I fatti contano più delle opinioni. E i numeri, più dei fatti. Le cifre le mette sul tavolo Stefano Zaghis, amministratore delegato della Mita di Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, che sta trasformando la storica enclave militare dell’Arsenale della Maddalena, in un resort di lusso.

“Il nostro impegno è robusto” sottolinea Zaghis. “Ai 65 milioni di investimento se ne aggiungono 5 per la comunicazione e altrettanti per realizzare i lavori non completati dal G8. Il summit avrebbe dovuto essere il traghettatore di tutto l’arcipelago verso un’economia che mettesse a risorsa e valorizzasse le bellezze naturali della Maddalena, che segnasse il passaggio definitivo da un’economia dalla forte presenza dello stato a quella privata. Il G8, a seguito del terremoto in Abruzzo, è stato organizzato all’Aquila. L’unica cosa rimasta, di un evento che non c’è stato, è la riqualificazione del complesso dell’Arsenale. In concreto, la gara cui ha partecipato Mita Resort”.

Detta così, sembrerebbe facile e consequenziale.

“ Tutt’altro. Il 2009  è stato il peggiore dal 1929; 80 anni dopo il crollo di Wall Street la situazione finanziaria mondiale si è fatta complessa e difficile. La gara cui abbiamo partecipato si è innestata in un contesto turistico-alberghiero delicato. Le transazioni di resort e alberghi in area EMEA (Europa, Middle East, America) sono scese da 23 mila del 2007 a circa 8 mila del 2008 a 2500 del 2009.  Per dirla tutta: le multinazionali alberghiere hanno tirato i remi in barca. Noi ci abbiamo creduto avendo già nel Sud della Sardegna il Forte Village. Aggiungo che, grazie a un accordo con il gruppo Sansedoni apriremo un resort a Teulada, a un’ora da Forte Village. La bontà di un investimento sta anche nella lungimiranza del progetto che lo determina e la dottoressa  Marcegaglia ha deciso di impegnare risorse importanti per lanciare il turismo in Sardegna”.

Scansiamo i luoghi comuni. Passato, presente e futuro.

“La considerazione del contesto storico- sottolinea Zaghis- è ineludibile. Noi entriamo in un momento complesso nella vita dell’arcipelago che dopo 240 anni cambia realtà e prospettiva. La vocazione militare risale al 1767, quando i Sardo-Piemontesi conquistarono l’arcipelago sottraendolo ai Genovesi. Nel 1931, con all’apertura della Scuola Allievi Sottufficiali, la Maddalena aveva 12 mila abitanti e, forse, era l’unico luogo della Sardegna con le strade illuminate. La Marina Militare era il volano della sua economia e il benessere era diffuso. E’ sopraggiunta una progressiva emorragia: quasi mille maddalenini se ne sono andati mentre Olbia passava da 3 mila a 70 mila abitanti. L’altro evento importante, nel 1968, l’arrivo della base militare americana, abbandonata nel 2008,che ha generato altro indotto”.

Mettiamo insieme numeri e date?

“Comincio dalle seconde: tra aprile giugno 2011 saremo all’80 %; il 2012 saremo completamente a regime. I numeri? Il Marina avrà oltre 600 posti barca (sino ai megayacht da 120 metri) in vendita e in affitto per periodi medio-lunghi, un cantiere navale, magazzini. La Maddalena Hotel & Yacht Club, 95 camere e 6 suite. I due Garden Loft, complessivamente, 88 appartamenti. Il Marina Residence, 57 suite, Poi, ristoranti, Medical Spa, boutique di alta gamma, banca, supermercato. E l’Overwater Conference Center, un auditorium, da 500 posti”.

Zaghis sorride quando gli chiediamo cosa “pagherebbe” pur di avere avuto tutto pronto per il Louis Vuitton Trophy.

