La Coppa America sorprende ancora e la sesta drammatica giornata di regate si chiude con una vittoria per Oracle, 47 secondi di vantaggio e una per Emirates Team New Zealand, 16 secondi. I kiwi restano saldamente in testa con 7 vittorie a 1 ma qualcosa di nuovo si è visto, qualcosa che intimidisce i favoriti. Oracle va molto più forte di come l’avevamo mai vista. Le modifiche di questi giorni hanno avuto successo. Dean Barker lo racconta così: “non mi sarei mai aspettato un miglioramento del genere da Oracle. Se si pensa a dove erano quando abbiamo iniziato la serie di regate e come sono diventati competitivi adesso è quasi incredibile il salto in avanti che hanno fatto in tutti i settori dalla barca alla manovra. Anche noi progrediamo continuamente, la curva di apprendimento con queste barche è ancora verticale e ogni giorno impariamo qualcosa. Il nostro risultato finale non è affatto al sicuro anche se abbiamo un buon vantaggio, questa è la edizione più dura della storia, solo l’ 83 può competere”. Lo storico incontro tra Liberty e Australia II, deciso nell’ultima poppa. La freddezza di Dean si è incrinata un poco in queste due giornate difficili, in cui conquistare una vittoria è costato molte energie. New Zealand finora ha avuto vita tranquilla dimostrando sempre una superiorità sui concorrenti che in qualche modo può averla intorpidita nonostante gli stimoli che ogni giorno trova Grant Dalton.
“Il punto di oggi è importante, era necessario” prosegue Dean. E’ così, è quasi un match ball perchè ricostruisce la fiducia dopo la serie nera usata da Oracle per vincere due regate. Tutti si chiedono se gli americani possono rimontare la loro posizione e cambiare il risultato che sembrava ormai segnato. Di sicuro Oracle, rinvigorita dalle modifiche alla barca con spostamento di pesi e una regolazione diversa delle derive oltre che dall’arrivo di Ben Ainslie a bordo ha dominato la prima regata. E’ partita in testa chiudendo la porta a ETNZ e non le ha mai lasciato spazio. Le chiamate tattiche di Ainslie, che adesso dispone anche di velocità (la barca veloce ha sempre reso bravo il tattico), sono state lucide e non hanno consentito rimonte. Molto più combattuta regata dieci, dove Dean ha dovuto rinunciare a una condotta prudente in partenza per non lasciare vantaggio a James Spithill, e gli è riuscita una manovra che finora non avevamo visto, infilarsi tra l’avversario e la boa mantenendo l’ingaggio. Chi è sotto subisce il windwash e finisce per rallentare. La regata non è stata facile perchè Oracle ha espresso una grande rimonta di bolina e si è decisa nell’approccio alla boa al vento dove sono arrivati dopo una serie di incroci che sono sembrati sorpassi da Gran Premio motociclistico. Decisiva la scelta di Davies di andare a correre sulla destra del campo, buona per prendere più vento (di solito c’è un canale più forte al centro della baia) e per presentarsi mure a dritta all’incrocio con Oracle. Infatti New Zealand ha conquistato qualche decina di metri e quando Oracle si è avvicinata mure a sinistra Spithill ha incredibilmente tolto l’acceleratore, perdendo definitivamente la regata. Chi era contento? Larry Ellison dal gommone di Oracle ha dimostrato di gradire la vittoria. Le prossime due regate sono martedì, se Emirates le vince chiude la pratica e porta a casa la Coppa.
