Still alive: Luna Rossa è ancora viva dopo la settima regata delle finali Louis Vuitton Cup. E’ successo che il vento era troppo forte per disputare la ultima decisiva regata e il comitato ha mandato tutti a casa. Così dal mare è arrivato un giorno di vita in più per Luna Rossa e per la finale sfidanti. Fin dal mattino si sapeva che sarebbe molto probabilmente successo così, il vento aveva pulito in fretta il cielo sempre nebbioso di San Francisco, lasciando libero il sole per il pubblico che segue sia dalle rive che dal mare. Ancora una volta la regata si è giocata sulla grande velocità di Emirates Team New Zealand, che con alcune modifiche notturne, probabilmente in vista del vento forte è apparsa ancor più mostruosamente in forma e veloce. Il traguardo che tutti si aspettano, il foiling di bolina, è ormai una realtà che spinge lo speedometro a 30 nodi con un rapporto con lo scarroccio che diventa conveniente in VMG. Non serve criticare la partenza di Luna Rossa, sempre un po’ lenta ad accelerare, la differenza di velocità è troppo evidente. I kiwi vogliono vincere: è una missione di Stato, davvero, perché la Coppa da loro porta economia non è solo il palcoscenico per un ricco ai primi posti della classifica di Forbes. In una giornata di vento forte le barche hanno segnato record di ogni tipo, hanno chiuso il percorso in 23 minuti 38 secondi, il ritardo di Luna Rossa è di 1 minuto e 58 secondi, la velocità media di ETNZ è di 29,24 nodi, quella di Luna Rossa di 27,27. I kiwi hanno stabilito il record di velocità della Louis Vuitton Cup toccando i 47,18 nodi, Luna Rossa è arrivata a 43,46. I nostri eroi sperano ancora, come spiega il tattico Francesco “Checco” Bruni: “Noi combattiamo fino all’ultimo momento, nello sport non si sa mai. Dobbiamo affrontare l’ultima regata con la testa sulle spalle, sarà dura ma noi combattiamo. Le possibilità, lo ammettiamo, sono poche, ma l’altro giorno sono andati con la prua giù e in un istante potevano giocarsi tutto, la finale, la contro finale e tutto il resto. Noi ci sentiamo vivi fino alla fine”. Spiega poi quello che ha visto sul campo: “Emirates è molto veloce di bolina, e non mi sorprenderebbe vedere Oracle passare qualche brutta esperienza. Oggi riuscivano a navigare in foiling a 30 nodi. Anche noi possiamo andare in foliling di bolina, il problema è che puoi andare in foiling a 25 o o farlo 30 nodi, esiste insomma una qualità del foiling. Quello che stanno facendo i kiwi è incredibile”. Racconta dei progressi di Luna Rossa: “Il gap con i kiwi si è ridotto, se si fanno i conti matematici dei distacchi si vede che sono ridotti in maniera notevole. Forse potremmo ridurre lo svantaggio della metà anche se ammettiamo che vincere è difficile. Loro hanno qualcosa che noi non abbiamo. Loro sono arrivati alla ottava generazione di derive, noi alla quinta. Abbiamo due sciabole da provare ma ci servirebbe un mese per farle funzionare come si deve. L’evoluzione è continua, a ogni regata si impara qualcosa. Noi un mese fa non riuscivamo a superare i 40 nodi, adesso siamo a 45. Abbiamo cambiato solo due tip, due piccoli pezzi di carbonio”.
