Il massimo trofeo velico

Si regata nel sud dell’Australia, il club del defender è il Royal Perth Yacth Club sul campo ogni giorno soffia con regolarità un vento gagliardo, si chiama Freemantle Doctor. E’ una delle edizioni più belle della storia, per numero di sfidanti e qualità delle battaglie. Le regate? Le foto? Sono spettacolari. Circolano filmati del tempo che restituiscono una atmosfera autentica, di spettacolo ma anche di genuinità sportiva. Dennis Conner dopo la brutta sconfitta dell’83 vuole la rivincita e dunque riportare la Coppa in America, a casa sua. Con la sua Stars & Stripes, iscritta per il San Diego Yacht Club, batte per quattro volte il defender Kookaburra III armato da Kevin Parry e portato da Iain Murray e Peter Gilmour. Alan Bond e John Bertrand dopo la storica vittoria si sono ritirati da vincitori e hanno lasciato ad altri la difesa della Coppa: per Bond sarebbe stata la quinta partecipazione. Gli sfidanti sono dodici di cui cinque americani, li Challenger of Record (organizzatore delle regate di selezione) è lo Yacht Club Costa Smeralda. Oltre a Conner ci sono il New York Yacht Club con America II, poi ci sono Heart of America, Eagle, Usa. Dall’Inghilterra arriva White Crusader, c’è Canada II. Due sindacati francesi: French Kiss di Marc Pajot fa scalpore, c’è anche Challenge France del fratello Yves. Due gli italiani: sono Italia con i fratelli Tommaso ed Enrico Chieffi che finisce a ridosso dei migliori e ancora Azzurra, purtroppo molto lenta. Il sindacato italiano costruisce ben quattro scafi alla ricerca di quello che lo soddisfa, ma questo non basta. Durante i Round Robin e le semifinali a fare scalpore è New Zealand, la prima sfida costruita da Michael Fay. Il progetto è di Bruce Farr, la costruzione in fibra di vetro: è il primo e unico 12 metri S.I. realizzato in questo materiale. Al timone c’è il giovane Chris Dickson. Prima di incontrare Stars & Stripes nella finale Louis Vuitton Cup vince 37 regate su 38, sembra imbattibile. Ma il vecchio leone americano lo demolisce vincendo quattro regate, una la perde per un’avaria. Dalla sconfitta però nasce un team che saprà, con diverse configurazioni, essere presente e vincere la Coppa fino a diventare una autentica nazionale della vela neozelandese.La vittoria di Conner è costruita con determinazione, una campagna “scientifica” dove ha un ruolo importante John Marshall che coordina disegno e prestazioni. Decisiva la scelta di cambiare la poppa della barca dopo la prima fase di regate, modifica possibile per la costruzione di alluminio, per renderla più potente con vento forte.

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È l’edizione che cambia la storia del Trofeo: Australia II di Alan Bond, condotta da John Bertrand e iscritta per il Royal Perth Yacht Club, il 26 settembre riesce a battere nella settima regata, che consacra il punteggio di quattro a tre, Liberty di Dennis Conner,  defender per il New York Yacht Club. Tutto avviene nell’ultimo lato di poppa, quando Conner rinuncia alla manovra di copertura classica dell’avversario e lascia uno spiraglio aperto. Così, dopo 132 anni, la Coppa cambia finalmente padrone.
Australia II è una barca particolare: disegnata da Ben Lexcen, ha una chiglia rivoluzionaria con le alette che è rimasta nascosta fino alla fine, provata a lungo nella vasca navale di Vageningen in Olanda sotto la direzione di Van Oossanen. Ma a bordo ci sono molte innovazioni: un metodo professionale di allenare l’equipaggio, le prime vele triradiali disegnate da Schnackenberg. La vittoria è costruita per somma di particolari. È anche l’edizione della prima Louis Vuitton Cup, la regata di selezione degli sfidanti voluta dal barone Bich nel 1970 trova sponsor per volere del presidente Henri Racamier. Gli sfidanti sono le altre australiane Advance di Syd Fisher e Challenge Twelve, l’inglese Victory, la canadese Canada e France 3.
Tra gli sfidanti dall’Italia arriva Azzurra, prima partecipazione italiana. È condotta da Cino Ricci che ha scelto come timoniere Mauro Pelaschier, è voluta da Karim Aga Khan e Gianni Agnelli porta il guidone dello Yacht Club Costa Smeralda. Il progetto è di Andrea Vallicelli e la costruzione di Marco Cobau. Azzurra vince ventiquattro regate su quarantanove e nelle semifinali non riesce a battere Victory per un soffio, nella regata determinante Azzurra si ritira per una piccola rottura e subito dopo anche gli inglesi hanno una avaria più grave: se gli italiani non si fossero ritirati avrebbero potuto anche navigando con prudenza battere gli avversari. La barca inglese passa il turno e viene poi sconfitta nella finale sfidanti da Australia II per quattro a zero. L’Italia scopre la Coppa America, Azzurra diventa il nome di molte bambine e anche pizzerie.