Il massimo trofeo velico
La bella Coppa America di New Zealand poteva finire alla fine della bolina di regata otto e per la prima volta dall’inizio della regate i kiwi hanno vissuto una situazione davvero pericolosa, che poteva scrivere la parola fine della loro sfida. Per fortuna hanno avuto quel pizzico di fortuna che li ha aiutati ha raddrizzare, letteralmente, la situazione. Il confine tra il disastro e la sopravvivenza è stato davvero labile: i kiwi erano alla fine della bolina, la più combattuta di tutte quelle viste finora contro Oracle, e la barca neozelandese in una virata stretta si è pericolosamente alzata su uno scafo. Ha raggiunto una inclinazione di 44°, bastano due, tre gradi di più per poggiare l’ala sull’acqua, che sarebbe finita inevitabilmente distrutta. Poi con la corrente che spingeva verso l’oceano anche il recupero dello scafo ribaltato sarebbe stato molto difficile e dopo quasi impossibile pensare di proseguire le regate e vincere la Coppa. Insomma un piccolo problema idraulico, questa la versione ufficiale, che ha impedito all’equipaggio di invertire la forma dell’ala poteva essere fatale. I kiwi hanno mantenuto il sangue freddo e hanno cercato di completare la manovra: gli uomini ai grinder hanno continuato a far andare le braccia per dare potenza al sistema idraulico fino a quando la situazione è tornata sotto controllo e sono riusciti a invertire il twist. Per alcuni interminabili secondi nella baia di San Francisco sono rimasti tutti con il fiato sospeso, di più i quattro milioni trecentomila neozelandesi incollati alla televisione, nel giorno in cui il Governo per dar modo di seguire le regate ha perfino deciso di chiudere le scuole per consentire ai ragazzi di restare in famiglia. La vela è proprio uno sport nazionale dalle loro parti. Fino a quel momento New Zealand era andata forte, aveva controllato l’avversario anche se non con quell’autorità che aveva mostrato gli altri giorni. Oracle si è presentata sul campo con delle modifiche ed era sembrata più equilibrata, più vicina sia in bolina che in poppa, e anche il tattico Ben Ainslie più efficace che nel suo primo giorno. Dean Barker aveva vinto la partenza, dimostrando che non teme le aggressioni di James Spithill. Racconta Dean Barker: “per un problema all’idraulica l’ala è rimasta nella posizione che aveva prima della virata, mancava la potenza per invertire la forma. Ci siamo salvati perché i grinder hanno continuato a fornire potenza e finalmente siamo riusciti a regolarla”. Nota di superstizione: il general manager Grant Dalton nella regata maledetta non era a bordo, come in quella persa qualche giorno fa. Grant non ha l’età per fare il grinder, anche se ha ancora un fisico preparato arriva a fine regata boccheggiante. Adesso, sembra condannato a salire sempre a bordo. Dopo il fattaccio New Zealand ha inseguito per arrivare al traguardo con un ritardo di 52 secondi: interessante notare come non siano minuti, non ostante quello che era successo. Dopo la regata il punteggio è di 6 a 0, Oracle ha finalmente colmato la penalizzazione imposta dalla Giuria Internazionale ma il bilancio è ancora negativo: deve vincere altre nove regate contro le tre che bastano a New Zealand. La seconda regata del giorno è partita con i New Zealand al comando, ma è stata interrotta perché il vento è salito oltre il limite imposto dalla Guardia Costiera. Si torna in campo oggi.
I dati
Percorso: 5 Legs/10.16 nautical miles
Elapsed Time: OTUSA – 23:09, ETNZ – 24:01 Delta: OTUSA +:52
Total distance sailed: OTUSA – 11.4 NM, ETNZ – 11.7 NM
Average Speed: OTUSA – 29.90 knots (34 mph), ETNZ – 29.32 knots (34 mph)
Top Speed: OTUSA – 44.58 knots (51 mph), ETNZ – 47.02 knots (54 mph)
Windspeed: Average – 16.6 knots, Peak – 19.6 knots
Number of Tacks/Jibes: OTUSA – 8/8, ETNZ – 9/7