Il massimo trofeo velico
Emirates Team New Zealand ha punito duramente Luna Rossa nella sesta regata della finale Louis Vuitton Cup. In una giornata di vento modesto, per le abitudini della baia di San Francisco, Luna Rossa è apparsa insonnolita e poco reattiva. Il motivo tecnico è probabilmente la taratura dei deflettori dei timoni, che sono molto critiche per rendere il foiling stabile. Al mattino infatti le previsioni promettevano vento più intenso e con ogni probabilità i tecnici hanno preparato la barca per quelle indicazioni. Questo, e tutto il resto, hanno reso Luna Rossa decisamente più lenta di New Zealand. Alla partenza la rapidità con cui i kiwi hanno accelerato verso la prima boa lasciando sul posto Luna Rossa ha fatto impressione. Chris Draper aveva fatto bene, cercando di tenere la barca sulla linea per tempo, ma come nei giorni scorsi i kiwi hanno messo in assetto e lanciato la barca con abilità impressionante. Si sapeva che andava a finire così, ma come sempre succede per onore di bandiera e per tifo uscendo dalla razionalità dei numeri si sperava nel miracolo… ma San Francisco non fa miracoli e neanche San Gennaro, anzi. Il distacco alla fine è di un paio di minuti, su una durata totale di ventotto. Le punte di velocità premiano gli italiani che toccano i 39,33 nodi contro i 37,28 dei kiwi. Emirates Team New Zealand che ha raggiunto il punteggio di 5 – 1 si avvia dunque a vincere la ultima edizione della Louis Vuitton Cup. Le bastano altre due regate per raggiungere le sette vittorie necessarie, che potrebbero essere oggi sabato 24 agosto, una data che potrebbe restare nella storia come chiusura di un ciclo trentennale legato alla maison francese che dall’83 sposa la sua immagine alla Coppa America. Il meteo però promette troppo vento.. tanto per allungare i tempi, allora il programma prevede altre due regate domenica. Luna Rossa spera ancora, spera che il vento le dia un vantaggio per iniziare una rincorsa impossibile. Non è stato annunciato ufficialmente ma tutti sanno che la nuova dirigenza di Louis Vuitton non vuole più investire in questo mondo. Chi vincerà la Coppa America dovrà trovare un nuovo sponsor per le regate di selezione sfidanti, un problema che si aggiunge a quelli di scelta di una nuova barca e di un nuovo formato più attraente per il pubblico e gli sponsor. Ma c’è un altro rischio: potrebbe anche essere l’ultimo giorno di regata per Luna Rossa alla sua quarta sfida: il combattente Patrizio Bertelli ha promesso una nuova partecipazione, sarebbe la quinta, ma con delle condizioni che molto probabilmente in caso di vittoria americana non saranno realizzabili. Con una nuova e quinta sfida l’uomo di Arezzo, raggiungerebbe nella storia della Coppa sir Thomas Lipton il leggendario eterno sconfitto, innovatore nel commercio, nella pubblicità, amico dei regnanti ma escluso dai nobili. Bertelli vuol vincere però… partecipando a un gioco più vero. Tutto il programma di questa partecipazione è connesso alla possibilità di diventare Challenger of Record sfidando il Royal New Zealand Yacht Squadron. Per il Circolo Vela Sicilia sarebbe la prima volta, non per Bertelli che lo è stato nella complessa edizione del 2003.
La Coppa… il più antico trofeo dello sport che si disputa senza interruzioni, se non quelle delle guerre che più che altro l’hanno rallentata. La domanda, che tutti si sono posti in questi giorni di regate bizzarre con questi oggetti volanti che quando passano fischiano più che sbattere sull’onda è: ma questo è davvero sport? E’ la nostra vecchia vela? La montagna di critiche sommerge le poche voci a favore. Gli AC 72 appaiono oggetti incomprensibili, che tutti dichiarano costosi senza sapere davvero quanto costano, che tutti dichiarano solo “tecnologici” senza sapere quanta abilità debbano avere i marinai, anche i grinder che hanno più compiti. Navigare su un AC 72 è come essere su un 7 metri: i tre che fanno l’equipaggio devono fare tutto tutti insieme senza sbagliare. Se uno degli undici sbaglia (come è successo a New Zealand in poggiata) si finisce gambe all’aria: la macchina non domina nessuno, bisogna saperla usare con tempi di reazione fulminei.
La Coppa, bisogna ammetterlo, è stata troppo spesso palestra di grandi eccessi di tycoon con l’ego esuberante, occasione di affari d’oro dove gli equipaggi e le loro avventure sono stati quasi sempre in secondo piano, perché era meglio vedere altro. Le azioni incrociate delle ultime edizioni hanno finito per erodere il grande patrimonio di popolarità conquistato negli anni in edizioni memorabili. Dall’83 in poi, in particolare, la Coppa era stata davvero un grande evento sportivo. Adesso non lo è più, si capisce dalla risposta modesta dei media, dalla sala stampa semivuota. Così nascono le ricette, tornare alla tradizione sembra l’ancora di salvezza perdendo di vista il fatto che la tradizione della Coppa è l’innovazione. Forse il salto in avanti con il foiling è stato eccessivo, visionario: ma è un salto in avanti.
