Un libro che chi ama la navigazione non può non aver letto. La scoperta di come calcolare la longitudine infatti è stata fondamentale per allargare gli orizzonti e la sicurezza della navigazione. Vale forse più dell’uso del Gps, che oggi ci sembra del tutto normale. Se “L’isola del giorno dopo” di Umberto Eco raccontava una storia simile facendone un romanzo (pur partendo da dati storici), il saggio di Dava Sobel è molto scientifico e godibile. Illuminante. E chi ha avuto, avrà la fortuna di visitare il Museo Marittimo di Greenwich potrà percorrere la storia dei cronometri e vederli funzionare. Alcuni sono originali, altri sono riproduzioni. Scoprire il metodo di calcolo della longitudine è stata una vera gara tra scienziati voluta dall’Ammiragliato britannico con un premio in denaro. La precisione degli orologi di bordo era fondamentale.

Sarà varato nelle prossime settimane il primo modello del marchio italiano Monte Carlo Yachts, che fa parte del Gruppo Beneteau. E’ un 23 metri in versione flybridge che debutterà in forma ufficiale al prossimo Festival de la Plaisance di Cannes. Con questa raffinata proposta, il colosso francese entra con determinazione nel settore degli yachts di lusso. Per il suo progetto il cantiere si è infatti assicurato la collaborazione delle eccellenze del settore. La mano felice del pluripremiato team Nuvolari & Lenard ha disegnato un’imbarcazione che risponde ai nuovi canoni che si stanno affermando nel lusso, che si allontanano dalla pura ostentazione e ricercano invece personalità e funzionalità, mentre l’ufficio di progettazione interno italo-francese ha potuto contare sulla collaborazione della società slovena Seaway, specializzata nella progettazione di strutture performanti come quelle usate per le competizioni e nell’engineering. Il risultato di questo mix di competenze internazionali è un’imbarcazione elegante, non estrema anzi rassicurante e destinata a durare nel tempo. Ricca di forti contenuti tecnici e di innovazione.

L’elenco è davvero lungo: largo uso di Kevlar e carbonio con un crash box a prua, una struttura autoportante della carena a favore della sicurezza, pannelli fotovoltaici annegati nel T-top in carbonio per produrre l’energia di base a bordo. Non manca un sistema di trattamento delle acque nere di derivazione aereospaziale che trasforma in acqua pura il contenuto della cassa di raccolta dei bagni. La costruzione un processo di infusione è esteso a tutti i componenti per ridurre i pesi e quindi i consumi. Per rendere più facile la navigazione sono sono impiegati i deflettori tipo interceptor per la ricerca automatica dell’ assetto che riesce a migliorare il comfort e partecipa alla riduzione dei consumi, inoltre c’è un sistema di manovra integrato sviluppato da ZF (un produttore di componenti per la propulsione) con joystick multidirezionale per eseguire manovre precise e sicure.

MCY 76 è innovativo anche nel lay-out perché la particolare struttura dello scafo ha consentito di liberare l’area del ponte anteriore dall’ingombro normalmente necessario per creare altezza sottocoperta. E’ stato così possibile creare a prua del parabrezza un’area lounge/pranzo addizionale rispetto a fly e pozzetto poppiero, altamente fruibile, protetta e più riservata.

Carla Demaria è uno dei manager di riferimento dell’industria nautica italiana. Ha lavorato per molti anni all’interno del Gruppo Azimut Benetti, prima dentro Azimut di Avigliana, poi guidando il cantiere Atlantis (dopo la acquisizione dell’unità produttiva e i modelli in produzione dalla famiglia Gobbi) prima di scegliere una nuova strada. Proprio in piena crisi infatti ha scelto di accogliere una offerta di Madame Roux (imperatrice della nautica francese) ed entrare nel gruppo Beneteau. La sua missione è lanciare una gamma di lusso costruita con il marchio MonteCarlo, il primo modello sarà un motoscafo di 23 metri.

A fine 2008 con la crisi già visibile, è arrivata la notizia dell’ingresso del colosso francese Beneteau nel settore degli yachts di lusso, dopo poco più di un anno, confermate quella decisione?