La Coppa America si avvicina alla fine, dopo le regate sei e sette l’ago della bilancia pende decisamente dalla parte di Emirates Team New Zealand, le ha vinte tutte due, adesso per vincere le servono altre tre vittorie mentre Oracle dovrebbe arrivare a dieci, una impresa che a tutti sembra disperata. Oracle e New Zealand nei primi giorni avevano dato spettacolo vero, adesso sembra che i neozelandesi abbiano preso la misura e mentre gli americani proprio non vanno. Per reagire alla sconfitta che l’altro giorno ha portato alla richiesta di rinvio su Oracle oltre ad alcuni aggiornamenti tecnici è stato sostituito il tattico: al posto di John Kostecki il medagliatissimo sir Ben Ainslie, considerato il più forte velista con i suoi quattro ori olimpici consecutivi e un argento. Ben era il timoniere di barca due ed era anche strano che fosse relegato alla panchina. Del resto Kostecki aveva accompagnato il timoniere James Spithill lungo tutto il percorso delle World Series, ma la sua scelta tattica in regata cinque è stata considerata un errore grave, ripresa dalla stampa di tutto il mondo che ha finalmente trovato qualcuno da mettere sulla graticola. Chi sperava però di mettere il turbo alla barca con la sua sostituzione si è sbagliato, come sempre i cambiamenti dell‘ultimo minuto non servono a molto. Un vecchio adagio dice che la Coppa America si vince al 95% prima dell’inizio delle regate, che servono solo a riscuotere l’assegno scritto durante la preparazione. Nelle due regate del quarto giorno invece Emirates ha dominato in lungo e in largo: nella prima è partita in ritardo di ben otto secondi ma ha recuperato come un aeroplano in bolina, mostrando una grammatica di scelte tattiche e di velocità impressionanti andando a vincere per 46 secondi. Nella seconda Dean Barker è anche partito bene, lasciando con facilità nella scia gli increduli ragazzi di Ellison che hanno perso per un minuto e sette secondi. Il vento era poco rispetto al solito, 10/12 nodi, ma le barche hanno raggiunto comunque velocità attorno ai 40 nodi. I tattici sono i protagonisti della giornata, da una parte il baronetto Ben con l’altera sicurezza del campionissimo dall’altra la saggia semplicità di Ray Davies, un ragazzo sempre sorridente con un fisico normale, che si diletta suonando il basso durante i party per la vittoria. Sta già accordando lo strumento perchè Ben non aveva quei due nodi di velocità in più di bolina che davvero potrebbero fare la differenza ma che non si trovano nella base di Oracle: dove si saranno nascosti? Oracle è ormai un burattino inanimato, sembra perfino impossibile che abbia vinto una regata, facendoci gridare allo spettacolo. Domani riposo, poi due regate sabato. Domenica potrebbe finire tutto.
I numeri
Regata 7 – Percorso: 5 lati/10.14 miglia nautiche Tempo percorrenza: ETNZ – 24’48”, OTUSA – 25’54” Delta: ETNZ +1’06” Distanza coperta: ETNZ – 11.6 miglia nautiche, OTUSA – 12.0 miglia nautiche Velocità media: ETNZ – 28.32 nodi, OTUSA – 27.86 nodi Velocità massima: ETNZ – 44.73 nodi, OTUSA – 41.00 nodi Velocità del vento: Media – 16.3 nodi, Picco – 17.8 nodi
Regata 6 – Percorso: 5 lati/10.14 miglia nautiche Tempo percorrenza: ETNZ – 31’39”, OTUSA – 32’26” Delta: ETNZ +:47” Distanza coperta: ETNZ – 12.3 miglia nautiche, OTUSA – 12.3 miglia nautiche. Velocità media: ETNZ – 23.43 nodi, OTUSA – 22.91 nodi Velocità massima: ETNZ – 38.55 nodi, OTUSA – 40.21 nodi Velocità del vento: Media – 11.6 nodi, Massima – 13.4 nodi