Così in questa edizione così particolare e nuova alzando la bandiera del troppo tecnologico si dimentica quanta fatica abbiano fatto designer, progettisti, equipaggi per imparare a navigare. E la poesia di Emirates Team New Zealand così forte in alcuni momenti costruita sull’abilità delle persone (anche i designer, ma senza dimenticare i marinai) resta senza pubblico. Il pubblico critica, Facebook critica: non è match race, rivogliamo i monoscafi. Vero: il mondo è stato scoperto in monoscafo. Ma non tutto: i polinesiani sono arrivati in Nuova Zelanda con ridicoli multiscafi.
Poi tutti a dire, nonostante i budget sia inferiori o uguali a quelli del 2007: costa troppo. Le critiche di chi non c’è, la storia della volpe e l’uva: non mi piace perché non ci posso arrivare. Ma non con il portafoglio, con la testa. Questi team hanno speso meno o uguale al 2007. Una barca costa 6 milioni, una ala 3, un set di chiglie uno. E i designer che lavorano a tempo pieno non sono di più di quelli che servivano per il monoscafo. Team di 18/20 persone. Allora disegnavano bulbi di piombo adesso “elevator”.
Del resto c’è poco di più immutabile della navigazione a vela: le caravelle che hanno scoperto l’America non sono tanto diverse dalle le navi tonde romane che 14 secoli prima navigavano la rotta del grano dall’Egitto a Roma, i galeoni di sir Francis Drake mica tanto diversi dalle navi di Horatio Nelson signore di Bronte che due secoli dopo l’arrivo a San Francisco del corsaro della regina erano a Trafalgar. In mare il progresso è lento perchè “barca che va non si cambia”. E’ la paura del mare a rendere prudenti i marinai. In un secolo che riscopre la lentezza poi, gli AC 72 sono alieni. La Coppa America deve essere davvero match race? Nasce per definizione come incontro di due Yacht Club con due barche diverse. Il desiderato monotipo non è previsto neanche per scherzo. E’ previsto l’esperimento, l’eccesso, la leggenda. Non è ancora tempo di bilanci, certo, ma quel che si vede (anche a occhio nudo) è che la parte comunicazione (e non quella degli addetti specifici, che hanno poco da comunicare, la strategia complessiva), programmi di regata, contatto con il pubblico, sia stata molto peggiore della scelta della barca così veloce e moderna. Per gli sponsor che volevano partecipare, tre anni fa, era impossibile avere un programma definito, garantito. Quello è l’errore, non l’estetica della velocità degli AC 72, barche del terzo millennio. La presunzione di avere a che fare con un evento che vale o che è la Formula Uno, di cui si può vendere anche l’accesso alla toilette. Da questo punto di vista la vela deve imparare che il pubblico si “compra”, perchè il pubblico è il valore da trasmettere agli sponsor. Ma attenzione, non vuol dire semplicemente regalare diritti Tv e distribuire pubblicità, come può pensare qualche studente di pubbliche relazioni, significa costruire un evento che è sport. E questa è tutta un altra storia. Lo sport fatto di uomini, risultati, vittorie, sudore, palestra, tecnica. Altro che le birre nel parterre dello Yacht Club dopo che qualche prua slanciata si è graziosamente tuffata un acqua…
La Coppa America andrà avanti, anzi queste regate di San Francisco sono un mattone in più per la sua leggenda, corse con catamarani che non rivedremo mai più. Questa è leggenda. Cosa succederà? Se vince Emirates Team New è molto probabile che torneremo con i piedi per terra con un monoscafo che plana a 35 nodi, potrebbe essere una spece di RC 44 di 80 piedi o più, leggero e manovrabile. Garanzia di circling ma anche di planate, spruzzi, telecamere sommerse. Se invece vince Oracle (che pare molto forte di bolina) quasi tutti sono convinti che si arriverà a un catamarano di 60 piedi, ovviamente con ala rigida e foiling. Dopo questa edizione le differenze tra i team, con la circolazione di uomini che ci sarà che porteranno in altri team le esperienze, sarà più facile avere performance vicine con la seconda generazione foiling. Chi ricorda la enorme differenza tra il Moro 3 (considerato seconda generazione Iacc nella prima edizione che li utilizzava nel 92) e gli altri al mondiale del 91? Anzi, aver mostrato tutto quel potenziale è stato un danno per gli italiani. Insomma, altro giro, altro spettacolo. Altra leggenda, ma è meglio che chi dovrà decidere impari cosa è un evento sportivo.
