Si scrive e parla sempre di quanto la vela agonistica e dunque la Coppa America, possa avere influenza nel mondo reale, quello di tutti i giorni. I critici degli AC 72 poi hanno sfoderato ogni argomento per dichiarare che “non serviranno a nulla”. Possibile certo che la tecnica del foiling non sia una cosa da tutti i giorni, così come le ali rigide. Però è succcesso oltre tutto in tempi non sospetti già qualche anno fa, che l’inventore del Moth si sia messo al lavoro per realizzare un kit che rende il Laser, la deriva più diffuca al mondo, “volante”.  Ian Ward con la collaborazione di Peter Stephinson ci è riuscito. Ha fatto volare nel 2009 il Laser olimpico di Michael Blackburns che ha poi raggiunto 20 nodi. Oggi la notizia diventa attuale, per saperne di più e vedere il video della deriva che vola, piuttosto stabile e anche di bolina, questo il link a Scuttlebut, noto sito internazionale di vela e regate.

http://www.sailingscuttlebutt.com/2013/08/07/video-foiling-laser/?utm_medium=email&utm_campaign=Scuttlebutt+3899&utm_content=Scuttlebutt+3899+CID_10600dd4313d56b9fe321a925da53189&utm_source=Email%20Newsletter

 

Come da programma e da previsioni Luna Rossa ha battuto Artemis nella quarta regata della finale Louis Vuitton Cup e si prepara a incontrare Emirates Team New Zealand dal 17 agosto al meglio di sette regate. E’ la terza volta in quattro sfide che Luna Rossa accede alla finale sfidanti, un bel risultato per un team in gran parte nuovo.
La quarta regata ha una storia leggermente più complessa delle altre tre, con due penalità somministrate agli svedesi, una in partenza e una per aver superato i confini del percorso, ma la sostanza è quella: Luna Rossa ha vinto con un vantaggio di due minuti e undici secondi.  La finale sfidanti era l’obiettivo di Patrizio Bertelli quando ha lanciato la sua quarta sfida e quindi si realizza. “Ho anche la soddisfazione di accedere alla finale con il budget più basso delle mie quattro sfide, nonostante queste barche complicate e il momento difficile della Coppa America”, in un momento in cui la critica di tutto il mondo a questa Coppa America è il budget eccessivo è anche una bella affermazione che fa apparire il budget più una scusa generica che una realtà: anche per altri sarebbe stato possibile partecipare, per esempio facciamo nomi Azzurra, se avesse avuto le idee più chiare e non si fosse fatta intimorire subito dai budget e dal catamarano.
Luna Rossa ha scelto di comprare il progetto neozelandese, scelta fatta a freddo sapendo che non sarebbe stato facile sviluppare la barca ulteriormente ma che sarebbe stato possibile partecipare con buone prestazioni arrivando vicini ai kiwi. Per Patrizio Bertelli d’altra parte, per la sua grande passione, era difficile restare fuori: voleva esserci, fare esperienza sui cat che forse non vuole più, ma non importa. “Credo che per avere successo di pubblico questa Coppa abbia presentato troppe novità: le barche, il percorso, e la mancanza di sfidanti – ha detto Bertelli – stanno giocando contro”.  Ma ci sono errori organizzativi di un certo rilievo, soprattutto nella gestione dello spettacolo, dei diritti televisivi. A San Franscisco hanno costruito tribune da cui non si vede quasi nulla ma si paga il biglietto e dopo l’incidente di Artemis hanno dovuto restituire i soldi. Il tentativo molto americano di vendere anche le mutande è servito poco.
Nei prossimi giorni nella base italiana si lavora a modifiche alla barca. Radio banchina dice che Luna Rossa cercherà di usare delle nuove derive che possono cambiare forma nel lato di bolina, che sarebbero in arrivo dopo esser state costruite in Italia presso il cantiere Persico, dove sono stati realizzati gli scafi. Cambiare come? Un progetto che ha l’aria dell’arma segreta che potrebbe sorprendere i neozelandesi che sono i favoriti.  Potrebbero favorire il foiling di bolina oppure al contrario ridurre il drag (la resistenza) in assenza di foiling raddrizzando il profilo della L.
Dice Bertelli: “Il nostro obiettivo era arrivare in finale e ci siamo riusciti. Credo che battere Emirates Team New Zealand sarà molto difficile, loro hanno una seconda barca e le chiavi dello sviluppo del progetto, che noi abbiamo comprato e che abbiamo faticato ad evolvere”. Ma chissà, adesso è il momento di sperare nel botto conclusivo, nel grande slam con un ritrovato tecnologico, del resto tutti dicono che le “piattaforme” contano meno dei “fin” ovvero del sistema di timoni e derive.
Gli svedesi chiudono con dignità dopo il dramma che li ha travolti. L’armatore di Artemis, Torbjon Tornqvjist,  ha affermato: “tornerò un’altra volta, aspettiamo che finisca questa edizione e che venga definito il formato della prossima edizione, ma il desiderio resta. Sono arrivato in un mondo nuovo che ancora non conosco per intero, però mi affascina”. La campagna di Artemis è costata circa il doppio di quella di Luna Rossa e hanno partecipato a quattro regate, significa circa venti milioni di euro a regata persa. Tanta roba… Qual è l’errore commesso? Il progetto è nato male, e l’inseguimento degli avversari hanno pesato più dell’incidente mortale che certamente è costato tempo. Come ricorda lo skipper italiano Max Sirena: “abbiamo battuto un team che è andato in acqua un anno e mezzo prima di noi e che ha potuto fare un lungo sviluppo tecnologico della barca. Ora faremo il massimo per farci trovare pronti contro Team New Zealand, in questa terza finale della Vuitton Cup per Luna Rossa.”

