Il massimo trofeo velico

La prova di una voce che girava da tempo nel mondo della nautica è arrivata nella notte di giovedì dal sito di Farevela. L’amico Tognozzi ha scovato una bella delibera del consiglio di amministrazione di Prada Spa che ha indicato a Prada Sa, sua controllata, di sponsorizzare la nuova avventura di Luna Rossa per la 34 esima edizione della Coppa America con un budget di 40 milioni di euro. Il soldi sono quelli che servono per fare una bella campagna. Dopo molte smentite insomma Patrizio Bertelli ha finalmente visto la possibilità di essere competitivo nella prossima edizione ed effettivamente, a dispetto di quanto dicono in molti, arrivare in alto non è difficile. In termini strettamente economici si può arrivare alla fase semifinale della Louis Vuitton Cup con un budget della metà di quanto è servito nel 2007 a Valencia. La chiave della faccenda sta nella possibilità di condividere il design con altri sindacati e nella possibilità di acquistare un pacchetto “standard” messo a disposizione di tutti per volontà del defender per un prezzo quasi simbolico, in confronto di quando sarebbe costata la ricerca non tanto in denaro quanto in tempo. Questa che in realtà è una rivoluzione non è stata ben compresa da tutti quando è stato divulgato il Protocollo e in molti si sono concentrati sui vantaggi che gli americani tenevano per loro piuttosto che su questa opzione che somiglia un po’, per intendersi, a quando in F1 si usavano i motori Cosworth. Ma in fondo questa è una cocnreta possibilità di rendere più competitivi i sindacati più deboli. Infatti praticamente tutti gli sfidanti a parte svedesi e kiwi, partono dal pacchetto base. Ma Luna Rossa, il sindacato dovrebbe essere gestito da Max Sirena con una quota di vecchi leoni presi tra i diciotto italiani che hanno vinto la Coppa nel 2010 con BmwOracle, potrebbe fare di più e cioè lavorare assieme a uno dei due sfidanti che hanno davvero fatto ricerca. Difficile che Artemis di Paul Cayard voglia condividere con altri le sue scoperte, mentre questa opportunità potrebbe esistere con Emirates Team New Zealand che dispone di progettisti molto bravi. Certo, a New Zealand bisogna dare buoni motivi per condividere… e questi possono essere economici (pecunia non olet neanche in Nuova Zelanda) oppure più concretamente sportivi: in due l’assalto agli americani può essere più efficace. In realtà Luna Rossa può diventare subito un sindacato forte, per i kiwi sarebbe meglio avere a disposizione un sindacato “medio” che non li batte sull’acqua ma che è utile alla valutazione delle prestazioni. Quindi l’opzione più concreta è che gli uomini di Bertelli partano dal progetto base con un loro team di progettisti per evolverlo. Il piano di battaglia è simile a quello che è circolato per altri team che in queste settimane stanno lavorando per tentare la sfida. Per Luna Rossa sono state anche determinanti le scelte delle regate a Venezia e Napoli che ci saranno sia nel 2012 sia nel 2013. Napoli sembra più avanti di Venezia nei preparativi, ha già una società di scopo. Adesso concluso il campionato Extreme 40 Luna Rossa sarà in campo con gli AC45 nelle America’s Cup World Series dal prossimo anno con le prime regate nell’emisfero australe. Il timoniere potrebbe essere Ben Ainslie affiancato dal giovane Campbel Jones, che al momento guida con successo l’Extreme 40. L’arrivo di Luna Rossa potrebbe stimolare e addirittura aiutare qualche altro sindacato che è in corsa per lanciare la sfida. InItalia si comincerà presto a parlare di Coppa America e sarà un bel risveglio, dopo tante critiche non sempre utili che sono state fatte al cambio di barche e di regole.