Oggi 22 agosto 2013 fanno centossessantadue anni di Coppa America, o meglio per non irritare gli storici più precisi, anni passati dal mitico 1851, anno dell’Esposizione Universale di Londra, della sfida del New York Yacht Club agli yacht inglesi e della regata che ha visto in palio la Coppa delle Cento Ghinee: trofeo in argento forgiato da Garrard (gioielliere della regina) in due forse tre esemplari nel 1848 e mai venduto fino a quell’anno. Uno, dopo la conquista della prima regata attorno all isola di Wight per mano americana è diventata la Coppa America e piano piano si è arricchita delle iscrizioni dei partecipanti e dei vincitori: due i nomi italiani, quello del Moro di Venezia challenger del 92 e quello di Luna Rossa, challenger del 2000. Per farci stare tutti i nomi sono stati aggiunti due cilindri che la rendono ancor più pesante sia da vedere che da sollevare e le tolgono un po’ dell’aspetto antico iniziale. Delle copie si sa poco, naturalmente è tutto intriso della stessa leggenda che pervade tutto l’evento di cui ognuno ha la sua verità. Una è visibile a Gstad (avete letto bene, località di montagna) dove un esclusivo Yacht Club per banchieri sciatori sfida le temperature peggiori e manda in giro il suo guidone, non è chiaro se sia una copia originale (come affermato) o più realisticamente una copia realizzata con gli stessi stampi, conservati ancora da Garrard. Lo Yacht Club di Gstad aveva anche pensato a fare davvero la Coppa America, ma alla fine l’evento rompe la serena tranquillità delle primavere tra le stelle alpine. Molto più gustosa la leggenda sull’altro esemplare, che sarebbe sul caminetto di Ted Turner nel Texas: captain Outrageous avrebbe, secondo i più fantasiosi, addirittura sostituito la Coppa quando l’ha vinta con quella originale. In realtà la “originalità” della Coppa viene controllata attraverso marche e segni che solo alcuni depositari conoscono e che di tanto in tanto controllano. La Coppa viaggia in aereo, ma sempre su un sedile da passeggero e sempre controllata da una guardia del corpo.
Rimpianto: si chiama così lo stato d’animo di Max Sirena e del suo equipaggio al rientro in banchina dopo aver perso altre due regate contro Emirates Team New Zealand nel quarto giorno della Louis Vuitton Cup, che valgono il 4 – 1 per i kiwi. Ai ragazzi di nero vestiti che arrivano dall’ altro emisfero servono altre 3 vittorie per accedere al vero titolo di Challenger, vittorie che possono arrivare abbastanza facilmente nei prossimi giorni soprattutto con vento medio leggero come quello di ieri. Luna Rossa infatti spera sempre di più con vento forte.
La cronaca è molto breve per la prima regata: Chris Draper è partito maluccio perché dopo aver costruito bene la posizione ritarda, nella speranza di rallentare l’avversario orzando, il momento in cui lanciarsi in velocità verso la prima boa. Ai kiwi bastano pochi secondi di anticipo nella poggiata per cominciare a mangiare vento alzarsi sui foil e diventare imprendibili. La solita storia, il solito film già visto. Anche se, a dirla tutta, sembra che ci sia una differenza di velocità ma anche che essere davanti sia troppo importante. Il ritardo sul traguardo 2 minuti e 17 secondi. Altri dati significativi? La velocità media di Emirates è di 26,94 nodi per un vento di 14 alla partenza, quella di Luna Rossa 25,29; velocità di punta per i vincitori 44,04 nodi, per Luna Rossa solo 39,99. Sembrano differenze elevate, eppure si costruiscono con piccoli particolari. I neozelandesi dal momento del varo della loro prima barca a queste regate hanno guadagnato 15 nodi in velocità massima a pari vento. Dai 30/33 che sviluppavano i primi giorni di foiling sono arrivati a sfiorare i 50. Con per un monoscafo tradizionale è un guadagno impensabile eppure sono differenze costruite non solo con le modifiche a scafi, ali e derive ma anche con i piccoli particolari del “boat handling” (conoscere a fondo la propria barca) in cui sembrano migliori anche degli americani. Dice una fonte da lasciare anonima “ci siamo resi conto che più sali in velocità più contano le piccole cose, particolari di regolazione, limature. Alla fine Luna Rossa non è molto diversa da noi, è anzi praticamente la stessa barca, ma meno evoluta”. Insomma anche che Luna Rossa, che condivide il progetto del primo scafo, potrebbe essere più vicina all’avversario. Dove sta la differenza? Sicuramente ha un po’ di ragione MAx Sirena quando fa capire che i kiwi si sono tenuti qualche segreto e le chiavi per evolvere il progetto. Però lui stesso ammette che lavorando di più si poteva essere più vicini.