“ Ci hanno consegnato il complesso con sei mesi di ritardo, cui se ne aggiungono due per i noti fatti di cronaca. Così non fosse stato, la nostra nave sarebbe pronta. Ma come dice la nostra pubblicità, questo è il luogo del futuro. Confidiamo che il Louis Vuitton Trophy torni qui. L’accoglieremo nel modo migliore”

Donatello Bellomo

Gli allenamenti sono finiti: i dieci team in gara sono ormai pronti all’inizio del Louis Vuitton Trophy. Da sabato si comincia a fare sul serio. Domani il primo passo ufficiale: la cerimonia dell’alzabandiera sul pennone allestito vicino alle barche ormeggiate. Un momento di sapore particolare perché segna il ritorno alla vita di un luogo storico per la marineria: qui sono passate le navi della flotta di Horatio Nelson, incaricato del famoso blocco di Tolone dove era chiusa la flotta francese, è stata una base importante della Marina Militare Italiana a base di una flotta della Navy degli Stati Uniti. La cerimonia, aperta al pubblico, è in programma per domani alle 19. Ad alzare la bandiera saranno gli allievi della scuola sottufficiali di La Maddalena, accompagnati dai rappresentanti dei team. Subito dopo ci sarà la conferenza stampa degli skipper. Per La Maddalena dopo il Trophy si aprono nuove prospettive grazie alle nuove strutture alberghiere e al porto turistico che sarà il più grande della Sardegna del nord. L’iniziativa presa dalla Regione Sardegna e dal Governo fa un po discutere per le modalità. Tuttavia resta il fatto che anche La Maddalena in pochi anni ha visto scomparire una fonte di reddito notevole: con la partenza degli americani e della base militare si sono persi numerosi posti di lavoro che il diporto può re integrare. Se è vero, come scrivono molte statistiche, che ogni quattro posti barca c’è un posto di lavoro i settecento che sono previsti, di taglia grande possono essere almeno centocinquanta posti recuperati. Purtroppo si fatica sempre un po’ a vedere nel divertimento dei “Vip” una fonte di guadagno quanto lo sono le loro imprese. Tutto sommato fa molto più Robin Hood togliere denaro ai portafogli con le vacanze che contribuire alla produzione industriale, che di soldi ne fa guadagnare.
Per i team è finalmente il momento della verità. Antonio Marrai di Luna Rossa dice: “sono soddisfatto di quello che hanno fatto negli allenamenti. E’ stato tempo impiegato bene. Abbiamo cercato di ritrovare il team: in queste regate l’amalgama è molto importante, e siamo qui per capire se possiamo puntare a esperienze più importanti dopo questo evento. Ed Baird (il timoniere che era su Alinghi, adesso su Luna Rossa) è una persona intelligente, che sa capire le persone e sta lavorando bene ”.
Su Mascalzone Latino Audi Team un ritorno, quello di Alberto Barovier, uno dei prodieri più noti del grande circuito: “Il mio è un ritorno gradito – dice – lavorare con Oracle è stata un’esperienza incredibile ma correre sotto la propria bandiera è più gratificante. Mascalzone è un team nuovo con grandi possibilità per un futuro molto intenso”.
Gli fa eco Matteo Aguadro, prodiere di Azzurra: “In questi giorni ci siamo ritrovati bene. Sono state sessioni difficili in questi giorni di cattivo tempo: ha perfino preso la scossa con un lampo, toccando il tangone in manovra sotto il temporale. Il campo è difficile, tanto vento ma anche bonacce”.

L’organizzazione de La Maddalena prosegue a grande velocità, ma soprattutto sono arrivate ieri le notizie giuste, cioè che l’atteso finanziamento è sulla via giusta per arrivare  nelle mani degli organizzatori, che hanno già anticipato una cifra notevole. Tempi “italiani” purtroppo nelle decisioni e nelle successive pratiche. Per la Sardegna e La Maddalena le regate, che hanno acceso le loro polemiche per il coinvolgimento della Protezione Civile nel processo di decisione avvenuto dopo il G8. Le regae del Louis Vuitton Trophy sono considerate una sorta di “risarcimento” per il G8 mancato. In un certo senso sono anche meglio: uno spettacolo molto più consono al carattere turistico dell’isola e alla conversione dell’Arsenale che per decenni è stato occupato dalle navi militari. Una delle basi più importanti del Mediterraneo, una delle ultime lasciate dalla Navy americana. Erano una presenza ingombrante ma anche una grande fonte di reddito per l’isola. Non stagionale, che ha lasciato comunque un vuoto. Il progetto, nell’aria da tempo e più volte proposto è di convertire in porto turistico dedicato agli yacht di lusso, soprattutto. Gli spazi sono quelli giusti, la parte a terra è ora gestita da Mita, il grande albergo non è ancora in funzione per il pubblico ma accoglierà le squadre e i tecnici.