A Plymouth il secondo evento delle World Series della America’s Cup. Segue Cascais, avvenuto in pieno agosto. La novità per il popolo della Coppa America sono stati come sappiamo i catamarani con la vela rigida alare, una riduzione del mostruoso (per dimensioni) BMW Oracle che ha vinto nel febbraio 2010 cui è seguita la decisione di Russell Coutts di proseguire per quella strada. I velisti “tradizionali” hanno fatto una bella polemica sul fatto che si cambiava radicalmente il modo di fare le regate, per loro era anche un problema di mera disoccupazione: la paura del cambio generazionale, l’incertezza di un programma che è ancora da definire nei dettagli, cambiato più volte. Ma il vero problema della crisi della Coppa non è stata la scelta delle barche, quanto proprio questa difficoltà a definire un calendario credibile di eventi. Se si rileggono le intenzioni di un anno fa sembrava che senza un budget di 80 milioni non fosse possibile entrare in gioco. Adesso bastano 25 ben spesi per arrivare in semifinale e si partecipa al gioco degli AC 45 con 5/6.  
Curiosità delle differenze? Tanto per dare una misura, la vecchia Luna Rossa portata da diciassette uomini faceva al massimo, in condizioni normali, dodici nodi. Questi catamarani di tredici metri vanno abitualmente al doppio e possono raggiungere i trenta con facilità. Difficile seguirli con il gommone, gli arbitri in acqua usano delle moto d’acqua per essere più rapidi e le decisioni vengono prese con l’aiuto delle immagini in televisione e comunicate via radio, poi capita che le luci rossi di bordo siano guaste e gli equipaggi non si accorgano delle penalità nella confusione. Il pubblico non si accorege delle proteste perchè non c’è più la plateale alzata di bandiera su cui indugiava la camera on board.
La novità dunque sono le barche, ma quello che tutti si aspettavano era anche il cambio generazionale. In tanti hanno pensato che fossero i giovanissimi i nuovi eroi del timone: riflessi freschi, agilità, voglia di vincere. Mica vero: i vecchi leoni del match race sono andati a scuola di catamarani e hanno imparato presto. Della serie il talento non è acqua, chi è bravo resta bravo. Così i più efficaci restano i soliti noti: Dean Barker timoniere di Emirates Team New Zealand, James Spithill con Oracle, Terry Hutchinson di Artemis. Anche il datato Russell Coutts è riuscito a entrare in semifinale, mostrando agilità e nervi saldi con il suo equipaggio di cinquantenni. In realtà smetteranno per far posto a un equipaggio giovane. Quello che doveva far paura a tutti era l’espertone francese di multiscafi Loik Peyron: succede però che alla fine in qualche occasione sa sfruttare meglio la barca, ma la classifica non lo vede facilmente nelle parti alte. Insomma, quel che si capisce è che sono cambiate le barche ma che il modo di vincere resta lo stesso: organizzazione, allenamento, istinto, talento. Qualcosa di simile è successo anche con regate di altura come il giro del mondo a vela: quando sono arrivati i velisti più raffinati e tecnici usciti da Coppa America e Olimpiadi hanno chiuso la partita contro gli oceanici che pensavano di essere più marinai. Ci hanno messo meno i tecnici a diventare marinai che il contrario.
A Plymouth il pubblico ha assistito alle regate dal prato che è stato dei grandi ammiragli della Royal Navy dei secoli scorsi, dove passeggiavano in attesa di nuove campagne di guerra: il viceammiraglio Francis Drake, il pirata della regina Elisabetta e lord Howard hanno atteso qui la marea giusta per scatenare la flotta reale contro la Grande Armada, poi demolita dalle navi incendiarie, dalla tempesta e della ferocia degli irlandesi che hanno distrutto e ucciso tutto ciò che naufragava sulle loro coste.  
