Anche la regata 14 è stata rinviata, motivo ufficiale il vento instabile. Al mattino pioggia forte e vento da sud, condizioni che non si verificano da febbraio scorso secondo i locali. Ma dopo l’una come previsto piano piano il vento è tornato quello di sempre, la solita brezza, la solita direzione, un po più forte di quella del drammatico giovedì in cui ETNZ ha avuto la Coppa in tasca per tutta una regata. Non si sarebbe potuto completare il programma di due eventuali regate, ma di sicuro il tempo per farne una c’era, pur dando il via al limite del tempo massimo previsto, le 14 e 40. In realtà è stato un rinvio incomprensibile, perché il vento dopo le due era ormai steso sulla baia e le barche stavano navigando allegramente con l’intensità che stava salendo. Emirates Team New Zealand dopo l’annuncio avvenuto mentre si preparava la partenza è rientrata alla base esibendosi in un un simpatico foiling, così, tanto per dimostrare che si poteva fare. Se le altre regate erano state interrotte applicando alla lettera una regola, per quanto fatta male, questa volte è intervenuta una discrezionalità del Comitato che gioca a favore di Oracle in maniera piuttosto evidente. Perfino il tono con cui il Comitato dava le istruzioni è sembrato sarcastico, come a dire, rinviamo ma non si corre. Chi ha deciso? Indice puntato su Iain Murray, che controlla da vicino Harold Bennet, che a dire il vero è sempre stato piuttosto “fair” e apprezzato per la sua imparzialità.
ETNZ voleva regatare, queste erano le sue condizioni e non c’era motivo di rinviare veramente. Allungare il brodo è il gioco di Russell Coutts, che spera che intervenga qualche novità per tenere la Coppa. Oltre tutto non vuole perdere durante il week end con il pubblico sulle rive.
La festa è rinviata, ancora una volta. Ci sono state altre edizioni della Coppa di durata record, fino a 16 giorni per la vittoria di Alinghi nel 2003, oppure nel 70 dove le regate programmate erano molte meno.
Il massimo trofeo velico
Il tredici non porta buono alla Nuova Zelanda, che nella giornata che doveva essere del trionfo, della seconda storica vittoria in Coppa America si trova davanti una porta chiusa con un catenaccio fatto di nebbia, bonaccia. E’ ancora una volta tutto sospeso al filo dell’ultima vittoria per conquistare il nono punto, pensare che già domenica scorsa Emirates Team New Zealand poteva chiudere la pratica, prima che la corsa si impantanasse tra vittorie avversarie e rinvii per vento. Ci sarà ancora una notte di tensione, ancora un’alba di lavoro per lo shore team per montare la barca, ancora paura di un incidente. La cronaca è da infarto: il primo tentativo di correre la tredicesima regata della Coppa parte con vento debole sotto un cielo cupo, mai visto finora a San Francisco, e il corno da nebbia che suona come in una città dell’Adriatico. Dean Barker supera Oracle subito dopo la prima boa con una certa autorità, trovando il canale di vento giusto che gli fa alzare lo scafo, poi inizia la sua corsa. Che questa volta non è contro l’avversario ma contro il cronometro. Una regola “televisiva”, che ha pochi uguali nella vela, impone un tempo massimo di 40 minuti per completare la regata. Il vento, per quanto il tifo neozelandese spingesse, non è bastato a far guadagnare qualche nodo alla barca, che pur camminava a venti nodi, e la regata è stata sospesa quando era alla ultima boa prima dell’arrivo, con Oracle dietro di oltre 1000 metri vittima di ogni tipo di errore. Altri cinque minuti e la Coppa America sarebbe finita, con la vittoria dei dominatori. Invece no, una regola definita a tavolino perché fosse possibile completare entro il tempo previsto due regate al giorno per soddisfare programma e televisione (la seconda non deve mai cominciare oltre le 14 40) contrasta con il range di vento. In altre parole se si fa partire una regata con un vento di 8 nodi, che poi non è neanche cosi scarso, si deve prevedere che le barche ragionevolmente possano completare il percorso in tempo e il tempo massimo di solito è piuttosto lungo. Hanno navigato comunque spesso oltre i 20 nodi, usando il code 0 che abbiamo visto molto raramente. Insomma, dopo le sospensioni per troppo vento anche questi scherzi del regolamento che ancora una volta mostra tutte le sue lacune. La ripetizione della regata parte vicino al tempo limite, i kiwi sono pazienti e ripropongono una bella partenza, Oracle insegue da vicino ma è dietro. Dean però che ha visto da vicino la vittoria forse si è un po’ innervosito e forza malamente un incrocio lungo il primo