Agnelli ama la vela, cui regalerà quel monumento alla modernità galleggiante che si chiama Stealth, ma vuole anche promuovere la Fiat negli Stati Uniti: la raccomandazione del Presidente è buona ma non basta. Gli americani fingono anche di mostrare i disegni della barca vincente al progettista Carcano, un geniaccio innovatore. Agnelli sarà in panchina per altri venti anni prima di poter lanciare Azzurra, ma uscirà con un successo personale: una breve vacanza a Ravello con Jacqueline. L’avvocato unisce ragione e passione, come ha fatto prima di lui Lipton e come faranno altri, arriva al mercato americano con i rapporti esclusivi che si stabiliscono in barca.
Patrizio Bertelli ha lanciato la sua quarta sfida. Il toscanaccio (nel senso buono) è un puro irascibile (memorabili le sue strapazzate al team) ama la barca e in casa ha una libreria che testimonia la sua ossessione per la Coppa. E’ l’unico italiano entrato nella Hall of Fame, non vuole confessare i benefici finanziari ottenuti con la Coppa. Ma esistono, come la “simpatica plusvalenza” per alcuni affarucci fatti con LVMH e una immagine internazionale che altri sport non avrebbero promosso allo stesso modo. Sono pochi quelli che hanno fatto come lui: Lipton, il droghiere del re come lo chiamavano i nobili invidiosi della sua amicizia è arrivato alla quinta sfida ottuagenario, il barone Bich con i suoi France e l’australiano Alan Bond, autore della più grande bancarotta della storia dell’Australia. Bond, di questi serial challenger è l’unico che ha conquistato la Coppa, nell’83 con Australia II, una macchina da guerra condotta da John Bertrand che inginocchia Dennis Conner. Bond nell’87 compra gli Iris di Van Gogh da Sotheby’s di New York per 53 milioni 900 mila dollari, allora circa 70 miliardi, con un prestito della stessa casa d’aste. Il crac in Borsa quasi simultaneo lo mette in ginocchio e finirà anche in prigione per la garibaldina gestione di un altro quadro famoso.
Nella Coppa ci sono anche gli ego senza portafoglio, i grandi condottieri, i timonieri. In testa a tutti lo scozzese Charlie Barr, è il comandante dei primi del novecento, vince e rivince la Coppa timonando le barche americane, si lancia in Atlantico per il record di traversata con lo schooner Atlantic che conquista perché nella tempesta non può ammainare le vele. Ted Turner, detto “captain outrageous” per la sua propensione a insultare gli avversari, dopo la vittoria inventa la CNN. Dennis Conner è l’uomo della modernità, cambia il metodo e la preparazione diventa professionale e scientifica, inventa con John Marshall la “two boat campaing”, che serve a mettere a punto le barche in maniera perfetta . La leggenda dice che nell’83 abbia voluto perdere apposta in quel bordo di poppa contro Australia II, per togliere il gioiello di Garrard dalla sua bacheca del New York Yacht Club, dove era conservato da 132 anni, e dimostrare che era in grado di riportarlo a casa sua a San Diego, come del resto ha fatto.
Peter Blake è il neozelandese che vince nel 95 ipotecando la casa per tenere vivo il sindacato dove Russell Coutts sta crescendo: finirà assassinato dai ratos de agua nel Rio delle Amazzoni.
Coutts è il suo pupillo, il ragazzo che ha cresciuto, che abbandona il maestro per vincere con Alinghi nell’2003 e poi con Ellison nel 2010. Russell è l’uomo dei record, più bravo di Barr. E’ un ingegnere opportunista, con un talento ineguagliabile per il timone e una pericolosa passione per le donne. Ma adesso ha portato la Coppa su un territorio che molti non comprendono: ci sarà lo spettacolo della velcotià, ma non ci sono gli sfidanti che fanno grande il palcoscenico.
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