La novità di questa edizione è che il fortissimo Team New Zealand dopo la difesa del 2000 si è dissolto per le lusinghe economiche che arrivano da tutto il mondo, per anni i kiwi hanno guadagnato poco pur di vincere ma adesso arrivano ingaggi sostanziosi. Un nucleo di quattro uomini d’oro ha seguito Russell Coutts in Svizzera: Ernesto Bertarelli li ha voluti per la sua sfida che chiama Alinghi, è un giovane imprenditore a capo di una industria farmaceutica, molto appassionato di barche che era stato spettatore nel 2000. Molti altri kiwi sono finiti in America da One World, un sindacato molto forte dove Peter Gilmour ha scelto per timoniere il giovane James Spithill, la sorpresa del 2000. Il giovane Dean Barker, allievo di Coutts, è rimasto fedele alla nazionale della vela mentre Tom Schnackenberg, un geniale velista e progettista gestisce l’organizzazione, però non saprà inventarsi anche manager. Patrizio Bertelli ha deciso per il ritorno di Luna Rossa, la vittoria della Louis Vuitton Cup alla prima partecipazione è un grande successo. Bertelli ha le stesse ambizioni e purtroppo lo stesso progettista Doug Peterson che vuole vincere la sua scommessa: non copiare la prua con il ginocchio neozelandese, come invece fanno tutti. Una storia di vecchi dissapori: non vuole riconoscere che il suo partner del 1995 Laurie Davidson rimasto con i kiwi ha avuto l’idea giusta. Timoniere e skipper è ancora Francesco de Angelis, tattico Torben Grael, l’equipaggio è in gran parte confermato con qualche inserimento. Tra gli altri sfidanti debutta un altro sindacato italiano, è Mascalzone Latino di Vincenzo Onorato, armatore storico dell’altura italiana. Poi ci sono Oracle Bmw con il debutto del multimiliardario Larry Ellison , lo skipper è Chris Dickson il timoniere Peter Holmberg e c’è Tommaso Chieffi alla tattica; Gbr Challenge del finanziere inglese Peter Harrison è affidata a Ian Walker, torna Stars & Stripes di Dennis Conner con Ken Read, poi la svedese Victory Challenge e di nuovo i francesi di Le Defi.
Luna Rossa è il Challenger of Record, ruolo che non le porta fortuna. Le regate della Luna infatti sono difficili, l’equipaggio è alle prese con una barca lenta e lo scopre subito demoralizzandosi, alla bravura dell’equipaggio non corrisponde un mezzo all’altezza, la sostituzione della prua e il licenziamento di Peterson non bastano a trasformarla in un purosangue. Alinghi, dove Russel Coutts ha allestito un dream team è la vera protagonista, i suoi avversari sono One World, che verrà penalizzata per aver usato dei dati illegali e Oracle Bmw, ma gli svizzeri hanno una barca molto veloce, che riesce a superare ogni situazione di crisi con facilità. Coutts ne mostra il potenziale solo quando è indispensabile e vince la Louis Vuitton Cup con facilità. L’incontro con i kiwi è una formalità: i neozelandesi non hanno una barca affidabile e commettono troppi errori, insomma non sono pronti, cosi rompono un albero, il boma, imbarcano troppa acqua. Con il cinque a zero per Alinghi la Coppa parte per Ginevra, verso lo storico rientro in Europa. Il Bertarelli decide di proporre una gara per definire la città che ospiterà la prossima edizione e alla fine sceglie Valencia.