Nelle austere sale dei Musei Capitolini due vecchi amici e signori della vela hanno raccontato le loro idee per la Coppa America prossima ventura edizione 34. La foto vale la giornata: sotto la statua originale di Marco Aurelio a cavallo, di fianco alla Lupa e alla America’s Cup Russell Coutts, capo di BMW Oracle Racing e Vincenzo Onorato inventore di Mascalzone Latino ora Challenger of Record si sono stretti la mano. Se il potere ha bisogno di simboli difficile trovarne di più efficaci, molto difficile metterne assieme di migliori. Solo una abile regia politica, non è un caso che Onorato abbia scelto Club Nautico Roma per la sua sfida, poteva riuscirci.   
I due si conoscono da tempo e adesso hanno in mano il destino della massima manifestazione velica, che è anche il più antico trofeo dello sport che si disputa ininterrottamente dalla metà dell’800. Lo spettacolo era grandioso, quello che hanno detto solo importante. Ci si aspettava un poco di più: almeno che uno dei grandi dubbi che sono sul tavolo fosse sciolto. Almeno la data,  o il luogo. Russell ha raccontato tutte le buone intenzioni e confermato molte delle promesse fatte da Ellison per una Coppa fatta di spettacolo e valori sportivi. Coutts ha detto che il Defender  sta  preparando un Protocollo con lo spirito di uno sfidante. Cioè del tutto aperto a lasciare a tutti i partecipanti la possibilità di vincere.  Ha confermato  con una organizzazione autonoma e indipendente. La differenza rispetto alla gestione Alinghi dovrebbe essere soprattutto questa: non il defender che si incarica di organizzare ma un organismo condiviso tra i partecipanti. Poi barche spettacolari, che è possibile vengano addirittura provate solo ai fini dello spettacolo e delle telecamre. Al momento ci sono due studi di progettazione che stanno lavorando per fare delle proposte concrete per un monoscato e un multiscafo. Ma, come abbiamo anticipato, le voci più insistenti si concentrano su una lunghezza di ventiquattro metri con una velocità di bolina simile a quella degli Iacc ma molto più rapide in poppa. E poi regate a misura di televisione e web: tempi sicuri, barche che navigano a 5 a 35 nodi.  Gli sfidanti dovrebbero avere la loro regata di selezione secondo la tradizione della Louis Vuitton Cup inventata nell’83 ma ci saranno eventi negli anni che precedono la Coppa, che a questo punto della storia potrebbe essere a San Francisco nel 2014. Ellison sta cercando di comprare un’isola nel Golfo, Coutts non ha confermato perchè forse sperano anche loro (come è successo con Valencia) che ci sia una città diposta a spendere per ospitare la Coppa. Restano i forti interessi economici che avevano mosso Coutts a spingere per una Coppa in Portogallo. Ogni modo ci sono delle date: entro fine agosto il Protocollo, entro settembra la barca, entro dicembre le “notice of race”. Iscrizioni aperte tra il l’inizio di ottobre e la fine di gennaio 2011.
Il seguito immediato della conferenza saranno le regate de La Maddalena, Louis Vuitton Trophy, dal 22 maggio al 6 giugno, dieci team in gara. Il villaggio sarà allestito dove doveva essere il G8. Per l’arcipelago la grande vela è una ottima occasione: tra i velisti che ben conoscono il vento della Sardegna la previsione è già di uno spettacolo da ricordare. Vincenzo Onorato con il suo Mascalzone Latino sarà il team ospitante, è lui che ha propiziato l’evento: l’equipaggio arriva da tutto il mondo: sono scaltri, esperti. Duri. Il timoniere è il neozelandese Gavin Brady. Bmw Oracle con Coutts e il giovane Spithill è il team di riferimento. Gli italiani saranno tre, oltre a Mascalzone ci sono Azzurra e Luna Rossa, di cui scriviamo qui a fianco. L’equipaggio di Azzurra ha una matrice italiana: timoniere il bravo Francesco Bruni, alcuni anni passati con Luna Rossa, tre Olimpiadi su tre barche diverse: Laser, 49er, Star. Una passione incondizionata per il mare: “io sono malato di mare” è quello che dice di se. Del resto è nato a Palermo, come dargli torto. Il suo tattico è Tommaso Chieffi. Azzurra ha vinto a Nizza la prima edizione del Trophy. Completano la lista una serie di aspiranti sfidanti per la Coppa America: Paul Cayard con Artemis, bandiera svedese e timoniere americano Terry Hutchinson. Aleph arriva con lo skipper Bertrand Pace dalla Francia. Emirates Team New Zealand è probabilmente l’equipaggio più coriaceo in circolazione, perché non si è mai distratto e non ha mai fatto altro. In fondo Bmw Oracle ha avuto da vincere la Coppa America con il trimarano con vela alare… loro solo aspettare e correre. Hanno vinto in casa a Auckland. Il timoniere Dean Barker è il centro di un sistema che vince senza parlare. La forza di sapere in ogni momento cosa fare. All4One schiera Jochen Schumann e Sebastien Col, dalla Russia arriva Synergy con Karol Jablosnki, dall’Inghilterra Team Origin.