lato di poppa, la giuria non può che assegnare una penalità ai kiwi che sono costretti a rallentare. Non basta, i kiwi inseguono rapidi e arrivano bene alla boa di poppa, dove ancora una volta pasticciano nell’ incontro con gli americani che navigano molto bene di bolina e trovano anche un fortunoso salto del vento a loro favore che rende ogni inseguimento nella poppa successiva del tutto inutile. Oracle vince con un vantaggio di 1 minuto e 24 secondi e si porta a 3 punti, ancora distante dagli 8 di New Zealand. Dean Barker appare un eroe solitario che continua a rinviare il suo incontro con il trionfo. La Coppa è tanto combattuta e per i kiwi si entra in una fase pericolosa: il programma finora è stato faticoso, pesante, e adesso che Oracle ha sistemato i suoi problemi di velocità è tutto più difficile. Adesso che succede? Si regaterà a oltranza fino a quando uno dei due raggiungerà i nove punti, necessari per regolamento. Speriamo presto
Battuta di arresto per Emirates Team New Zealand: Oracle ha vinto l’ unica regata del giorno avvicinandosi di un punto ai dominatori di questa Coppa America. Ancora una volta gli americani sono stati in grado di mostrare un incremento di velocità grazie alle loro modifiche e al modo di portare la barca. Gli americani dopo aver vinto la partenza, Dean Barker ha fatto un errore che ha ammesso strambando troppo presto in avvicinamento alla linea, hanno condotto tutta la regata e anche quando si sono visti raggiunti di bolina da Emirates hanno sfoderato un nuovo modo di navigare alzandosi in foiling anche di bolina alla velocità di 31 nodi, mentre i kiwi erano fermi a 27. Oracle ha vinto bene e il comitato dopo un tentativo di partenza ha sospeso la seconda regata del giorno fermando il punteggio sull’otto a due. Per gli americani si riaccende la speranza, per i kiwi si ritarda la festa per quello che ormai è un evento nazionale: gli spettatori della televisione sono il doppio di quelli della finale del mondiale rugby e il motivo sta nel pubblico femminile cui piace la vela e forse anche Dean Barker e tutti gli altri. Ormai la sospensione delle regate sta diventando una barzelletta, pochi secondi sopra la media e Iain Murray deve interrompere la procedura, non sembra che ci siano vie d’uscita alla situazione, perché su tutto domina la posizione della Coast Guard che, a quanto pare, non vuole cambiare le regole stabilite dopo il dramma di maggio. Spithill afferma che la situazione è cambiata molto e controllano molto meglio le barche. Ma le cose non cambieranno. Ancora una volta è stata sorprendente la capacità degli americani di trovare nuove soluzioni ogni giorno, metterle in campo quasi senza collaudarle. Qui si vede la forza di un team che ha speso molti soldi e che ha molte risorse, sostenuto da un armatore, Larry Ellison, che ha fatto la sua fortuna con il software. Lo dice in qualche modo James Spithill quando gli chiedono come facciano a credere alle modifiche che stanno per fare. Da sempre, nella vela, è difficile fidarsi ed avere successo con quello che non hai mai provato prima. “Devi credere nei numeri – dice Spithill – nelle previsioni dei progettisti”. Finora ha funzionato alla grande, nessuno credeva che potesse migliorare di un margine così consistente senza collaudare le intuizioni, senza un processo continuo di prova e riprova. I kiwi per parte loro avevano un assetto non perfetto per la giornata, ogni giorno infatti è una scommessa tarare timoni e derive per il vento previsto. Molte delle modifiche non sono realmente visibili, sono piccole variazioni nelle regolazioni dell’ala e del resto. I kiwi sembrano meno contenti di metter mano alla barca, anche perché al momento sono meno disperati. Ancora una volta questa Coppa America sorprende, cambia proprio il modo di guardarla, bisogna costruire una nuova esperienza ed essere pronti alle sorprese. I kiwi restano ancora tranquilli, sono a un punto dalla vittoria finale e gli americani devono rimontare sei vittorie. La filosofia progettuale delle due barche è diversa soprattutto nella struttura, mentre Oracle ha una architettura tradizionale che delega alle traverse tra i due scafi la rigidità dell’insieme Emirates ha una serie di tiranti che rendono tutto più rigido. Quando navigano la differenza si vede: Oracle tende a puntare verso il basso lo scafo che si alza in aria, perché è più elastico. Il grande lavoro di Oracle di questi giorni è stato nella maniera di regolare la barca, di inclinare l’ala. Molti a bordo affermano che si tratta più di boat handling che di tecnica.