 

 

 

 

 

 

Sotto il Golden Gate Luna Rossa affila le sue armi: nella terza regata contro Artemis, semifinale della Louis Vuitton Cup, il suo timoniere Chris Draper interpreta una partenza aggressiva che inchioda l’avversario e lo mette in condizioni di perdere subito una manciata di secondi nei suoi confronti. Luna Rossa riesce così a condurre tranquillamente tutta la regata per vincere con un vantaggio di un minuto e diciotto secondi e a portare a casa il terzo punto di quattro che gli servono per chiudere la pratica con Artemis e passare alla fase finale della selezione sfidanti. L’equipaggio italiano, che nelle prime due regate contro gli svedesi era sembrato più prudente, si è invece esibito in una manovra spericolata. Anche se chi si sente forte della velocità della barca di solito rinuncia a essere aggressivo per non rischiare nulla queste iniziative servono comunque come iniezione di fiducia. D’altra parte gli svedesi crescono e ieri per la prima volta sono riusciti a compiere una strambata in full foiling, cioè navigando in sospensione sulle derive. Dice lo skipper italiano Max Sirena: “sono contento della regata, la migliore che abbiamo fatto finora, anche se gli svedesi sono cresciuti e hanno imparato molte cose”. L’equipaggio di Iain Percy e Nathan Outteridge corre con orgoglio e serietà, ben sapendo che le sue possibilità di successo sono molto molto ridotte. Nella quarta regata di oggi dovrebbero vincere e poi farlo ancora quattro volte: ben difficile che possa succedere, anche se ogni giorno imparano qualcosa. Ma la notizia vera è il ritiro dalle regate già disputate nel 2012 – 2013 con gli AC45 di tutta la “flotta”: il CEO Russell Coutts ha preferito così dopo che ha scoperto che sarebbe stato evidente che le sue barche non erano in regola per i controlli effettuati sulle barche che dovranno partecipare alla Red Bull Youth America’s Cup in settembre, senza questa esigenza nessuno avrebbe mai scoperto l’inganno. Una questione di tre chili di struttura trasformati in piombo che rendono le due barche di Oracle diverse da quelle degli avversari, probabilmente senza alterare molto le prestazioni. Ma di imbroglio si tratta, gli AC 45, le barche con cui si è corso negli anni scorsi, sono infatti monotipi e dovrebbero essere tutte esattamente identiche. Ad aggravare la situazione il fatto che il cantiere che li ha costruiti dipende direttamente da Oracle che in qualche modo doveva essere garante della loro uniformità. La dichiarazione ufficiale parla di modifiche effettuate nell’ultimo anno mai ripristinate. Ci ha rimesso, al momento, solo un operaio che avrebbe preso questa iniziativa. Il ritiro di Oracle significa anche che Luna Rossa è vincitrice del circuito 2012 – 2013. “Ma non mi importa molto – afferma Max Sirena – trovo che ci perda molto il nostro sport, questa cosa non doveva succedere mi spiace per molti amici che ho in Oracle ma significa perdere molto della nostra immagine di sport pulito”. La Giuria potrebbe prendere delle iniziative contro Oracle che danneggia l’immagine della Coppa America. La buona notizia è che il pubblico sulle rive della baia di San Francisco sta crescendo un poco: le tribune a pagamento sono semivuote mentre gli spazi di aggregazione spontanea si sono riempiti.