I neozelandesi per la loro prima difesa della Coppa hanno voluto attendere la fine del secolo e il passaggio del millennio, che celebrano con una memorabile Haka. I kiwi sono lo squadrone di sempre, anzi, velisticamente hanno raggiunto la maturità completa e il team è fortissimo anche se c’è qualche crepa nella organizzazione: sir Peter Blake è al comando delle operazioni a terra, conduce la raccolta fondi mentre Russell Coutts è leader dell’equipaggio e dello sviluppo barca. I due non sono più in sintonia per motivi economici, Coutts vuole essere protagonista e guadagnare di più, ma questo non pregiudica le prestazioni della barca e il buon uso del fattore campo. I sindacati che hanno raggiunto la Nuova Zelanda per disputare formidabili regate nel golfo di Hauraki sono undici. L’Italia, dopo Azzurra Italia e il Moro di Venezia torna protagonista con Luna Rossa, la barca che Patrizio Bertelli ha affidato a Francesco de Angelis e a un team giovane , il tattico è Torben Grael mentre i progettisti sono German Frers e Doug Peterson. E’ l’inizio di una lunga avventura, Patrizio Bertelli ama la Coppa da sempre e in occasione della costruzione del megayacht Ulisse si è fatto convincere da Frers a partecipare. Luna Rossa, che si allena con materiale e barche di America Cubed, è molto veloce e durante la Louis Vuitton Cup conquista il soprannome di Silver Bullet. Gli altri sfidanti sono Stars & Stripes di Dennis Conner, che fa fruttare molto bene un budget esiguo e affida il timone a Ken Read, Paul Cayard è skipper di America One, c’è America True di Dawn Riley e John Cutler, Nippon con Peter Gilmour, Bravo España con Pedro Campos, Abracadabra di John Kolius, Le Defi con Bertrand Pace, Young America di John Marshall con Ed Baird. Quest’ultima si rompe in due come era successo cinque anni prima a OneAustralia: riescono a tenerla a galla e riportarla alla base, ma il sindacato ne risente psicologicamente e non riesce a esprimere le prestazioni dello scafo, considerato il più rapido della flotta tanto che dopo le regate gli asset verranno acquistati da Luna Rossa per preparare l’edizione successiva. C’è anche il primo sindacato svizzero, con Fast 2000, una barca complicata con timone di prua, molto rapida in linea retta ma ingovernabile in manovra, inoltre su Young Australia c’è il debutto al timone del diciottenne James Spithill, un ragazzo da tenere d’occhio. In questa edizione, visto il numero di sfidanti, si sperimenta una semifinale a sei con gironi all’italiana che in realtà si dimostra molto pericolosa per gli italiani che, pur forti, rompono un albero per la rottura di un tip cup (connessione delle sartie alle crocette) perdendo un punto prezioso. Solo la vittoria nell’ultima regata di America True contro Stars & Stripes li qualifica per la finale contro AmericaOne di Paul Cayard e Luna Rossa. Questa finale sarà una delle regate più combattute della storia della Coppa, le prestazioni delle due barche sono molto vicine, Luna Rossa è più collaudata mentre America One è arrivata in ritardo a Auckland e ha qualche difetto che si rivelerà determinante: gli stopper dei bracci spi a pedale, poco affidabili che con vento forte cedono e il tessuto degli spi che si rompe con il colpo di frusta delle onde, anche per questo da un iniziale vantaggio americano gli italiani prima rimontano e poi vincono di misura nell’ ultima regata dopo una serie di avvincenti colpi di scena. Le regate tra Luna Rossa e New Zealand sono purtroppo senza storia e il cinque a zero “secco” è inevitabile. I kiwi hanno per le mani una barca decisamente più veloce, dove hanno inventato molto, soprattutto una nuova prua con un vistoso ginocchio e un nuovo modo di distribuire i volumi, la chiamano barca con la flat polar, ovvero si può correre di bolina larga senza perdere acqua ma cercando di entrare prima in una raffica. E poi in partenza Russell Coutts non perdona, nella quinta regata debutta, dopo un bel gesto di Coutts, il giovane Dean Barker che per tutta la campagna è stato timoniere di allenamento.
il video:
La Coppa dopo la vittoriosa difesa di America Cubed contro il Moro di Venezia è rimasta a San Diego. Gli americani però sono deboli, nessun dream team con fondi consistenti come nel ’92. Ci sono però le selezioni dei defender cui partecipano Stars & Stripes di Dennis Conner, Young America che sfoggia tecnologia e una barca decorata dall’artista Roy Lichtenstein. Bill Koch schiera Mighty Mary, con equipaggio femminile e America Cubed decisamente più lenta. Gli americani si perdono tra giochi politici e vittorie in acqua e alla fine il defender è uno strano miscuglio di intenzioni. Dennis Conner, che ha scelto per timoniere Paul Cayard, vince con Stars & Stripes ma riconosce che la sua barca è lenta (ha vinto con l’esperienza e un equipaggio fortissimo) e chiede di usare Young America, del sindacato allestito dal vecchio amico John Marshall. Probabilmente è più veloce Mighty Mary, ma con Bill Koch tra proteste varie hanno litigato troppo e una eventuale vittoria con la sua barca non sarebbe opportuna. Conner commette un errore fondamentale: rifiuta di farsi “insegnare” come funziona Young America e pretende di cambiare le regolazioni e la messa a punto solo per averla osservata dall’esterno, proabilmente non avrebbe vinto ma forse qualche cosa di più poteva dire.