La fine della Coppa America edizione 34 è molto vicina. Emirates Team New Zealand ha vinto alla grande la regata numero undici spazzando via tutte le nubi che le ultime belle prove di Oracle avevano alzato sul cielo della Coppa e di San Francisco. La capacità di modificare la barca, di trasformarla fino ad avvicinare le prestazioni dei neozelandesi è stata una bella impresa, che ha anche innervosito il campo kiwi, incrinando un poco la loro sicurezza. Ma non basta a rimontare l’8 a 1 di fronte a un equipaggio così solido. Ieri Dean Barker, che nel 2000 è stato il più giovane timoniere a vincere la Coppa, ha letteralmente dominato James Spithill in partenza e per il resto della regata il tattico Ray Davies non si è fatto intimidire dalle medaglie al collo del collega Ben Ainslie. E’ stata una regata vera, combattuta fino all’ultima boa dove quasi raggiunto Barker ha sfoderato una manovra da match racer vero impedendo all’avversario di prendere la posizione di interno in boa ingaggiato, la poppa era stata favorevole agli americani, che avevano rimontato un ritardo di oltre 300 metri fino ad arrivare a poppa dei kiwi che hanno navigato risparmiando le strambate, solo sei. Gli anni di allenamento insieme si vedono, il leader Grant Dalton 56 anni che non mollano le maniglie dei verricelli, arriva a fine giornata senza energie: pilastro solido del team sarà presto un eroe nazionale come lo è stato l’amico nemico Peter Blake, che prima di lui nel 95 ha portato New Zealand alla vittoria. Hanno navigato insieme attorno al mondo prima di separarsi e ormai le vittorie di Grant superano quelle di Peter. Le scuole, ormai è quasi una settimana di festa per la Coppa, erano chiuse in tutta la Nuova Zelanda e negli attimi del via immaginiamo un solo respiro per tutta la nazione davanti allo schermo. Al contrario, sono pochi quelli che a San Francisco hanno sostenuto la barca americana che dovrà fare il conto delle ferite e degli errori fatti. Purtroppo è andata delusa la speranza che fosse davvero l’ultimo giorno di questa lunga e combattuta Coppa America, la seconda regata del giorno è stata cancellata per eccesso di vento quando Dean aveva già fatto polpette del nemico. Insomma a quanto pare la festa è solo rimandata di un giorno, o forse due.James Spithill, un poco abbattuto in conferenza stampa, ha però trovato la forza di opporsi ancora una volta a chi critica la formula dei catamarani volanti: “per il pubblico è necessaria una rieducazione, il nostro sport è cambiato e gli va spiegato”.
Intanto è pronto l’accordo tra i kiwi e Luna Rossa, che sarà il Challenger of Record, ovvero il primo sfidante. I due team avranno la responsabilità di costruire la nuova edizione della Coppa America e anzi di più, assicurarle un futuro meno effimero, più solido, più sportivo. Poche informazioni sulla barca che verrà scelta, con una prevalenza del ritorno a un monoscafo veloce, mentre appare obbligata la scelta della data: estate australe 2017, vale a dire selezioni sfidanti nel novembre dicembre 2016 e regate della Coppa nel febbraio successivo. Troppo presto l’anno prima se si lavora con barche di una nuova formula, ci sarebbero pochi mesi per raccogliere le sfide e costruire le barche, e soprattutto c’è il pericolo che si sovrapponga alle Olimpiadi brasiliane.