Dennis Conner, che era rimasto lontano dall’ edizione precedente, costruisce una difesa tutta sua, con lui naviga John Marshall che sarà una pedina importante delle sue imprese successive e che ha una preparazione tecnica molto forte. Freedom è una barca molto veloce, ancora disegnata dallo studio Sparkman & Stephens. Gli avversari nelle selezioni defender sono decisamente più deboli, e lo sanno. Ted Turner ri ripresenta con Courageous, che è alla terza campagna,  Russel Long è con Clipper, dove naviga come tattico Tom Blackaller. Gli sfidanti sono quattro, Alan Bond torna con Australia ampiamente modificata. Poi ci sono gli inglesi con Lionheart, il barone Bich con France III con al timone Bruno Trouble e una nuova versione di Sverige di Pelle Petterson. Per il barone valdostano sarà la migliore campagna ma anche l’ultima, l’inventore delle regate di selezione chiuderà dopo questa quarta sconfitta (solo Thomas Lipton prima di lui ha lanciato quattro sfide), purtroppo non è mai riuscito a incontrare il defender. Inglesi e svedesi sono deboli. Australia, su cui naviga John Bertrand, è molto cresciuta, ma non basta ancora. La strada presa da Bond è quella di lavorare alla struttura del sindacato imponendo un approccio professionale in ogni settore come stanno già facendo gli americani. È vero che la barca a stelle e strisce è più veloce ma è vero anche che Conner ha lasciato poche scelte al caso. Il suo equipaggio è molto più allenato a sostenere faticosi “tacking duel” e la lunghezza delle regate che arrivano a 24 miglia. Freedom vince per quattro a uno e la Coppa resta a New York.

Questo è l’anno di Ted Turner, americano vero: bevitore e sanguigno però anche genuale.  Lo chiameranno presto “captain outrageous” durante la sua campagna a bordo di Courageous, per come tratta chi non gli piace. Ted sta diventando un personaggio importante in tutti gli Stati Uniti, ma è contagiato, come molti, dal virus della Coppa. Le altre barche forti americane sono Enterprise dove Lowell North sperimenta quanto sia difficile il gioco della Coppa e Indipendence, disegnata, timonata e invelata da Ted Hood. Si fanno esperimenti sulle vele. Le aggressioni in acqua e a terra non si risparmiano. North inventa il sandbagging, cioè rallenta di proposito la sua barca per non far vedere agli avversari e all’equipaggio le possibilità che ha. Poi però viene allontanato dal New York Yacht Club che vede nel suo modo di gestire la squadra un pericolo. Dennis Conner rinuncia a sostituirlo e alla fine lo fa lo starista Malin Burnhan che per ritrovare la sensibilità cui è abituato applica anche uno stik alla ruota, ovviamente certe manovre repentine gli riescono difficili. Turner, che dovrebbe essere il più debole, punta a fare partenze vincenti e a usare bene, navigando magistralmente, una barca collaudata e senza sorprese che ha già difeso con successo la Coppa. Alla fine non avrà torto. Il cammino dello sfidante Australia di Alan Bond, iscritta per il Sun City Yacht Club di Perth, disegnata da Ben Lexcen (già Bob Miller, il progettista ha cambiato nome) è debolmente ostacolato da Sverige di Pelle Petterson e da France III del barone Bich. Inutile dire che Bond perde ancora per quattro a zero. Ted Turner è forse l’ultimo timoniere che non si dedica alla vela come unica professione a vincere.