Ma torniamo alle regate molto più da raccontare per la seconda prova, con Draper più reattivo la Luna riesce a restare molto più vicina all’avversario nel lato di poppa dove il tattico Francesco Bruni intuisce bene come approcciare il cancello (si passa tra due boe) in maniera da annullare il piccolo vantaggio kiwi e addirittura mettere la prua davanti. Ma qui si comincia a vedere tutta la differenza di potenziale tra le due barche e i due equipaggi. New Zealand parte alla rincorsa, salta come un cavallo che schiuma stretto di morso e spinto di speroni, fuori dall’acqua, accelera in foiling supera e controlla la Luna. Sono bei momenti… di speranza, ma si comprende il grande lavoro dei kiwi e come siano sempre in grado di uscire dalle situazioni critiche. Emirates vince ancora con un minuto e 27 secondi di vantaggio. Il vento è poco sopra i 19 nodi, ETNZ impiega un minuto meno che nella regata precedente, chiudendo in 24 minuti 25 secondi alla media di 28,44 nodi contro i 27,29 di Luna Rossa. Punte massime per i kiwi di 43,77 e 39,23 per Luna Rossa. Finora il foiling era stato una abitudine di poppa ma raramente si era visto di bolina. Questa manovra potrebbe dimostrare che Emirates Team New Zealand può perfettamente farlo anche di bolina ma che non lo vuole mostrare a Oracle che in alcuni casi è sembrato in grado di farlo, soprattutto in alcuni allenamenti contro Artemis. Il vero problema del foiling di bolina è controllare l’altezza a cui tenere lo scafo: se si alza troppo si comincia a scarrocciare molto e una regolazione continua non è facile, anzi poco possibile.
I rimpianti di Luna Rossa? Li spiega lo skipper italiano Max Sirena: “a ogni regata ci rendiamo conto che se avessimo avuto più tempo per navigare e mettere a punto la barca saremmo più vicini ai kiwi. Siamo contenti anche così per quello che abbiamo fatto”. Forse Max vorrebbe dire, ma non può, dovevamo crederci prima, crederci di più. Tutto succede sullo sfondo di una edizione della Coppa America che tutti vogliono a tutti i costi criticare. Eppure la velocità, l’azione, ha qualcosa di leggendario che non rivedremo tanto presto e che resteranno nella storia di un evento scritta con la grammatica degli eccessi, quasi mai delle cose ragionevoli. Ma la Coppa insegna: se vinceranno i kiwi con i loro capelli grigi sarà la vittoria dell’esperienza, quella di un equipaggio stabile cresciuto per gradi dove alla gioventù si da un significato relativo.
Oracle ha ritirato su indicazione della Giuria la ridicola protesta per “trepassing” ma ne sta inventando di nuove mentre non ci sono novità sul caso più spinoso di Oracle. Riparato il timone rotto si è allenata con regate tra i due equipaggi sullo stesso percorso: sembrano veloci anche se non così rapidi nelle manovre, più sintonizzati su vento medio. Mentre il confronto di Emirates con Luna Rossa sembra proprio a senso unico la Coppa America potrebbe non esserlo, questo comincia a preoccupare qualcuno.
