Nel 95 la magia di New Zealand
La Coppa dopo la vittoriosa difesa di America Cubed contro il Moro di Venezia è rimasta a San Diego. Gli americani però sono deboli, nessun dream team con fondi consistenti come nel ’92. Ci sono però le selezioni dei defender cui partecipano Stars & Stripes di Dennis Conner, Young America che sfoggia tecnologia e una barca decorata dall’artista Roy Lichtenstein. Bill Koch schiera Mighty Mary, con equipaggio femminile e America Cubed decisamente più lenta. Gli americani si perdono tra giochi politici e vittorie in acqua e alla fine il defender è uno strano miscuglio di intenzioni. Dennis Conner, che ha scelto per timoniere Paul Cayard, vince con Stars & Stripes ma riconosce che la sua barca è lenta (ha vinto con l’esperienza e un equipaggio fortissimo) e chiede di usare Young America, del sindacato allestito dal vecchio amico John Marshall. Probabilmente è più veloce Mighty Mary, ma con Bill Koch tra proteste varie hanno litigato troppo e una eventuale vittoria con la sua barca non sarebbe opportuna. Conner commette un errore fondamentale: rifiuta di farsi “insegnare” come funziona Young America e pretende di cambiare le regolazioni e la messa a punto solo per averla osservata dall’esterno, proabilmente non avrebbe vinto ma forse qualche cosa di più poteva dire.
La vera battaglia nella fase preliminare, come spesso accade, è però stata nella spettacolare Louis Vuitton Cup, dove i soliti protagonisti hanno dato grande spettacolo. Lo sfidante è Team New Zealand, che arriva all’ incontro dopo aver perso una sola regata in tutta la serie per una piccola avaria. Quello dei kiwi è uno squadrone: sir Michael Fay dopo aver animato alcune sfide determinanti ha ceduto tutto il materiale a Peter Blake, recente vincitore del giro del mondo. Peter fa leva sullo spirito di team e sceglie per timoniere Russell Coutts, un maniaco della match race assieme al tattico Brad Butterworth e alcuni ragazzi che da tempo regatano con loro. Alcuni uomini lavorano insieme dall’87 (anno del dodici metri di vetroresina) e hanno accumulato una bella esperienza. I progettisti sono Doug Peterson e Laurie Davidson, c’è anche Tom Schnackenberg che alterna il lavoro di navigatore a quello di coordinatore delle vele. Blake dopo l’esperienza con Bruce Farr (autore e sostenitore del bompresso e della twin keel nel 92) ha deciso di ridurre drasticamente il potere dei progettisti e costruire un nuovo dialogo con l’equipaggio che vuole soprattutto affidabilità. Tutta la barca è costruita attorno al piano velico molto magro ed è strettissima. Si tratta di una “two boat campaign” nel vero senso della parola, i due scafi sono praticamente identici e progrediscono uno per volta per poter valutare a fondo l’effetto delle modifiche. Tra gli sfidanti c’è il grande ritorno di John Bertrand (lo skipper vincitore dell’83) con Australia One che conquista un singolare primato: lo scafo si spezza al centro e affonda in pochi secondi diventando l’unica barca della storia della Coppa ad essere affondata in regata. Una esperienza simile toccherà nel 2000 a Young America, ma l’equipaggio riuscirà a riportare la barca in porto. La barca persa poteva essere l’unica a dare qualche pensiero ai kiwi, mentre quella che resta, la prima varata, non è all’altezza. Gli altri sono più lontani: c’è ancora Nippon con John Cutler e Peter Gilmour, c’è Tag Heur disegno di Farr con Chris Dickson e alcuni vecchi leoni: è un programma low budget ma in alcune condizioni e con la cattiveria di Chris è davvero pericolosa, Farr escluso da New Zealand sa comunque il fatto suo e si esprime con uno scafo tradizionale molto rapido. Pedro Campos si presenta con Rioja de España, ci sono Sydney ’95 del grande appassionato ma non molto generoso Syd Fischer e France con una sontuosa campagna, che rimane fuori dalle semifinali sfidanti, allestita da Marc Pajot che finirà sulla graticola per i soldi spesi e i modesti risultati ottenuti.
Nelle regate della Coppa New Zealand umilia ogni giorno gli americani infliggendogli distacchi di oltre due minuti, così la Coppa vola a Auckland. Mitica la conferenza stampa dei vincitori, decisamente alticci: “terremo la Coppa cento anni”. Una dichiarazione un po’ esagerata…