La vera battaglia nella fase preliminare, come spesso accade, è però stata nella spettacolare Louis Vuitton Cup, dove i soliti protagonisti hanno dato grande spettacolo. Lo sfidante è Team New Zealand, che arriva all’ incontro dopo aver perso una sola regata in tutta la serie per una piccola avaria. Quello dei kiwi è uno squadrone: sir Michael Fay dopo aver animato alcune sfide determinanti ha ceduto tutto il materiale a Peter Blake, recente vincitore del giro del mondo. Peter fa leva sullo spirito di team e sceglie per timoniere Russell Coutts, un maniaco della match race assieme al tattico Brad Butterworth e alcuni ragazzi che da tempo regatano con loro. Alcuni uomini lavorano insieme dall’87 (anno del dodici metri di vetroresina) e hanno accumulato una bella esperienza. I progettisti sono Doug Peterson e Laurie Davidson, c’è anche Tom Schnackenberg che alterna il lavoro di navigatore a quello di coordinatore delle vele. Blake dopo l’esperienza con Bruce Farr (autore e sostenitore del bompresso e della twin keel nel 92) ha deciso di ridurre drasticamente il potere dei progettisti e costruire un nuovo dialogo con l’equipaggio che vuole soprattutto affidabilità. Tutta la barca è costruita attorno al piano velico molto magro ed è strettissima. Si tratta di una “two boat campaign” nel vero senso della parola, i due scafi sono praticamente identici e progrediscono uno per volta per poter valutare a fondo l’effetto delle modifiche. Tra gli sfidanti c’è il grande ritorno di John Bertrand (lo skipper vincitore dell’83) con Australia One che conquista un singolare primato: lo scafo si spezza al centro e affonda in pochi secondi diventando l’unica barca della storia della Coppa ad essere affondata in regata. Una esperienza simile toccherà nel 2000 a Young America, ma l’equipaggio riuscirà a riportare la barca in porto. La barca persa poteva essere l’unica a dare qualche pensiero ai kiwi, mentre quella che resta, la prima varata, non è all’altezza. Gli altri sono più lontani: c’è ancora Nippon con John Cutler e Peter Gilmour, c’è Tag Heur disegno di Farr con Chris Dickson e alcuni vecchi leoni: è un programma low budget ma in alcune condizioni e con la cattiveria di Chris è davvero pericolosa, Farr escluso da New Zealand sa comunque il fatto suo e si esprime con uno scafo tradizionale molto rapido. Pedro Campos si presenta con Rioja de España, ci sono Sydney ’95 del grande appassionato ma non molto generoso Syd Fischer e France con una sontuosa campagna, che rimane fuori dalle semifinali sfidanti, allestita da Marc Pajot che finirà sulla graticola per i soldi spesi e i modesti risultati ottenuti.