La terza giornata di San Francisco, dovevano essere regata cinque e sei, è iniziata con l’ansia di una prova decisiva. Sarebbe stata infatti rivelatrice delle forze in campo, ovvero della concreta possibilità di Oracle di rimontare Emirates Team New Zealand, di difendere con successo la Coppa America (nel loro caso non si vince, si difende e questo definire i termini ha una sua importanza) per riuscire trattenerla nelle acque della California. Per tutti è ormai a mezza scaletta di un Airbus Emirates, ben chiusa nella sua valigia di pelle griffata, accompagnata dalla guardia del corpo. La Coppa non deve partire… e dopo questa terza giornata salta fuori che forse nella sterminata base di Oracle, un molo intero con cantiere e quant’altro bisognava pensarci prima. Costruire una velocità diversa, osservare meglio le api operaie che a Auckland ogni giorno mettevano un mattoncino nuovo, conquistando un decimo per volta ma anche qualche nodo. Il progresso dal momendo del varo di barca uno a oggi è impressionante: allora non passava i 35 nodi con bufera, oggi in una fase del pre-partenza ha quasi certamente bucato il muro dei 50 nodi. Peccato non ce lo dicono…
La cronaca è questa: si parte con vento di 18 nodi, per tutti è un cross over tra un modo di portare la barca e un altro. Sopra sembra che Oracle soffra meno. Dean spinge Spithill ma ancora una volta Oracle accelera bene ed è in testa alla prima boa. I kiwi inseguono restando attaccati a poche lunghezze lungo il lato di poppa. Dean Barker non molla, attaccato come un’ombra il nemico “devi navigare con loro nell’aria migliore, c’è un canale di vento forte dove bisogna star dentro, per poi attaccare dopo”. Al cancello di poppa ETNZ arriva con otto secondi di ritardo, poi inizia la bolina, la vecchia cara andatura controvento dove di solito, nel vecchio manuale, si vincono le regate. Oracle fa manovra molto strana: ha girato la boa a sud del cancello e logica vorrebbe che usasse tutta la velocità per orzare senza perdere acqua, ma qualcuno chiama la destra, la barca vira ed è quasi ferma, dopo pasticciano anche un po’ a nove nodi mentre New Zealand inizia la bolina senza virare ma anzi con tutta la potenza accumulata in poppa e guadagnando subito. Molti danno la colpa a Kostecki ma e pensarci bene non può essere la stessa persona ad aver chiamato prima la boa sud e poi la destra con virata, sintomo che a bordo si discute, qualcuno non crede più a Kostecki o l’errore è proprio il suo? Chi ha “over called” forse Slingby. Difficilmente sapremo come è andata davvero. Dopo si capisce anche molto in fretta che gli americani sono molto più lenti. I kiwi sono scatenati, usano la porta aperta da Oracle per iniziare la rimonta, che dura poco. La barca neozelandese, a leggere i dati numerici è sempre più veloce di quella americana almeno due nodi e orza almeno tre gradi di più, vira meglio con una specie di rolling tack che alza subito lo scafo. Ci sono momenti in cui naviga a 27 nodi, in semi foiling, ovvero con lo scafo che si solleva appena dall’acqua per ridurre il drag (guardare le scie come cambiano) .
Oracle, che nel giorno di riposo aveva subito delle modifica, sembra un cavallo zoppo: irriconoscibile rispetto alla regata in cui l’abbiamo vista combattere e vincere. Una prestazione, ci sta anche una battuta poco generosa con i nostri eroi ma certamente tollerata, da Luna Rossa. In altre parole la regata di Oracle ne rivaluta le prestazioni. Dean Barker chiude la pratica galoppando a pancia bassa con un minuto e diciassette secondi di vantaggio sul traguardo.
Gli americani sono tra lo sconsolato e l’infuriato. Qualcuno da la colpa a quella mossa sbagliata, tuttavia sembra che la barca neozelandese sarebbe stata un brutto cliente in ogni caso. E’ sempre faster and higher. Così a bordo di Oracle decidono di sfruttare il “jolly” ovvero di chiedere il “postponement” della seconda prova del giorno dove sarebbero di certo sconfitti. Spithill salta dalla barca al gommone per parlare con Coutts a voce e non per radio o telefono. La sospensione è tempestiva e probabilmente giusta, anche attesa dai kiwi, ma è anche un forte segno di debolezza, segno che si sono resi conto di non potere andare avanti. Sembra quasi una dichiarazione di resa. La conferenza stampa era gremita di spettatori, Patrizio Bertelli compreso in attesa di iniziare le sfilate ma interessato al prossimo Protocollo di cui sarà con ogni probabilità Challenger of Record.