Erano giovani… nell’anno 2000 quando il mondo ha scoperto il loro talento, James Spithill ventenne timonava Young Australia, barca che l’eccentrico armatore australiano Syd Fischer aveva voluto allestire per una squadra di giovanissimi. James era un pivello il piu giovane di un equipaggio giovane, era in mezzo ai più grandi della vela, vinceva le partenze con un grinta incredibile poi doveva arrendersi alla modesta velocità della barca, presa prestito tra quelle della generazione precedente. Gli aussie non avevano soldi, la base era su un pontone galleggiante, chi poteva gli prestava qualcosa per vederli correre. Nel 2003 mentre alcuni sindacati lo considerano di talento ma ancora acerbo Peter Gilmour lo ha vuole su One World, affermando che “troppo bravo al timone, io faccio il tattico”, nel 2007 approda a Luna Rossa e arriva alle finali Louis Vuitton Cup dove incontra finalmente Dean in un evento importante, che lo batte sonoramente con New Zealand. Nel 2000 Dean era il timoniere allenatore di Russell Coutts, giovanissimo e già completamente committed al team che è una nazionale della vela. Russell con un gesto sportivo gli ha lasciato il timone nell’ultima regata contro Luna Rossa, quella del 5 a 0. Su quella Luna c’era anche il giovane Max Sirena, a completare le scoperte del nuovo millennio. Forse il gesto di Coutts era anche un passaggio del testimone, un modo di indicare un successore sapendo che avrebbe lasciato il team. Nel 2003 lo squadrone neozelandese si ricostruisce attorno a lui, una parte dei fortissimi è finita su Alinghi, un altro nucleo su One World. In patria sono rimasti in pochi e giovani. Dean timona New Zealand contro Alinghi in una serie di regate disastrosa, la barca non è affidabile, rompe un albero si allaga. Nelle regate delle World Series per il 2007 si scopre che rimessa in sesto ed evitando di imbarcare acqua non era niente male. Nel 2007 Dean è sempre li: il timoniere titolare del team: vincono la Louis Vuitton Cup contro Luna Rossa e perdono la Coppa contro Alinghi vincendo due regate. Tutti e due hanno già vinto la Coppa, Dean nel 2000 e James timonando nel 2010 il mostro di Ellison, BMW Oracle contro Alinghi diventando il più giovane timoniere della storia a vincerla. James ha imparato molto prima a portare i multiscafi a grandi velocità. Dean ha lavorato molto prima con i 33 piedi che sono serviti a sperimentare il foiling e poi con gli allenamenti sugli Ac 45 e AC 72. Uno dei due in questi giorni vincerà la sua seconda Coppa America, potrebbe succedere oggi per Dean che ha un bel vantaggio, anche se siamo tutti sorpresi di come Oracle abbia trovato quei due nodi che gli mancavano di bolina (anzi ne ha trovati di più) e ha pareggiato il conto della velocità con New Zealand che adesso è a due punti dalla conquista della Coppa. Per James la strada della difesa con successo è più lunga, gli è necessario vincere otto regate lasciandone una sola ai kiwi. Impresa difficile ma non impossibile. Un poco si somigliano, sono ragazzi silenziosi che hanno imparato a parlare e gestire le conferenze stampa. Nel 2000 estrarre una parola a James era una impresa da dentista, oggi risponde ai giornalisti a tono, sempre con qualche battutina acidina. Da ragazzino faceva il pugile e dunque qualcosa gli è rimasto di quegli scontri diretti. Racconta il padre, che lo segue molto spesso: “un giorno lo porto a fare delle regate a Sydney, quando lo vado a riprendere cerco di capire come è andata. Chi è genitore sa quanto è difficile farsi raccontare qualcosa. Gli chiedo se ha timonato, risposta ‘yes’. Dopo dieci minuti riesco a domandare come è andata ‘we won’. Quando siamo arrivati a casa mi ha detto ‘next week again’, ho capito che gli piaceva”. Dean è commited ma un po’ più etereo: figlio di un multimilionario non ha rinunciato a belle ragazze e belle auto. D’altra parte quelle che lo vedono si innamorano degli occhi azzurri con lo sguardo morbido, del fisico. Ha dedicato tutto il suo talento a Team New Zealand, rinunciando a distrazioni come il circuito delle match race, dove spesso è premiata la continuità sulla bravura allo stato puro, o preparazioni e regate su altre classi. Ha sposato una sportiva e ha quattro figli. Pochi giorni fa in conferenza stampa ha detto “se non vi siete divertiti oggi cambiate sport” rispondendo a chi ancora non crede alle nuove barche. Comunque vada ad alzare la Coppa sarà un campione, un atleta che ha dedicato la sua vita alla Coppa America.