Nel giorno di riposo nelle basi chiuse si lavora alacremente: Luna Rossa ha sistemato la rottura alla pulegge della base albero mentre Emirates ha completato la sistemazione delle coperture aerodinamiche della piattaforma che si erano demolite nell’ingavonata. Ma a tener banco, o meglio far sorridere, è la contro protesta di Oracle nei confronti di Emirates TNZ e Luna Rossa che avrebbero “trepassed” (superato i confini) per sbirciare sugli AC 45 alla ricerca di prove delle loro malefatte. Questo succede poche ore dopo che la Giuria Internazionale, profondamente infastidita dalle continue pressioni a dimenticare il caso, ha emesso un comunicato piuttosto minaccioso che chiarisce che sta continuando a lavorare per arrivare a risolvere il caso segnalato dagli stazzatori. Ricordiamo che durante i controlli per la Red Bull Young America’s Cup gli stazzatori hanno rilevato in due delle tre barche messe a disposizione da Oracle delle irregolarità. In un primo momento sembrava che si trattasse di tutte e tre le barche Oracle (ovvero quella targata Coutts o Slingsby, quella di Spithill e quella di sir Ben Ainslie JP Morgan) poi pare per un errore di comunicazione tra stazzatori e Giuria una delle tre è stata considerata “pulita”, quella di Coutts. Dopo il primo comunicato della Giuria l’inglese Ben Ainslie, che ricordiamo è il velista più medagliato di tutti i tempi e ha una certa reputazione da difendere, ha subito scritto una nota in cui dichiarava di non essere a conoscenza delle modifiche e che stava usando la barca così come messa a disposizione da Oracle e che preferiva ritirarsi (postumo) da tutti gli eventi delle World Series. Poco dopo anche Russell Coutts dichiarava di ritirare tutte le barche dalle WS (entro pochi giorni devono anche restituire i premi) addossando la colpa a dei boat builder che di loro iniziativa avrebbero migliorato le barche. Difficile credere che lo shore team, per quando molto bravo, faccia tutto da solo e senza almeno il parere di un progettista. Inoltre sembra molto ingenuo che nessuno abbia rimesso le cose a posto prima della Red Bull Youth… davvero pensavano che i controlli fossero un tanto al metro? Coutts e Ainslie hanno talento da vendere e nella loro carriera di solito hanno vinto per bravura. Le loro carriere al momento sono tanto diverse: ancora velista l’inglese, manager con le idee non proprio chiare sul marketing sportivo il neozelandese. Resta che quello Oracle e i suoi AC 45 è un pasticciaccio brutto, perché quel che trapela è che il “tweaking” delle barche va ben oltre i due chili e mezzo di peso aggiunto alla base del bompresso, che servirebbe a tener giù le prue con bonaccia e choppy sea. Ci sarebbero anche water ballast, derive che si muovono per salire meglio di bolina: radio banchina non è affatto generosa, e questo sarebbe il vero motivo per chi la Giuria continua a indagare con forza e per cui starebbe per esplodere un caso Lance Armstrong anche a San Francisco, e pensare che gli americani sono così attaccati alla lealtà sportiva… Max Sirena ha usato la situazione per innervosire Oracle accusandoli apertamente di aver barato: “io non avrei mai ritirato le barche, da innocente, e io so cosa succede nella base e sulle barche fin nei minimi particolari, impossibile che Coutts non sappia”. Nel suo comunicato la Giuria ha affermato che sta procedendo in due direzioni: una indagine verso le persone secondo la regola 69 del regolamento internazionale (comportamento antisportivo) contro le persone e secondo la regola 60 del Protocollo, che prevede una sorta di vilipendio alla Coppa e questo contro il Team intero. Ora si aprono diverse prospettive: Ainslie in qualche modo si è discolpato, anche Coutts dichiarandosi troppo impegnato per sapere nei dettagli. Chi non lo ha fatto è James Spithill che con il suo equipaggio sembra al momento quello che rischia di più sul piano personale e della famigerata 69: lui e i suoi fedelissimi che hanno navigato su uno degli AC 45 modificati potrebbero essere sospesi per un tempo che gli potrebbe impedire di disputare la Coppa America, o potrebbero esserlo dopo, ma non sarebbe una gran punizione anche se una macchia nel curriculum. Con Spithill, già timoniere di Luna Rossa a Valencia e vincitore della Coppa nel 2010 con Bmw Oracle, a San Francisco 2012 hanno navigato Dirk de Ridder, John Kostecki, Jono MacBeth e Joe Newton. A dire il vero ragazzi, anche questi, che non avrebbero un gran bisogno di barare. Se le persone rischiano la sospensione, abituale in campo Isaf per infrazioni di questo tipo, il