Intendiamoci, può ancora succedere di tutto, ma di fronte alla forza dei nervi distesi dei neozelandesi, che oggi nel giorno di riposo faranno semplice manutenzione è un segno di nervosismo. Ray Davies, simpatico tattico dei kiwi: “se cambiano per noi è meglio, significa che stanno cercando un assetto che non hanno”. Sottintende anche che quando cambi qualcosa la devi anche provare, ed è difficile far miracoli quando gli altri ti aspettano al varco. Cosa possono cambiare? Di tutto, persone, derive, timoni. Il parterre di tattici e timonieri che possono schierare fa anche un po’ paura: da sir Ben Ainslie unico velista con quattro ori e un argento olimpici, allo stesso Russell Coutts sempre rimasto a terra ma che comunque in barca ci sa andare. James Spithill, timoniere dalle partenze fulminanti ha detto “non sono sicuro nemmeno io di essere a bordo…”. Come dire Larry Ellison può arrivare e fare una rivoluzione, come ha fatto in passato. Gli uomini nuovi li possono anche avere, ma hanno 36 ore per trovare 2,5 nodi di bolina, una impresa davvero difficile. Il programma prevede per il prossimo giovedì due regate. Il punteggio è Emirates New Zealand 4, Oracle meno uno.
Che giornata, che Coppa America. I sacerdoti della tradizione, gli aggrappati al vecchio sono rimasti li con il naso sul vetro e la gocciolina di umido che cala: anche con questi ragni da cento all’ora che si sfiorano, che stanno imparando una nuova danza, una nuova match race fanno spettacolo. A ogni epoca il suo, e sembra proprio che questo sia il nuovo che avanza. Sul piano numerico la giornata finisce uno pari, una vittoria per Emirates Team New Zealand e una per Oracle, distacchi piccoli, battaglia tanta. Dopo quattro regate i punti sono tre per Emirates Team New Zealand e meno uno per Oracle. Regata tre la più avvincente: James Spithill ha deciso per l’assalto all’arma bianca e Dean Barker, che invece vuole restare lontano dai guai per scatenare i cavalli sul percorso deve subire e accettare una penalità. Però la penalità (queste barche non devono compiere un giro su se stesse come i monoscafi, ma vengono rallentate dagli arbitri per un periodo che ritengono sufficiente) non basta a dare via libera alla barca americana. Inseguita, braccata dai diavoli neri viene superata lungo la bolina con manovre magistrali dei neozelandesi che sanno sfruttare ogni metro e ogni virata. Quando sono finalmente liberi i kiwi allungano un poco il passo e vanno a vincere con 28 secondi di vantaggio. Regata quattro parte con le stesse intenzioni: Barker non vuole problemi, soprattutto dopo la penalità. Spithill vede una buona occasione nel lanciarsi all’interno con un tempo perfetto e una velocità migliore. Passa in testa la prima boa e questa volta ci resta. Emirates è sempre li, con il fiato sul collo, ma non ci sono corsie di sorpasso da sfruttare e la miracolosa bolina della regata precedente non riesce: costretto dalla situazione al bordeggio dalla parte sbagliata del campo prova più mosse, compreso un tentativo di fare foiling anche di bolina ma insegue sempre. Anche nell’ultima poppa dove si avvicina tanto ma non sorpassa: al traguardo Oracle ha solo otto secondi di vantaggio. Quasi nulla. Per gli americani una vittoria significativa, che dimostra che la loro barca non è poi tanto inferiore a quella kiwi e che ogni giorno stano imparando qualcosa. Del resto si tratta di un equipaggio di campioni, è anche difficile pensare che non sappiano reagire. La cosa più eloquente sono i sorrisi in casa Oracle, che dicono una cosa tipo “ce la possiamo fare”. Ce la faranno? Dipende dalla loro capacità di reazione, da come sapranno usare il giorno di riposo che hanno davanti per la messa a punto della barca. D’altra parte anche i kiwi crescono e martedì per regata cinque e sei potrebbero avere delle derive nuove. Il gioco è del tutto aperto. James Spithill, eroe del giorno dice: “le velocità sono simili, dobbiamo migliorare in virata. Queste barche sono veramente faticose per tutto l’equipaggio meno che per me al timone. L’equipaggio è sempre sotto pressione, non sono mai stato su una barca così”. Per chi ama i dati numerici in regata quattro Oracle per la prima volta è stata più rapida di ETNZ con 45,97 nodi mentre i kiwi hanno segnato 44,98.