Nelle regate della Coppa New Zealand umilia ogni giorno gli americani infliggendogli distacchi di oltre due minuti, così la Coppa vola a Auckland. Mitica la conferenza stampa dei vincitori, decisamente alticci: “terremo la Coppa cento anni”. Una dichiarazione un po’ esagerata…
Dopole regate dell’88 e l’altalena delle decisioni prese in Tribunale si torna in acqua con una edizione “tradizionale”. Si corre a San Diego e cambiano le barche: viene utilizzata una nuova regola di stazza per abbandonare i vecchi 12 metri Stazza Internazionale. La sfida è tra il Moro di Venezia e America Cubed, il contadino Raul Gardini contro l’industriale e petroliere Bill Koch. Per la prima volta una barca “latina” infatti vince la regata di selezione sfidanti Louis Vuitton Cup e sfida il colosso a stelle e strisce, finisce cinque a uno per gli americani. Al Moro di Venezia iscritto con il guidone della Compagnia della Vela di Venezia e timonato da Paul Cayard la soddisfazione, magra ma unica, di vincere una regata con un vantaggio di pochi metri. La barca americana, inesorabilmente più veloce, è timonata da uno strano consorzio: il vecchio campione Buddy Melges e l’armatore stesso, già famoso per le sue trovate nel campo dei maxi yacht. I veri vincitori sono i progettisti navali che fanno parte dello squadrone, soprattutto Doug Peterson, Jim Pugh e John Reichel che, in stato di grazia hanno saputo prima stringere la barca al galleggiamento e poi interpretare le ricerche del Mit che spingevano verso una drastica riduzione delle superfici immerse di deriva e timone, una mossa decisiva fatta negli ultimi giorni, gli americani in poppa sono imprendibili. America Cubed si seleziona battendo l’altra barca del sindacato Kanza e Stars & Stripes di Dennis Conner. Il Moro per essere il challenger ha battuto in una estenuante serie di regate nella finale delle selezioni New Zealand, penalizzata in una regata per l’uso improprio del bompresso con una manovra che però fa saltare i nervi ai kiwi che vengono rimontati e superati dagli italiani. Nelle due regate finali debutta senza successo la coppia Coutts-Butterworth che sostituisce Rod Davis e David Barnes. È una bella edizione, dove si sperimenta di tutto, come le tandem keel presenti su New Zealand e Spirit of Australia. Agli sfidanti si aggiungono Nippon portata da Dickson e Cutler, Ville de Paris di Marc Pajot, España ’92 di Pedro Campos, la svedese Tre Kronor di Gunnar Krantz, Challenge Australia di Syd Fisher.
Dopo la sconfitta subìta in Australia, Sir Michael Fay è determinato a vincere la Coppa. Su suggerimento di Bruce Farr cerca di sorprendere gli americani che tardano a definire come annunciato nuove regole per sostituire i vecchi 12 metri Stazza Internazionale. Fay a nome del Mercury Bay Boat Club (sede in una auto arrugginita) deposita una sfida contro il San Diego Yacht Club secondo il Deed of Gift dove dichiara di presentarsi con un monoscafo con lunghezza al galleggiamento di 90 piedi. Quello disegnato da Bruce Farr è un moderno J Class: imponente e particolare, con le sue ali. Dapprima gli americani non vogliono accettare, ma il giudice Carmen Beauchamp Ciparick della Corte Suprema di New York chiamata in causa li costringe a difendersi. Dennis Conner alle strette decide non senza un pizzico di provocazione di costruire due catamarani che fa disegnare da un pool di designer coordinato da John Marshall di cui fanno parte Gino Morelli e un pool di esperti della “piccola Coppa America”, dove si impiegano cat velocissimi che già usano vele rigide. Uno ha vele tradizionali e uno ha la randa alare in due parti per 160 metri quadri. L’efficienza di queste imbarcazioni è micidiale e il confronto con il monoscafo improponibile. Così Fay torna a rivolgersi alla Corte Suprema, che questa volta gli dà torto; il cat è “legale”. Si arriva alla sfida in acqua e il colosso di 27metri, con un albero di 46 e 600 metri di vela in bolina, contro l’agile e veloce catamarano di 18 fa una brutta figura, in due sole regate senza storia. Kiwi Magic finirà parcheggiato su un piazzale a Auckland, testimone di un’avventura considerata la peggiore edizione della Coppa, sebbene con i suoi elementi di spettacolarità. Nell’89 la Corte è chiamata ancora a decidere sulla regolarità delle regate: prima assegna la vittoria ai kiwi e poi in appello ci ripensa. È una edizione di rottura, dopo la quale si decide di definire una nuova regola di classe che sarà la IACC, utilizzata in cinque diverse versioni fino al 2007, e una vera rifondazione dell’evento.