Team invece può rischiare cose diverse secondo Protocollo: una multa o più verosimilmente punti di penalizzazione. Come era successo a OneWorld accusato di aver avuto a disposizione i dati di un progetto di un team avversario. Allora la materia era confusa: Laurie Davidson era stato il progettista di New Zealand e ovviamente conservava, anche solo nella memoria (non quella del Pc ma quella professionale personale), dati del suo lavoro e delle sue idee, determinante per il team fu la confessione di un designer che confermò di aver avuto Pc vecchi a disposizione, non completamente formattati. Dichiarazioni sul filo del rasoio, come adesso. Un caso molto clamoroso di 69 (in realtà a quel tempo numero 75) fu quello di Thomas I-Punkt dell’armatore Thomas Friese all’Admiral’s Cup e alla one ton Cup dell’87, emerso dopo molti mesi di tentativi e indagini per confessione di Andrew Cape, uno dei membri dell’equipaggio. Il sistema era ingegnoso: c’è una pompa di sentina che poteva oltre che espellere acqua anche farla entrare. L’equipaggio riempiva dei serbatoio morbidi da 250 litri che venivano lasciati in alloggi sopravento per poi essere tagliati e buttati in mare prima dell’arrivo delle prove d’altura. Riepilogando cosa può succedere di concreto a Oracle? In realtà di tutto: dalla squalifica delle persone con il timoniere titolare James Spithill in testa alla multa in denaro o alla penalizzazione in punti. La materia, dicono, è concreta. Gli americani sperano finisca a tarallucci e vino, ma non pare sarà così.
Il programma di regate di San Francisco procede lentamente, anche ieri una sola regata delle due previste, la numero tre e la numero quattro, il vento nel pomeriggio supera quasi sempre i limiti suggeriti da Iain Murray e imposti dalla Coast Guard. Ma come al solito non è mancato il colpo di scena e questa volta è toccato a Luna Rossa rompersi concedendo a Emirates Team New Zealand il punto del 2 -1. Ancora una volta una rottura da pochi soldi ha fermato uno dei concorrenti, ed è successo poco dopo il primo lato di poppa, durante il quale Luna Rossa si era molto onorevolmente difesa da Emirates Team New Zealand che riprende così il comando. Si è rotta una batteria di pulegge affogate nel carbonio a base ala da cui passano tutte le scotte che servono a controllarne il twist necessario a regolare la potenza della vela rigida. E’ fondamentale, perchè con vento forte il twist può essere addirittura negativo e la parte alta dell’ala può servire a ridurre lo sbandamento. Prima del guaio? Bella partenza di Chris Draper, e ottimo il lato di lasco dove Luna Rossa ha mostrato la velocità simile a quella degli avversari. La barca italiana che ha ceduto solo qualche decina di metri a Emirates prima del cancello di poppa e subito dopo la rottura. Ai più ovviamente, questo non piace: la regata per il momento in questa fase cruciale sembra una corsa a eliminazione. Tutti hanno rotto di tutto, sia gli americani in allenamento che hanno anche perso un timone, sia gli sfidanti e perfino, come abbiamo visto, i neozelandesi che sembravano avere la barca più collaudata. “La ragione c’è – spiega lo skipper italiano Max Sirena – finora abbiamo corso da soli oppure in regate poco impegnative e solo adesso ci troviamo a combattere un confronto dove è necessario usare tutte le armi, tirare a vincere. Quello che non si è rotto finora cede… ripariamo una cosa ma sappiamo che forse domani se ne romperà un’altra. Non possiamo prendercela con il tipo di barche, la formula è nuova e stiamo imparando tutti, velisti e progettisti. In una prossima edizione con le stesse barche sarebbero più mature e più affidabili, oltre che più simili come velocità”. Dopo sole tre regate e tutte le notti passate a far riparazioni negli hangar c’è aria di bilanci, prosegue Sirena:”io credo che abbiamo fatto un buon lavoro e dall’ esterno si comprende poco, perché non ci sono stati avversari a dar valore ai risultati. Siamo partiti senza favori del pronostico e ci troviamo a pensare che potremmo anche battere i neozelandesi, che hanno mostrato finalmente qualche incertezza. E io so che i kiwi sono forti se continuano a vincere ma si possono battere quando la situazione diventa più difficile. Il punto che abbiamo conquistato è storico per noi”. La Louis Vuitton Cup riposa un giorno, i team aggiustano, rinforzano, discutono. E’ il momento degli shore team, degli equipaggi di terra. Luna Rossa è solida in questo reparto e può tornare in acqua mercoledì in buona forma.
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