L’Italia, sono dati della Fondazione Edison, negli anni pre-crisi si è affermata come forte esportatrice, la prima nel mondo in almeno mille settori diversi. Lo è ancora adesso e la nautica da diporto è al quinto posto in questa particolare classifica dopo  le rubinetterie, i gioielli, le piastrelle, le calzature. La nautica con l’arrivo del sole e della primavera, e non è una battuta, sembra finalmente riprendere fiato ed energia. Almeno nelle dichiarazioni ufficiali, sempre da cogliere con il beneficio di inventario: qualcuno rassicura le banche, qualcuno i clienti che ancora devono firmare il contratto. Annalaura di Luggo di Fiart è ottimista:”Abbiamo venduto oltre le aspettative – dice- soprattutto al sud. Forse c’è un poco più di ottimismo o se vogliamo superficialità, ma Lazio Campania e Toscana sono regioni che ci hanno dato soddisfazioni. Il nord è ancora molto chiuso, ingessato, la Liguria molto ferma. Di certo arriva da noi una clientela più attenta, che viene in cantiere a vedere come viene costruita la sua barca, che cerca e pretende qualità. Chi è pronto a rispondere a queste richieste può uscire bene dalla crisi: noi abbiamo continuato a investire nel prodotto e adesso ne sentiamo i vantaggi”. La ricerca di nuovi prodotti e tipologie è stato un indirizzo iniziato prima della crisi: dallo studio delle nuove esigenze sono nate carene e barche più sostenibili. Pietro Landriani di Selma Bipiemme Leasing dice: “Seppure in un mercato ridimensionato si inizia a vedere una piccola crescita. Sembra finito l’immobilismo da panico degli ultimi mesi e abbiamo recuperato qualcosa. La situazione è migliore di quella dell’anno scorso a anche i colleghi di Assilea si aspettano una crescita”. Il Gruppo Ferretti è stato sottoposto a una forte cura dimagrante, il cui risultato visibile è la concentrazione di molte attività produttive e creative che prima erano lasciate nelle sedi originali dei diversi marchi attorno all’indirizzo principale di Forlì. Lamberto Tacoli racconta: “E’ stato un anno lungo e duro sotto tutti gli aspetti, perfino meteorologici. Oggi c’è un cauto ottimismo, da febbraio abbiamo delle percezioni che non sono solo sensazioni. Il mercato si sta muovendo e abbiamo ordini su tutti i marchi del gruppo soprattutto nelle dimensioni tra 50 e 100 piedi. Oltre avevamo già ordini in casa. Un modello che ci da grande soddisfazione è il Riva Domino 86”. Uno dei più attenti e veloci a reagire alla crisi è stato Paolo Vitelli di Azimut Benetti, che per reagire ha portato le sue barche nel far east, nel nuovo salone dedicato al lusso di Hainan, una nuova meta per il turismo di lusso nel sud della Cina.

Tornando più vicino, alle nostre coste italiane, ancora da valutare il successo degli incentivi di cui è arrivato anche il regolamento di attuazione: gli aiuti per i motori fuoribordo e per la realizzazione di stampi innovativi sono stati tutti prenotati. Si stima che l’incremento al mercato dei fuoribordo possa essere del 5% mentre è più difficile una valutazione per quanto riguarda il successo dell’operazione che spinge verso il rinnovo della produzione i cui vantaggi sono tali dove si può convertire gran parte della laminazione delle carene alle nuove tecnologie. Ucina riafferma che il successo più che economico è politico, perché afferma che la nautica “esiste” e che è strategica per il paese. Dopo qualche anno da Cenerentola si torna in alta classifica. Forse umori portati dal vento, ma anche valutazioni economiche non corrette.