E venne il giorno della prima grande battaglia, della singolar tenzone che chiamiamo match race e Coppa America. La regata delle regate ha finalmente indossato il vestito buono, non black tie delle serate mondane che tanto piacciono ai commentatori a caccia di gossip e inutilità varia, non la giacca blu con i bottoni d’oro con cui si varca la soglia degli yacht club strappandosi inviti esclusivi, non la polo griffata con cui ci si avvicenda . Il vestito buono è quello della lotta per la sopravvivenza, nel caso specifico fatto di una stratificazione di mute, salvagenti, bombole di ossigeno, caschi e quant’altro fa somigliare questi velisti a giocatori di football americano. Dopo la prima giornata di regate il vincitore è Emirates Team New Zealand: due vittorie ben costruite, due punti che avvicinano la Coppa America al primo piano del Royal New Zealand Squadron di Auckland. Nessuna regata di un giorno, nessuna corsa ha mai richiesto tanta adrenalina e potenza fisica: magari paura si, in mezzo all’oceano, ma quella paura dei marinai, che affrontano ogni mare con le infradito o i piedi nudi. Qui non si può, non si scherza più: è l’analogo della Formula Uno. Sbagli ed è testa coda, dietro il volante c’è il muretto. Finora la Coppa è stata poco eccitante nello scontro one to one anche se lo è stata per tecnologia e velocità, ma è bastata la prima bolina della prima regata ad accendere gli animi, ad alzare le pulsazioni e riportare la Auld Mug sul palcoscenico buono. Finalmente sapore di sfida, clangore d’armi medievali, lance spade, cavalli infuriati. Le facce nel campo di Oracle sono eloquenti, la sconfitta pesa già. Regata uno inizia con un bel duello in partenza, dove Dean Barker, un po teso al mattino, controlla l’avversario e si lancia in testa alla prima boa. In tutte le regate disputate finora questo è stato in pratica l’unico momento di tensione vera. Il vento è sotto i 14 nodi e con quest’aria Oracle cammina forte: succede che non perde acqua e resta attaccato a New Zealand che gira male la boa e perde una frazione di vantaggio. Nel gioco mure a dritta mure a sinistra Oracle passa in testa e sembra contenere e controllare Emirates che il tattico Ray Davies porta a navigare dove l’isola di Alcatraz protegge il campo dalla corrente. Oracle perde Joe Newton in mare, scivola sul lucido della traversa. I kiwi ripassano e controllano, conservano il loro vantaggio con i denti e chiudono con un vantaggio di 36 secondi. L’impressione è che ci sarà battaglia anche se i kiwi tirano un bel sospiro di sollievo. I dati tecnici sono media di ETNZ 30,07 nodi, velocità massima 43,54. Per Oracle media 28,58 con velocità massima di 42,51.
Regata due vive una partenza più confusa, con una piccola collisione su orzata, richieste di penalità non assecondate dalla giuria e poi la nuova corsa di New Zealand in testa. Questa volta Oracle, con vento più forte, applica una tattica di attesa: spesso dalla stessa parte aspetta di poter passare su errore. Che non arriva, la regata si chiude con un vantaggio di 52 secondi per i kiwi. Le medie salgono di poco, 30,12 per ETNZ con velocità massima di 46 nodi, 28,92 con velocità massima 42,87 per Oracle. Da notare che questi dati sono con il vento in crescita nella seconda regata, e potrebbero anche essere sintomatici di quanto sia la capacità delle due barche. ETNZ ha raggiunto fuori regata i 49 ufficiosi, Oracle non si sa. C’è davvero un margine per migliorare? Ci sono derive da cambiare montare? Difficile che i team non siano partiti con il materiale migliore: si sa che a ogni generazione di derive la velocità è migliorata sensibilmente perchè, come sempre nella vela, si è riusciti a ridurre la superficie bagnata senza pagare troppo in portanza.
Su Facebook Russell Coutts scrive: “dobbiamo lavorare per raggiungere i kiwi”, in sala stampa James Spithill dice: “velocità simili, ce la possiamo fare”. Dean Barker: “le prestazioni sono vicine, ci sono margini di miglioramento anche per noi, lavoreremo di notte”. Il futuro? Ancora incerto, Emirates deve vincere altre sette regate. Domenica altre due e poi, se non ci sono recuperi, si corre martedì.