Il pubblico è una bella novità del nuovo formato tanto criticato: non in mezzo al mare dove neanche i binocoli bastano e per conquistare un posto in barca spettatori ci vogliono decine di euro. La televisione si capisce che fa del suo meglio e che può migliorare molto nella spettacolarità, quando i registi avranno imparato a usare le camere di bordo con più efficacia e tempismo. Le regate di match race sono state vinte da Emirates Team New Zealand, quella di flotta da Oracle – Spithill. Dopo Plymouth la flotta si sposta a San Diego per l’ultimo evento del 2011. Si ricomincia in gennaio nell’emisfero australe, con un evento a Brisbane. Si sa che al 99% scenderà in campo Luna Rossa, al momento dice solo per partecipare al circuito degli AC 45  e non alla Louis Vuitton e alla Coppa America che saranno nella primavera estate del 2013 con gli AC72, potrebbe esistere un progetto dell’ultima ora. C’è fermento per l’arrivo di altri sindacati italiani, dopo la conferma di ben quattro eventi in Italia due a Venezia e due a Napoli, che diventano un palcoscenico importante per gli sponsor italiani anche con interessi internazionali.

Dopo la sconfitta del 34 sir Thomas Sopwith lancia una nuova sfida e prepara un nuovo Endeavour. Vanderbilt, che ha rischiato molto nella precedente edizione per difendere la Coppa, lancia il progetto di Ranger, ancor oggi considerata una barca insuperabile, che ha tutta l’eleganza dei J Class e la potenza delle dimensioni. Il progettista Starling Burgess è affiancato da Olin Stephens, un ragazzo che saprà portare un approccio scientifico prima sconosciuto, e da un pool di tecnici che si occupano delle diverse parti dello scafo. Il giovane Stephens segue le prove in vasca con Kenneth Davidson. Probabilmente disegna anche gran parte della carena che alle prove risulta più rapida. Il risultato è eccellente: Ranger domina, è una barca che nasce veloce e fortunata. Nella sua breve vita regaterà trentasette volte, perdendo solo tre regate. Quando i due giganti sono finalmente a confronto di fronte a Rhode Island ci si aspetta qualcosa di davvero spettacolare, un duello sanguinario. Invece nella prima prova Ranger liquida l’avversario con facilità, lasciandolo tagliare il traguardo con diciassette minuti di ritardo. La seconda prova, ancora con vento leggero, finisce in maniera simile: diciotto minuti. Con il vento più fresco della terza e della quarta prova il distacco scende a quattro. La Coppa resta in America, e con la seconda guerra mondiale si apre un periodo molto triste per il mondo e la Coppa stessa. Gli stupendi J Class finiscono quasi tutti demoliti per ricavare materia prima. Ranger era costruito per non durare con materiali che si deteriorano rapidamente. Restano Velsheda, Endeavour I e II, Shamrock V, restaurati in vari momenti. Nel 2005 è stata completata una bella copia di Ranger.

Da quella edizione inizia la lunga e felice carriera di Olin Stephens: iniziò come spalla e concorrente all’interno del team di Starling Burgess ai tempi dell’innovativo Ranger. Un po’ di fortuna della sua fortuna la deve al broker Drake Sparkman che ne intuì il genio e gli offrì di fondare lo studio Sparkman & Stephens. Come Herreshof ha vinto sei volte la Coppa: dopo Ranger con Columbia, Constellation, Intrepid, Courageous e Freedom. Sulla scena dal ’37 all’80, fino a pochi anni fa, era possibile incontrarlo ultranovantenne sulle banchine delle regate più famose. Dopo barche degli anni Trenta come Stormy Wheater e Dorade e l’aver partecipato ai tavoli che hanno scritto le regole di stazza. Nel suo studio hanno lavorato, anche per pochi mesi e come ragazzi di bottega, molti dei progettisti più importanti.