Arrivano anche i porti, questo si che potrebbe servire a uscire davvero dalla crisi. C’è uno schema di disegno di Legge approvato dal Consiglio dei Ministri per la riforma del sistema portuale che rivede la classificazione dei porti e ne prevede i piani regolatori, innova la normativa in materia di Autorità portuali e marittime, interviene sulla disciplina del lavoro temporaneo e sulla concessione di banchine ed aree, riconversione e riqualificazione di aree portuali. E’ questo ultimo punto a interessare molto la nautica da diporto. La cosa non è una novità: sul riuso o riabilitazione dei porti si lavora da molti anni con poco successo. Soprattutto per la resistenza a capire che i flussi del trasporto e della pesca sono cambiati e dove ci sono specchi acquei protetti si fa presto a convertire al diporto. La cosa interessante è che nel disegno esiste la previsione che i Piani Regolatori delle Autorità portuali debbano tener conto che le strutture sotto utilizzate siano destinate al diporto e inoltre acquisisce l’emendamento del Turismo sull’esenzione dei pontili galleggianti stagionali dalla licenza edilizia, che è stato sempre un motivo di gravi contestazioni e lungaggini.

Nella foto l’ingresso del porto di Castel dell’Ovo a Napoli, di fronte agli storici circoli.

E’ di qualche settimana fa la notizia dell’uscita dal Gruppo Ferretti di Attilio “Tilli” Antonelli: uno degli imprenditori nautici più dinamici dell’ultimo ventennio. E’ nato in Romagna e ha passato la gioventù a bordo del Moro di Venezia di Raul Gardini conquistando presto il soprannome di “Toro Tilli” per la sua risolutiva potenza fisica. Sicuro che nel mondo della vela non poteva far cassa ha fondato i “Cantieri dell’Adriatico” che hanno iniziato a produrre le barche Pershing, nome preso a prestito da quello dei missili inventati dal generale John Pershing. La sua è stata una delle belle favole dell’italian style: con il designer Fulvio De Simoni Tilli ha imposto l’idea di un open abitabile che ha fatto scuola, di abitabilità e stile visto che la finestrella ad arco è stata copiata perfino nelle auto. Il primo modello era un 37 piedi. Negli anni del boom il cantiere è diventato Pershing ed è confluito nel Gruppo Ferretti, trovando energie per diventare grande e fare ricerca: “per il mio bambino è stato come andare all’Università, abbiamo imparato tanto e siamo cresciuti”, dice Antonelli. Ma dopo il successo del gruppo di Forlì ha condiviso anche la forte crisi. Negli ultimi mesi Antonelli avrebbe visto bene la vendita del cantiere di cui era sempre rimasto l’anima operativa a nuovi acquirenti, fondi internazionali, che avevano fatto una offerta da 100 milioni. Il gruppo non ha voluto cedere il marchio, che ritiene strategico per uscire dalla crisi e Antonelli si è dimesso. “Hanno scelto una tattica e una strategia che non condivido: si poteva restringere il gruppo mantenendo le competenze e i valori di prima. In un angolo del cervello mi resta l’idea che prima o poi Pershing sarà di nuovo mio, vorrei e spero che non succeda quando è in coma”, afferma.

Come vede la situazione attuale del mercato?

“Sono convinto che ci siano dei segni di ripresa. Guardando anche alla situazione globale da Hong Kong a Singapore alla Thailandia, vedo qualcosa. Il mercato italiano deve riprendere le vecchie abitudini, ridimensionare le sue voglie di barca, tornare ai tempi in cui si misurava meglio la barca che ci si poteva permettere. L’effetto leasing e il finanziamento a lungo termine erogato con una certa facilità ha spinto qualcuno a spingersi ben oltre le sue possibilità: valutava la rata a breve e non tutto il contesto. Poi è successo che sulla scia di cantieri solidi ne sono nati molti fragili che sono entrati rapidamente in crisi. Il mercato ha bisogno di prodotti che hanno una concretezza totale. Non basta fare una barca bella e buona, ci vuole una barca bella, buona e che abbia più appeal delle altre. Il prodotto è il fulcro fondamentale della ripresa. Le barche inglesi sono competitive in termini di prezzo ma questo non è bastato a imporle, perché gli manca qualcosa”.