Paul Cayard è nel suo ufficio di San Francisco, è sereno dopo qualche settimana dalla sconfitta, forma fisica perfetta, riposo: “ho partecipato sette volte alla Coppa America e Artemis è stata la peggiore campagna della mia vita, mi prendo le mie colpe di Ceo per la scelta della barca. Adesso riposo per tre mesi, poi vedrò cosa fare nel futuro”.
Paul è sorprendente il cambiamento di Oracle, cosa ne pensi?
“Sento Coutts tutti i giorni, anche oggi hanno fatto nuove modifiche e sono veloci sono davvero veloci, stanno imparando in fretta ed è incredibile pensare come siano in pochi giorni riusciti a cambiare le prestazioni. Con i monoscafi Iacc di cui abbiamo costruito cento carene sarebbe stato impossibile immaginare un cambiamento del genere. Probabilmente tutti e due hanno ancora molto da imparare. Stanno cercando gli assetti: nella prima gara di domenica New Zealand sembrava meno stabile del solito in volo mentre Oracle era sicura”.
Sai quali sono i cambiamenti più importanti?
“Hanno un diverso tuning dell’ala di bolina e la velocità è molto diversa. Si sono sempre allenati da soli e senza avversario è difficile progredire, adesso si stanno adeguando uno all’altro. Credo che tutte e due le barche hanno ancora margini di crescita del 2/3%, sia con piccoli particolari sia per il modo di portarle”.
Come andrà a finire?
“Credo che New Zealand abbia almeno l’80 per cento di probabilità di vincere, se Oracle avesse vinto la seconda regata di domenica la situazione sarebbe diversa, più rischiosa per i kiwi. Ancora un punto per i kiwi e la percentuale sale molto, Oracle può perdere solo una volta”.
Contano i due punti di penalità che ha preso Oracle?
“E’ un margine importante che cambia l’equilibrio. Se fossero più vicini, sul 7 a 3 New Zealand sarebbe davvero in pericolo, perché chi arriva da dietro e rimonta ha più forza, chi è raggiunto va nel panico comincia a discutere al suo interno, cambiare ruoli. Riuscire ad accendere quella funzione, cioè innervosire l’avversario, fa parte della costruzione della vittoria. Come è successo ai tempi del Moro di Venezia e New Zealand: li abbiamo raggiunti e loro hanno cambiato equipaggio peggiorando la situazione. Se vincono quattro regate possono mandare nel panico New Zealand e se poi riescono ad arrivare al 7 a 7 sarà molto difficile per i kiwi restare calmi”.
Chissà quanto i kiwi avranno sfogliato la margherita del “si ribalta non si ribalta mentre erano li in bilico appesi al filo di Arianna. In virata l’equipaggio si divide: sette restano sullo scafo sopravento (prima delle virata) compreso Dean, quattro vanno sull’altro scafo per preparare la manovra, fa cadere la deriva sul nuovo bordo. Tra i quattro il regolatore wing Glen Ashby che tiene il timone il tempo in cui Barker non può farlo perchè sta passando. Quando la barca ha iniziato a sbandare gli uomini hanno continuato ad azionare le pompe dell’idraulica per ridare potenza al sistema ed invertire il twist dell’ala. Su Facebook nel profilo di Studioborlenghi c’è una sequenza molto interessante A dire il vero sembra che la scotta randa resti a lungo cazzata nella posizione sbagliata. I quattro che erano sullo scafo in aria, si vede dalle immagini, hanno “schienato” per quel che potevano. La domanda è: quanto sono andati vicini al ribaltamento? Sulle prime è sembrato molto, ma qualcuno ha fatto i conti: sono arrivati a una inclinazione di poco meno di 45°, situazione in cui vince ancora la barca alla grande, perchè il suo momento raddrizzante è di circa 30000 kgm (considerando equipaggio sottovento) contro il momento sbandante dell’ala di 9000 kgm. Perchè l’equilibrio diventi instabile bisogna raggiungere i 65°, quanto i due momenti si equivalgono a 17000 kg kgm. Tutto questo è vero, ovviamente, senza l’intervento del vento, che può spingere l’ala a cambiare radicalmente le cose.
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