Era l’unico sindacato italiano iscritto alla Coppa America, dopo la rinuncia di Mascalzone Latino, ed è stato cacciato in malo modo dall’organizzazione. Il comunicato diffuso dal direttore delle operazioni di regata Iain Murray non lascia scampo a interpretazioni. ”Dopo lunghe discussioni – dice Murray – e diversi tentativi di risolvere la situazione nei tempi previsti, era stato raggiunto un accordo che imponeva allo sfidante di soddisfare certi obblighi entro questo week end e i tempi sono scaduti”. Erano giorni che il tam tam dei velisti si rincorreva: si sapeva che quelli arrivati a Barcellona per montare la barca il catamarano con vela rigida classe AC45 con cui era in programma la partecipazione alla prima regata erano tornati a casa: l’organizzazione gli impediva di prendere possesso della barca che nel frattempo era offerta ad altri potenziali concorrenti. A quanto pare il giovane sindacato italiano, che ha lanciato una sfida attraverso il Circolo Canottieri Roggero di Lauria di Palermo, non ha ottemperato tutti gli obblighi previsti per la partecipazione, quasi certo il pagamento della barca e dice radio banchina anche che la tassa di iscrizione sarebbe stata solo promessa ma mai iversata per intero. La manovra potrebbe anche essere l’inizio di una ennesima battaglia legale, soprattutto in considerazione delle affermazioni del team. “Quanto dichiarato – scrivono nel comunicato diffuso a risposta – è una interpretazione unilaterale che non ha visto coinvolta la Giuria indipendente. Venezia Challenge contesta integralmente, in fatto e in diritto, le comunicazioni e i provvedimenti presi dall’organizzazione in evidente contrasto con le procedure previste per l’esclusione dei team dal Protocollo stesso. Il management sta lavorando, mantenendo il dialogo con l’organizzazione, per dirimere le contestazioni asserite al fine di continuare con serenità le attività tecnico/sportive da tempo già avviate. Il team Venezia Challenge, presente a Lisbona, sta rispettando il programma stabilito tecnico/sportivo senza alcuna variazione”.
Quel che si sa è che gli americani hanno scritto il Protocollo con un ampio spazio di manovra e che fin dal primo momento era previsto che un sindacato sfidante potesse essere escluso. E’ stato uno dei motivi di polemica e di malcontento. La partita si gioca sulla tassa di iscrizione e sugli acconti dovuti per la barca che di fatto ne sono parte integrante secondo l’articolo 9.3 del citato Protocollo: “Entro il 10 giugno 2011, tutti i concorrenti devono stipulare un accordo con ACRM per l’acquisto di almeno un AC45, e devono aver pagato l’iscrizione con un deposito non rimborsabile di ACRM. Se un concorrente non è in grado di farlo cessa di essere ammissibile all’evento e a tutti i diritti ai sensi degli Articoli 5, 27 e 41”.
Venezia Challenge, che era già nei guai con la città di Venezia per l’uso del nome della città con la previsione di cambiare, tocca l’onere di dimostrare che le date sono state rispettate: senza la regolarità delle quote non si può accedere alla condizione di vero “sfidante” o iscritto al circuito AC 45 e quindi l’intervento della Giuria indipendente non sembra necessario. C’è un però… nei comunicati ufficiali Venezia è citato più volte come sfidante ufficiale e il Protocollo prevede che possano esistere “late entry” cioè iscritti in ritardo. Anche per questo finora c’era stato un margine di discrezionalità che Russell Coutts (lo skipper di Oracle e in questo momento uomo di riferimento) sembra non voler più applicare nei confronti di Venezia Challenge ma che ha usato per altri. Sintomo di una antipatia reciproca, costruita nelle scorse settimane e di qualche posizione non digerita da Coutts che in realtà sta facendo di tutto per portare almeno dieci barche della classe AC45 a Cascais dove iniziaranno gli eventi del primo campionato della nuova classe. L’Italia corre il rischio di restare senza un sindacato che la rappresenti, dall’83 siamo mancati solo una volta dove era prevista una selezione sfidanti, nel 95 a San Diego quando la crisi economica era più stretta. Nell’88 e nel 2010 le sfide erano chiuse a due soli team, con un solo challenger. Venezia Challenge sperava in un finanziamento del Ministero dell’Agricoltura e stava lavorando con altri sponsor e con sistemi di finanziamento che coinvolgevano il Web, l’interesse del pubblico. Adesso gli “orfani”, difficile che Venezia Challenge possa davvero tornare in lizza per come sono messe le cose, sono in cerca di un salvataggio. Qualche cosa potrebbe succedere. Si sa che Luna Rossa ha una mezza intenzione di partecipare al circuito dall’anno prossimo. Anche Azzurra potrebbe risvegliarsi e qualcuno potrebbe capire che arrivare alle semifinali non è mai costato così poco.  