“Sì, è stata una scelta molto opportuna. Il gruppo Beneteau era già il più grande costruttore europeo di imbarcazioni a motore sino a 15 mt. e la decisione di diventare un attore di riferimento anche nella fascia più grande è avvenuta con la convinzione che i profondi cambiamenti sociali ed il riassetto del settore nautico che già si intravedevano come conseguenza della crisi, erano un’opportunità da cogliere. Abbiamo impostato la strategia lavorando sulla valorizzazione della nostra doppia anima franco-italiana, cioè il più avanzato know-how industriale e la migliore tradizione nel design e nell’esecuzione, la collaborazione con le eccellenze del settore, il pluripremiato team di designers Nuvolari & Lenard e la società di engineering slovena Seaway ed un focus molto forte sull’innovazione”.

Il gruppo Beneteau ha scelto l’Italia per questa sua nuova iniziativa: managers, sito produttivo e designers. Un valore aggiunto?

“L’Italia è per gli yachts quello che la Svizzera è per gli orologi e il gruppo francese ne ha riconosciuto la supremazia mondiale nel segmento. Per il sito produttivo abbiamo deciso di essere innovativi anche nella localizzazione, scegliendo Monfalcone nel golfo di Trieste, all’interno di una vasta area sul mare che un’attenta amministrazione locale sta trasformando in polo nautico, con cantieri che rispondono ai più rigidi parametri di sicurezza e ambiente e un marina con 2700 posti barca. Quanto alla scelta dei designer Nuvolari & Lenard, non ci ha sorpreso che abbiano vinto la gara che avevamo aperto coinvolgendo alcuni tra i migliori nomi del nostro settore. Il progetto che hanno presentato, e poi realizzato, è all’altezza della loro fama”.

Che prodotto dobbiamo aspettarci?

“Stiamo assistendo a modificazioni significative della società che, sperimentate le conseguenze di eccessi e di atteggiamenti disinvolti di finanza e politica, cerca valori e concretezza. Anche per i prodotti di lusso si affermano nuovi canoni: responsabilità, funzionalità, sostenibilità, personalità. La qualità intrinseca è finalmente tornata ad essere un driver importante nella decisione di acquisto.

Sono concetti condivisi con Nuvolari & Lenard, che li hanno espressi liberamente, senza vincoli di stile legati a modelli esistenti da difendere. E’ nata una gamma di imbarcazioni eleganti, non estreme, rassicuranti, destinate a durare nel tempo. Abbiamo arricchito il progetto con forti contenuti tecnici investendo molto in innovazione soprattutto in sicurezza, impatto ambientale, funzionalità, comfort.

Qual’è il primo modello e quando lo vedremo?

Il primo modello, il MCY 76, è un 23 mt nella versione flybridge e sarà presentato alla stampa ad inizio luglio a Venezia e al pubblico a settembre, al Festival de la Plaisance di Cannes.

L’industria nautica italiana ce la farà a superare questo momento di crisi?

“Come tutti, credo, vivo con preoccupazione le gravissime conseguenze di un modello economico mondiale che ha perso i parametri fondamentali per la sua continuità. La nautica paga un conto pesante e assisteremo ad un riassetto significativo del comparto. Le nostre aziende stanno soffrendo molto: alcune non ce la faranno. Altre che hanno saputo adattarsi più velocemente alla drastica contrazione della domanda e possono contare su una più solida posizione finanziaria e ne usciranno in alcuni casi rafforzate. Occorrerà molto tempo per ritrovare i volumi e la redditività degli anni più recenti e sarebbero necessarie da subito iniziative a supporto della cantieristica, quali una legge che incentivi il rinnovamento dei modelli, da sempre punto di forza dei costruttori italiani, attraverso sgravi fiscali per la progettazione e la costruzione di nuovi stampi. Purtroppo la nautica italiana è stata completamente dimenticata dalle istituzioni, che forse ignorano che contiamo lo stesso numero di addetti del settore chimico”.