E’ un anno storico perchè debuttano sul grande palcoscenico due personaggi che scrivono la storia moderna della Coppa. Sono Dennis Conner, che è timoniere di partenza per il defender Courageous dell’armatore timoniere Ted Hood e Alan Bond il finanziere australiano che inizia il suo percorso verso la gloria. Gli americani fanno le loro selezioni con tre progetti di Olin Stephens: Courageous a cui collabora anche Dave Pedrick, il vecchio Intrepid e Valiant dove naviga Ted Turner. C’è anche una barca particolare disegnata da Britton Chance, su cui debutta Dennis Conner che poi salirà a bordo del defender designato per la grinta dimostrata, si chiama Mariner. Courageous vince, ma non senza fatica.
Alan Bond, che lancia la sfida attraverso il Royal Perth Yacht Club e per accedere alle regate della Coppa deve superare France del barone Bich. Bich in questa edizione ha voluto in squadra il grande olimpionico Paul Elvstrom che lavora con un equipaggio nordico. Purtroppo France affonda durante un trasporto, viene recuperata e riarmata. Inizia anche la costruzione di una nuova barca ma Bich non soddisfatto caccia Elvstrom e parte per Newport con la vecchia che ha poche speranze contro gli australiani. Le regate della Coppa sono dunque tra Courageous e Southern Cross, va a finire che gli americani incassano il solito quattro a zero a loro favore. Un punteggio cui gli sfidanti sono ormai abituati.

Per l’edizione del 1970 al New York Yacht Club arrivano quattro sfide. Una è del barone Marcel Bich, un tenace valdostano che ha invaso il mondo con le penne a sfera, uno dei primi esempi di tecnologia diffusa e non utilizzata per oggetti esclusivi e costosi. Il barone ingaggia una decisa corrispondenza con gli americani per spingerli a consentire la disputa di regate di selezione tra gli sfidanti. Alla fine li convince. Il barone Bich schiera France progettata da André Mauric, poi ci sono gli australiani di Packer con Gretel II disegnata da Alan Payne. Si perdono invece  per strada una sfida inglese e una greca e la selezione è quindi tra francesi e australiani. Le cose si mettono subito male per il barone che cambia ogni giorno timoniere fino a prendere lui la ruota affermando che “posso tranquillamente perdere da solo”. Gli americani hanno affidato il progetto a Olin Stephens che ha realizzato Valiant. Purtroppo Olin non supera se stesso e il vecchio Intrepid acquistato da William Ficker e modificato dal giovane Britton Chance è più rapido e il comitato dei saggi di New York finisce per schierarlo alla partenza delle regate. Le barche nella prima regata restano vicine fino a quando cade in mare un uomo di Gretel II. I cinque minuti che servono per recuperarlo sono determinanti per la vittoria americana. La seconda regata è vinta dagli australiani, poi squalificati per un incrocio ravvicinato. La terza prova è ancora per gli americani. Poi tocca agli australiani salire al tre a uno. Nella quarta regata Gretel II sembra più rapida ma gli avversari conservano fino all’ultimo il diritto di rotta con abilità e vincono. Gli australiani se non altro sono andati vicini a un gran risultato.

Si corre a Newport e gli americani schierano una grande novità.  Si chiama Intrepid, è disegnato da Olin Stephens e raccoglie i frutti della maturazione del grande progettista che mette in acqua una barca carica di novità, che non a caso riuscirà a difendere la Coppa con successo per due edizioni. La novità più grande è che per la prima volta il timone si separa dalla chiglia, un’idea che aveva già provato Dick Carter su alcuni ocean racer. In questo modo il controllo della direzionalità della barca e le manovre per il “match racing” sono molto più facili. Dietro la pinna di deriva resta una pala più piccola che diventa un “trim” ovvero lo  strumento per rendere asimmetrico e quindi più efficiente il profilo. Dello studio newyorkese fa parte anche l’italiano Mario Tarabocchia, che resterà per molti anni una colonna portante.
Olin inoltre costringe sette persone dell’equipaggio a lavorare sottocoperta, dove colloca gran parte dei verricelli e dei coffee grinder. Dall’esterno quando naviga di bolina la barca sembra deserta, si scorgono solo tre persone che si muovono: timoniere, tattico, tailer. Qualche volta compare il prodiere. Nel tempo questo modo di impiegare l’equipaggio verrà impedito dai regolamenti.
Gli sfidanti sono gli australiani: da Sydney arriva Dame Pattie dell’armatore Emil Christensen timonato da John Sturrock e disegnato da Warwick Hood. Gli australiani issano vele realizzate con un materiale che chiamano kadron: non funziona bene quanto il dacron di Ted Hood. Così il confronto è impari e Bus Mosbacher conduce Intrepid senza troppi problemi verso il quattro a zero. Intrepid si esprime in boline impressionanti, frutto delle linee di carena ma anche delle vele americane.