La seconda sfida deli anni trenta è lanciata da  sir Thomas Murdoch Sopwith, un costruttore di aerei, attraverso il Royal Yacht Squadron. Il suo primo Endeavour (nome preso a prestito da una delle navi di James Cook) è costruito applicando molte tecnologie aeronautiche è progettato da Charles Nicholson con la collaborazione di Frank Murdock, tecnico della Hawker Aircraft (fondata dopo il fallimento di Sopwith Aviation Company dopo la prima guerra mondiale) che studiò un sistema di misurazione del carico sulle sartie e nuovi verricelli, l’iniezione di tecnologia per gli inglesi è un grosso passo avanti. Tuttavia prima delle regate l’equipaggio professionista sciopera e Sopwith lo sostituisce con marinai dilettanti. Il defender è Rainbow di Harold Vanderbilt, il suo albero è aerodinamico e gli interni sono al minimo: al loro posto ci sono degli accumulatori che fungono anche da zavorra. Endeavour esordisce bene con due vittorie, sembra più veloce della barca americana. Nella terza prova però Endeavour, mentre è in testa, sbaglia tattica e viene superata dal defender condotto da Sherman Hoyst. Nella quarta regata per un cavillo il Comitato non accoglie una protesta di Endeavour che aveva evitato una collisione con l’avversario. Nella quinta prova le barche sono vicine e ancora una volta è la bravura del timoniere americano a fare la differenza. Sulla linea di arrivo le due barche sono divise da 55 secondi. Questa volta gli americani hanno seriamente rischiato di perdere la Coppa, forse per la prima volta in tanti decenni hanno incontrato una barca che poteva competere in velocità con le loro. La tensione dopo le regate è alta ma gli inglesi con un gesto perfino ingenuo concedono agli americani i disegni di Endeavour che saranno una base di partenza per il progetto successivo. L’aereo più famoso costruito nelle officine dello sfidante è il Sopwith “Camel” che è stato il caccia biplano inglese della prima guerra mondiale, costruito in oltre 5000 esemplari, antagonista dei Fokker tedeschi, poi citato nelle strisce dei Peanuts. Thomas Sopwith dopo questa sconfitta lanciò una sfida per il 1937, fu anche il primo timoniere dilettante in anni in cui gli equipaggi erano in gran parte professionisti. In questa edizione salgono a bordo anche Phyllis Sopwith, che si occupa del cronometro, e Gertrude Vanderbilt: è la prima volta che due donne si incontrano nella America’s Cup. Nella vita reale le due famiglie sono amiche.