Il filmato:
Joe Newton cade in mare
Inizia sabato la edizione numero 34 della America’s Cup, regata vecchia di 162 anni, un mito. Di fronte ci saranno Oracle e Emirates Team New Zealand. Oracle è la squadra voluta da Larry Ellison, ricco da essere sempre tra i primi cinque della classifica di Forbes, ha affidato tutto a Russell Coutts lo skipper che in Coppa ha vinto più di tutti, che ha costruito un team di 120 persone e con un budget tra i 120 e i 170 milioni di dollari, usando tutte le tecnologie disponibili negli Stati Uniti per far volare, e la parola non è casuale, le sue barche. Ci sono ex ingegneri Boeing, programmi di Dassault, centri di calcolo in tutto il mondo, anche in Italia, per rifinire le prestazioni dei catamarani classe AC 72. Russell Coutts ha scelto molte cose di questa edizione della Coppa America così contestata, soprattutto di spingere verso la velocità pensando che lì stesse lo spettacolo, che in realtà non piace a tutti quelli che ricordano la tenzone medievale. C’è una larga parte di velisti che preme per una contro riforma, per il ritorno all’antico. Ma ormai la strada è segnata, la Coppa del resto ha sempre guardato il futuro, e dalla velocità difficilmente si tornerà indietro. Nel lungo percorso per arrivare a queste regate purtroppo il team di Coutts ha modificato le barche di classe Ac 45, quelle piccole che hanno corso a Venezia e Napoli, e la Giuria Internazionale ha somministrato al team alcune pene dolorose, la più grave due punti di penalità che cancelleranno le prime due vittorie, poi la squalifica di quattro velisti tra cui il regolatore della wing (la vela alare) l’olandese Dirk De Ridder. Lo skipper è il mitico James Spithill, australiano e fortissimo in match race, uno dei grandi talenti della vela contemporanea, come molti dell’equipaggio. Il challenger Emirates Team New Zealand arriva dalla vittoria della Louis Vuitton dove non ha avuto, in realtà, avversari se non Luna Rossa di Patrizio Bertelli, un buon partner che sapeva di perdere ma voleva conservare squadra ed esperienza, imparare cos’è la velocità per partire in vantaggio la prossima volta. Emirates Team New Zealand non fonda la sua partecipazione sul denaro ne sul desiderio di un tycoon di comparire: lo stile kiwi è sempre quello di spendere lo stretto necessario e di essere una squadra. Il budget è arrivato a 110 milioni di dollari, ma quelli neozelandesi, fanno circa 80 milioni di euro. La squadra in realtà è una nazionale della vela, che vuole riportare la Auld Mug in patria non solo per lo sport, ma anche per sostenere l’industria nautica che è la seconda del paese (confronto impossibile con l’Italia, dove è stata demolita). Per questo ci sono finanziamenti governativi, si dice attorno ai 40 milioni di dollari neozelandesi, e una serie di sponsor tra cui anche marchi europei, come gli orologi Omega e Skyy Vodka (gruppo Campari). A tenere insieme le cose sul piano finanziario c’è un signore di passaporto americano e nome italiano Matteo De Nora, innamorato della sportività neozelandese. Sul piano sportivo il leader è Grant Dalton, signore degli oceani, e lo skipper Dean Barker. Sono due eroi nazionali, valgono come da noi Totti e Buffon. Chi vincerà? Non c’è pronostico, i neozelandesi sono un po’ più avanti nella conduzione della barca, sono davvero determinati. Gli americani sembrano più veloci in qualche condizione e con quello che hanno speso devono esserlo. Le regate iniziano sabato attorno all’una ora locale di San Francisco, forse basteranno i primi dieci minuti per capire chi vincerà le altre prove. Per portare la Coppa a Auckland al primo piano del New Zealand Yacht Squadron, Aeteoroa deve vincere nove regate, Oracle per tenerla nel Golden Gate Yacht Club undici. Sarà una settimana difficile, veloce di sicuro.
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