Insomma ci vogliono idee

“Certo, per esempio il progetto Why di Luca Bassani (Wally ed Hermes) mi ha acceso la lampadina della novità. Il Wallypower era l’estremo di un percorso già noto, questo è proprio nuovo. La nautica sta diventando stanca, un esempio per tutti: se si tolgono i marchi e le decorazioni dei motoscafi di una banchina del Salone di Genova è difficile anche per un esperto capire chi li ha costruiti. Sono tutti uguali. Ci vuole concretezza per non fare troppi voli pindarici ma anche la fantasia per proporre roba nuova”.

Ma le barche come i Pershing che destino hanno?

“… con o senza Tilli….? Io credo che quella tipologia continua ad avere senso perché unisce il comfort elevato alle prestazioni sportive. Tutto riconoscibile e distinguibile dal resto. Sicuramente ”.

La crisi ci porterà verso nuovi prodotti più compatibili con l’ambiente?

“Bisogna distinguere bene tra quelle che sono solo operazioni di marketing e i contenuti veri. Un pannello solare o anche un motore elettrico su una barca non fa ecologia: le barche continuano a essere quello che sono e il loro impatto ambientale è modesto perché sono poche rispetto alle auto. Io credo che lo sforzo autentico e importante potrebbe essere quello di migliorare le prestazioni delle carene, i pesi delle barche per ridurre le potenze impiegate. Questo sarebbe serio. Anche ridurre la resistenza usando l’aria per far scivolare meglio la carena. Il contributo vero all’ambiente è arrivare a una concreta riduzione dei consumi. Questi sono anche i concetti della mia nuova barca. Un day cruiser intelligente che presenterò tra poco”.

Si può sapere di più?

“Sto lavorando a questa piccola barca che non è in competizione con nessun brand del Gruppo Ferretti. E’ votata al divertimento, per fare il bagno, che si muove con pochi cavalli con belle soluzioni tecnologiche. Mi serve per riflettere su quello che potrò o vorrò fare da grande”

Da ex velista come valuta il mercato delle barche a vela?

“Nonostante sia sembrato che per qualche anno la barca vela potesse avere una sua rivincita sul motore mi sembra che non ci stia riuscendo. E’ verde per definizione ma ha il limite del tempo: la barca e vela è lenta e per alcuni diportisti questo è un forte limite”.

I cantieri seri negli ultimi anni hanno cercato di uscire da una fase artigianale per entrare in una più vicina all’industria. Questa crisi può provocare una involuzione? Un ritorno a vecchi schemi?

“Non credo si torni indietro. La mia filosofia adesso è di mettere insieme poche persone molto capaci che uniscono le esperienze sotto il mio coordinamento per arrivare a un prodotto tecnologico dal punto di vista industriale, che sia facile da assemblare perché industrializzato con cura. Fare questo significa anche avere flessibilità di struttura e di prodotto attraverso per esempio moduli intercambiabili”.

Considerato il pesce più diffuso e facile da pescare anche il merluzzo ha i suoi problemi. L’alimento che nelle sue diverse finiture, baccalà, stoccafisso, ha “motorizzato” il mondo nutrendo schiavi di colore forza lavoro degli Stati Uniti o contadini delle pianure europee è in difficoltà. La storia della pesca e del pesce di mischia con intelligenza a quella della navigazione e della colonizzazione del continente americano. Al merluzzo si devono anche le barche che hanno fatto da mamma alla goletta America, impiegate sui Banchi di Terranova. Adesso mancano i grossi esemplari da quasi due metri che hanno consentito anche ai Pilgrim Fathers che non a caso sono arrivati con la Mayflower su un promontorio che hanno chiamato Cape Cod, capo merluzzo, di sopravvivere. Si racconta che in quel posto era possibile pescare con i cesti dalla spiaggia con la bassa marea, e che anche le aragoste erano enormi e facili da prendere con le mani con la bassa marea. Si racconta anche che con ogni probabilità i pescatori baschi sapevano benissimo dove era l’America ma che per paura che altri ci andassero a pescare si siano tenuti il segreto per anni. Un libreo da leggere insomma, che talvolta (chissà perchè) nelle librerie è mischiato alle ricette di cucina e non a quelli di storia.     Scritto da Mark Kulansky ed edito da Mondadori.