Lo yachting internazionale cerca un linguaggio globale, una regola di stazza che possa essere usata in tutto il mondo. A inizio secolo dopo una grande riunione a Parigi del 2007 è nata la Universal Rule, regola che per molti anni sarà la base delle regate dando vita a numerose classi, alcune delle quali ancora attuali come i 5.5 S.I. I concetti per la misurazione ideati allora influenzano comunque tutte le regola nate successivamente, come lo Ior  e la più recente regola IACC usata per la Coppa America dal 1992 al 2007. Le barche più grandi sono i 23 metri S.I, di cui si costruiscono pochi esemplari. Per la Coppa si sceglie di usare i J Class, che sono lunghi una quarantina di metri e rispondono al Deed of Gift che indica una lunghezza al galleggiamento di 90 piedi. La Lipton nella crisi del ’29 ha perso due terzi del suo valore, ma Thomas, ottuagenario, lancia la sua quinta sfida. Gli risponde Harold Vanderbilt, nipote di Cornelius che ha già armato un defender e già presente nella edizione precedente. Vanderbilt affida il progetto a William Starling Burgess, figlio di Edward. Nasce Enterprise che gli americani mettono in concorrenza con altri tre potenziali defender: Weetamoe, che sarà il migliore avversario, Whirlwind, Yankee. Enterprise è dotatissima, di vele e di marinai. Figlia dell’innovazione, il suo albero è il primo di alluminio costruito con lastre rivettate con 80.000 rivetti. Insomma, quando Shamrock traversa l’Atlantico è già vecchio, la differenza è chiara anche per un pubblico poco esperto. Mentre gli inglesi cazzano le scotte a forza di braccia gli americani hanno i verricelli. Si corre a Newport dove il New York Yacht Club ha aperto una sede estiva e non più nella baia di New York ormai difficile da utilizzare per il traffico commerciale. Lipton incassa con eleganza un pesante quattro a zero: è sconfitto ma esce vincente dall’avventura della Coppa America, forse l’unico che abbia saputo sempre mantenere uno stile limpido più che sportivo. Un anno dopo muore lasciando un segno deciso non solo nella vela, ma nella storia del marketing moderno per quanto ha saputo fare con il suo marchio.

 Thomas Lipton lancia una sfida nel 1907,  ma vorrebbe correre con barche più piccole e meno costose. Gli americani però non vogliono e lui ci riprova nel 1912. Nel 1913 si arrende e non pone condizioni, ma gli americani rivedono finalmente la loro posizione e ammettono barche con lunghezza al galleggiamento di 75 piedi (15 meno dei 90 previsti dal Deed of Gift). Così, nel 1915 Thomas Lipton è pronto con il quarto Shamrock disegnato da Charles Nicholson e costruito in legno, ma in maniera avveniristica con il sistema dell’incollaggio di strati lamellari sostenuti da una struttura portante, un sistema sperimentato in aeronautica che rende la struttura molto leggera a confronto del tradizionale fasciame. Quando Lipton si sta trasferendo in America per le regate a bordo del suo panfilo Erin l’Austria invia l’ultimatum alla Serbia, che sarà la miccia per la Grande Guerra. All’arrivo a New York, dove è pronta Resolute, Lipton propone di mettere in secco le barche: i due scafi vanno in bacino a City Island. Si regata nel 1920, con le barche riviste e modificate. Lipton arriva vicinissimo al risultato storico: vince le prime due prove e dichiara che è il più bel momento della sua vita. Nella terza regata l’americano insegue ma vince in tempo compensato e poi purtroppo vince altre due regate, anche con l’aiuto del Comitato che sospende una partenza con vento forte. È l’edizione più combattuta della storia, ma Lipton rimane deluso: pensava di farcela, invece incassa la quarta sconfitta. Si consola con un grande ricevimento a bordo di Erin. Torna in Inghilterra e ripensa alla Coppa: non è un marinaio, ma le regata delle regate lascia un segno indelebile. Intanto gli americani cambiano il regolamento di stazza che inizia a tener conto del dislocamento.
Alle regate e nel comitato armatore, presieduto da Pierpoint Morgan, della barca vincente partecipa Harold Vanderbilt (nella foto), parte di una delle famiglie più influenti e ricche d’America e di New York. Il patrimonio dell’avo Cornelius “Commodore”, costruito con ferrovie e navi, il giorno della morte nel 1877 era uguale ai possedimenti del Tesoro degli Usa. Mike vinse tre volte con i J Class Enterprise, Rainbow e Ranger. La prima volta, nel ’30, finì sulla copertina del Times Magazine. Timonava personalmente le sue barche, aiutato dalla moglie Gertrude Lewis Conway che teneva i tempi per le sue partenze perfette. Dopo la difficile edizione del ’34 scrisse le regole di regata per la IYRU (adesso Isaf) che con poche modifiche sono ancora quelle attuali. Fu per molti anni commodoro del New York Yacht Club influenzando numerose edizioni della Coppa. Ha una storia che conta anche nel mondo del bridge.