Si regata nel sud dell’Australia, il club del defender è il Royal Perth Yacth Club sul campo ogni giorno soffia con regolarità un vento gagliardo, si chiama Freemantle Doctor. E’ una delle edizioni più belle della storia, per numero di sfidanti e qualità delle battaglie. Le regate? Le foto? Sono spettacolari. Circolano filmati del tempo che restituiscono una atmosfera autentica, di spettacolo ma anche di genuinità sportiva. Dennis Conner dopo la brutta sconfitta dell’83 vuole la rivincita e dunque riportare la Coppa in America, a casa sua. Con la sua Stars & Stripes, iscritta per il San Diego Yacht Club, batte per quattro volte il defender Kookaburra III armato da Kevin Parry e portato da Iain Murray e Peter Gilmour. Alan Bond e John Bertrand dopo la storica vittoria si sono ritirati da vincitori e hanno lasciato ad altri la difesa della Coppa: per Bond sarebbe stata la quinta partecipazione. Gli sfidanti sono dodici di cui cinque americani, li Challenger of Record (organizzatore delle regate di selezione) è lo Yacht Club Costa Smeralda. Oltre a Conner ci sono il New York Yacht Club con America II, poi ci sono Heart of America, Eagle, Usa. Dall’Inghilterra arriva White Crusader, c’è Canada II. Due sindacati francesi: French Kiss di Marc Pajot fa scalpore, c’è anche Challenge France del fratello Yves. Due gli italiani: sono Italia con i fratelli Tommaso ed Enrico Chieffi che finisce a ridosso dei migliori e ancora Azzurra, purtroppo molto lenta. Il sindacato italiano costruisce ben quattro scafi alla ricerca di quello che lo soddisfa, ma questo non basta. Durante i Round Robin e le semifinali a fare scalpore è New Zealand, la prima sfida costruita da Michael Fay. Il progetto è di Bruce Farr, la costruzione in fibra di vetro: è il primo e unico 12 metri S.I. realizzato in questo materiale. Al timone c’è il giovane Chris Dickson. Prima di incontrare Stars & Stripes nella finale Louis Vuitton Cup vince 37 regate su 38, sembra imbattibile. Ma il vecchio leone americano lo demolisce vincendo quattro regate, una la perde per un’avaria. Dalla sconfitta però nasce un team che saprà, con diverse configurazioni, essere presente e vincere la Coppa fino a diventare una autentica nazionale della vela neozelandese.La vittoria di Conner è costruita con determinazione, una campagna “scientifica” dove ha un ruolo importante John Marshall che coordina disegno e prestazioni. Decisiva la scelta di cambiare la poppa della barca dopo la prima fase di regate, modifica possibile per la costruzione di alluminio, per renderla più potente con vento forte.
È l’edizione che cambia la storia del Trofeo: Australia II di Alan Bond, condotta da John Bertrand e iscritta per il Royal Perth Yacht Club, il 26 settembre riesce a battere nella settima regata, che consacra il punteggio di quattro a tre, Liberty di Dennis Conner, defender per il New York Yacht Club. Tutto avviene nell’ultimo lato di poppa, quando Conner rinuncia alla manovra di copertura classica dell’avversario e lascia uno spiraglio aperto. Così, dopo 132 anni, la Coppa cambia finalmente padrone.
Australia II è una barca particolare: disegnata da Ben Lexcen, ha una chiglia rivoluzionaria con le alette che è rimasta nascosta fino alla fine, provata a lungo nella vasca navale di Vageningen in Olanda sotto la direzione di Van Oossanen. Ma a bordo ci sono molte innovazioni: un metodo professionale di allenare l’equipaggio, le prime vele triradiali disegnate da Schnackenberg. La vittoria è costruita per somma di particolari. È anche l’edizione della prima Louis Vuitton Cup, la regata di selezione degli sfidanti voluta dal barone Bich nel 1970 trova sponsor per volere del presidente Henri Racamier. Gli sfidanti sono le altre australiane Advance di Syd Fisher e Challenge Twelve, l’inglese Victory, la canadese Canada e France 3.
Tra gli sfidanti dall’Italia arriva Azzurra, prima partecipazione italiana. È condotta da Cino Ricci che ha scelto come timoniere Mauro Pelaschier, è voluta da Karim Aga Khan e Gianni Agnelli porta il guidone dello Yacht Club Costa Smeralda. Il progetto è di Andrea Vallicelli e la costruzione di Marco Cobau. Azzurra vince ventiquattro regate su quarantanove e nelle semifinali non riesce a battere Victory per un soffio, nella regata determinante Azzurra si ritira per una piccola rottura e subito dopo anche gli inglesi hanno una avaria più grave: se gli italiani non si fossero ritirati avrebbero potuto anche navigando con prudenza battere gli avversari. La barca inglese passa il turno e viene poi sconfitta nella finale sfidanti da Australia II per quattro a zero. L’Italia scopre la Coppa America, Azzurra diventa il nome di molte bambine e anche pizzerie.
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