La stagione 2010 della nautica da diporto si è aperta sotto il segno della estrema prudenza. Il 2009 era finito sotto il segno della quasi totale immobilità e di poderosi riassetti produttivi che hanno colpito duramente gli addetti impiegati nei cantieri. Non solo: i piazzali sono ancora pieni di barche nuove costruite in eccesso e usate, ritirate con una certa facilità nei momenti buoni del mercato e rimaste ferme sotto le intemperie in attesa di acquirenti. Chi compra, in realtà, se fornito di liquidità e desideri definiti, ha trovato il modo di comprare il nuovo o semi nuovo a prezzi di saldo. I grandi riassetti non hanno risparmiato nessuno. Il Gruppo Ferretti ha lavorato duramente concentrando unità produttive attorno a Forlì nel tentativo di ottimizzare una filiera costruita sul rispetto dei diversi marchi che ne fanno parte, buona per rispettare lo stile ma che ha creato duplicazioni poco economiche. E’ di poche settimane fa la conferma che il marchio Aprea è stato ri-ceduto alla famiglia che lo ha fondato, guidata da Cataldo Aprea. Sorte diversa è toccata al marchio Pershing, una invenzione di Attilio “Tilli” Antonelli, che con la sua impresa e il lavoro dell’amico designer Fulvio De Simoni ha davvero inventato uno stile, sia formale che funzionale. Sua la finestra e semicerchio ripresa perfino sulle auto e poi abbandonata per eccesso di repliche. Sua l’idea di realizzare una barca open ma non troppo, con ambienti protetti e condizionabili. Il gruppo non ha accettato una proposta di acquisto del valore di cento milioni di euro fatta da fondi stranieri che avrebbe messo al riparo il marchio e lui si è dimesso dal ruolo che continuava a ricoprire come anima del cantiere separandosi dalla sua creatura. Il gruppo non ha ceduto perché ritiene il marchio strategico per riconquistare quote di mercato. In casa Azimut Benetti dopo molti mesi di ricorso a cassa integrazione è cambiato l’amministratore delegato di Azimut Yacht, al posto di Federico Martini infatti è arrivato Gianni Cucco, un uomo che ha lavorato a lungo in passato con il fondatore del gruppo Paolo Vitelli. A lui è affidata anche la supervisione di Atlantis, gestita da Alessandro Furfaro.

Mentre si attende il lancio dell’iniziativa di Beneteau nell’ambito delle barche a motore, che ha lavorato per realizzare una nuova unità produttiva a Trieste dedicata alle barche più grandi del marchio Montecarlo, il mercato delle barche a vela ha reagito un poco meglio di quello delle barche a motore: forse più stabile nella passione.

È vero che tutto il comparto, per voce del presidente di Ucina Anton Albertoni ha chiesto aiuti, ha parlato di “nautica dimenticata dal Governo”. Questa la sua analisi: «Il nostro fatturato, che ammonta complessivamente a 6,2 miliardi di euro nel 2009 ha subito un calo di oltre il 30 per cento, pur con una bilancia positiva tra import ed export. Ma il salone di Miami di febbraio ci ha dato indicazioni positive. L’America sarà la prima nazione, penso già nel 2010, a riprendersi, davanti a Ue e Paesi dell’Est. E per noi, che esportiamo il 50 per cento del fatturato, gli Usa sono il secondo mercato, dopo l’Europa. Abbiamo bisogno, però, che venga rilanciato anche il mercato interno, dove va il restante 50 per cento del nostro fatturato». La ricetta per rilanciare il mercato domestico è la solita: posti barca e leasing. Temi ben noti su cui non si lavora mai abbastanza.

Tamburi di guerra suonano anche dopo la ricerca dell’Osservatorio Nautica e Finanza fatto da Pentar, che descrive un “disastro” non tanto sul piano produttivo e di mercato quanto su quello che riguarda il patrimonio netto aggregato delle società che secondo la ricerca si è ridotto di circa il 21%. Anche il risultato netto è per la prima volta pesantemente negativo, rappresentando il 4,2 % del valore della produzione.

“Il settore della nautica da diporto avrebbe bisogno di un supporto solido da utilizzare come base per impiantare il rilancio – è l’analisi di Maurizio Romiti – Si tratta di affrontare i problemi ormai cronici della nautica italiana come per esempio la carenza di infrastrutture che rende difficile il turismo nautico. Anche le imprese del settore debbono dimostrare di aver “imparato la lezione”. Il mercato dovrà essere composto da imprese pronte ad affrontare la competizione internazionale in modo professionale e coerente, costruite attorno alla realtà tecnica e stilistica che già esiste ed è il patrimonio di questo settore. Malgrado tutto ciò, la nautica italiana continua ad avere alcuni indicatori positivi che inducono alla constatazione che il settore poggia su basi solide.”


“Cieli nuovi e terra nuova” è un piccolo grande libro che apre gli occhi sul valore del viaggio di Cristoforo Colombo e la scoperta di Amerigo Vespucci. Il primo è arrivato, il secondo ha capito che quello era davvero il mondo nuovo. Due figure tanto distanti, quanto ambigue. Il viaggio del “templare” Colombo con denari con ogni probabilità di finanziatori islamici costretti dalla regina Isabella e su una rotta forse già nota perchè navigata dai pescatori, è tuttora pieno di dubbi da risolvere. Le domande restano sul tavolo: rotta vera, intenzioni vere, finanziatori veri. Pochi anni separano due uomini che sono di epoche culturali completamente diverse. Alle illusioni del primo la lucida razionalità del secondo. Un libro quasi introvabile, scritto da Vittorio Beonio Brocchieri per Rosellina Archinto, con la traduzione delle lettere originali e il commento sintetico e preciso dell’autore.

Il Consiglio dei Ministri ha firmato, all’interno del decreto sugli aiuti all’industria, un provvedimento che contiene  incentivi che riguardano anche la nautica. Si tratta di aiuti per il cambio dei motori fuoribordo e per la costruzione di stampi nuovi dedicati a barche costruite con ridotto impatto ambientale.  Gli incentivi per i motori fuoribordo si sostanziano in sconti del 20% sul prezzo di listino, fino a un massimo di 1000 euro per motori di nuova generazione fino a 100 cavalli e un totale di 10 milioni: significa aiuti per 10 mila motori fuoribordo. Va ricordato che il mercato di queste unità prima della crisi era di circa 23 mila unità, comprese anche le potenze maggiori per cui però lo “sconto” di mille euro è sostanzialmente ridicolo. 
Per quanto riguarda gli stampi sono 200 mila euro a stampo fino a un totale di 10 mila euro.  L’obiettivo è arrivare a produzioni più compatibili con l’ambiente e, allo stesso tempo, migliorare la tecnica di produzione. La conversione verso impianti di lavorazione con procedimenti sottovuoto è avviata da tempo ed è già patrimonio dei cantieri più grandi che si sono attrezzati. All’estero è già necessaria per evitare la diffusione nell’ambiente di stirene ma è praticata anche perchè ci sono vantaggi costruttivi che solo chi ha vecchi impianti vuole ancora sostenere. Ha più di dieci anni l’impianto voluto da Massimo Franchini per il primo Scrimp italiano, cui sono seguite esperienze simili con nomi diversi, per non cadere nel brevetto. Gli stampi non sono poi tanto diversi da quelli tradizionali, ma farlo credere al Governo è stata una bella mossa. GLi industriali dovrebbero sfurttare però l’occasione e non limitarsi a fare vecchie barche con nuove procedure di costruzione, ma inventare barche nuove. C’è molto da fare…. e abbiamo capito che quando il mercato uscirà dalla crisi venderà chi sarà in grado di proporre progetti davvero adeguati alle nuove esigenze economiche.
Altri 80 milioni di euro sono dedicati ai porti di rilevanza nazionale, senza esplicite indicazioni che siano per i marina turistici, anzi, sembra proprio si tratti solo di porti commerciali.

Dice il presidnete di Ucina Anton Albertoni: “Si tratta senza dubbio di un risultato politicamente molto importante per il nostro settore. Per la prima volta ci è stato riconosciuto, grazie al lavoro di questo Governo, lo status di comparto industriale rilevante per il paese, al pari di tessile, meccanica, ecc.; status che la nautica rivendicava da tempo, forte di essere, con i suoi 120.000 addetti, al 5° posto fra i settori trainanti dell’export italiano. Con questo provvedimento il comparto potrà ripartire a più livelli: da un lato attraverso il rilancio della piccola nautica e dall’altro grazie al contributo che la cantieristica potrà dare all’occupazione e al mantenimento delle quote di mercato export”.

Diciamoci la verità: Albertoni in sede pubblica non può dire altro, dalla sua posizione di presidente dell’Associazione Ucina. Insomma può solo ringraziare. Ma la sua sensazione “privata” deve essere davvero diversa  e vicina a quella di tanti operatori e utenti. Gli incentivi, dopo quanto successo negli ultimi anni con le martellate date ai finanziamenti e leasing sono noccioline, consolazioni per spegnere le lamentele.  Anzi sono quasi offensivi: la nautica da diporto fa solo una piccola conquista.

Il meteo man Roger Badham detto “Clouds” ha sconsigliato di mandare in mare barche e team, si aspetta vento forte, pioggia, una giornata dura. Se così si può dire dell’estate australe. Preoccupazione per il giorno perso.