Solida vittoria di Luna Rossa nella seconda regata delle semifinali Louis Vuitton Cup, Artemis è arrivata sul traguardo con due minuti e sei secondi di ritardo, in evidente difficoltà. Più che il cronometro, le condizioni del vento erano molto leggere, con un vento di dodici nodi e una media sul percorso poco sotto i 22 nodi, conta aver visto quanto Luna Rossa sia più rapida nelle accelerazioni e sicura nelle manovre. L’equipaggio di Luna Rossa però è contento a metà, il timoniere Chris Draper dice: “abbiamo vinto, ma possiamo navigare meglio”. Le immagini hanno restituito un errore piuttosto pericoloso, quando in una manovra molto rapida Luna Rossa è letteralmente caduta rischiando di ingavonarsi. Dice Max Sirena: “Oggi abbiamo conquistato un altro punto importante nella semifinale ma soprattutto è stato incoraggiante vedere come accelerazione e performance dell’equipaggio si siano dimostrate superiore ai nostri avversari anche in condizioni di vento più leggero e instabile”.
Artemis, che nella prima regata era comunque sembrata veloce, ha sofferto molto le condizioni leggere il suo timoniere Nathan Outteridge ha ammesso: “la regata è stata molto fustrante, vento debole e difficile da interpretare. Abbiamo bisogno di più tempo sulla barca, è stato il giorno più difficile dei pochi che abbiamo passato navigando. Luna Rossa è a metà del suo cammino verso la finale della Louis Vuitton Cup, dopo la giornata di riposo venerdì e sabato le due regate decisive.

Doveva essere quella che a Napoli chiamano una passeggiata di salute, quattro passi sul lungomare tranquilli e sereni, invece la prima regata della Louis Vuitton Cup tra Luna Rossa e Artemis ha prese presto una brutta piega. Prima della partenza infatti l’ala rigida del catamarano italiano ha iniziato a mostrare segni di cedimento, la pellicola termo restringibile che viene sovrapposta alla struttura infatti ha iniziato a staccarsi in maniera piuttosto pericolosa. Il prodiere Nick Hutton ha fatto il possibile per riparare il danno con dell’adesivo ma la perdita di tempo ha provocato ritardo nell’ingresso nel box di partenza e nelle manovre successive. Il risultato è che Artemis, alla prima regata di questa Coppa, è riuscita a partire in testa e girare la prima boa al comando. Una soddisfazione non da poco, come ha sottolineato lo skipper Iain Percy (uno dei velisti inglesi più forti) “Una settimana fa non sapevamo neanche se saremmo riusciti a partecipare alla regata, passare in testa la boa e poi dimostrare che la nostra barca è anche veloce è una bella soddisfazione. Siamo molto entusiasti e super orgogliosi – ha commentato lo skipper Iain Percy – Pensare di essere sul campo di regata con venti nodi d’aria dopo appena una settimana di navigazione è qualcosa che faceva parte dei sogni”. Poco dopo aver doppiato la prima boa, gli svedesi hanno strambato navigando verso sinistra e la mancanza di esperienza si è fatta sentire. Nella manovra la barca ha smesso di “volare” sui foils e Luna Rossa, capace di restare sospesa nell’aria anche durante le manovre più estreme, ha ben presto messo le prue davanti. “Come immaginavamo la maggior differenza di velocità la si è registrata alle portanti e in fase di manovra – ha spiegato Percy – Purtroppo la nostra barca non era nata per fare foiling. La posizione e la dimensione dei timoni, così come quella degli elevatori, rendono le strambate difficili, ma miglioreremo. Quando riusciamo a volare siamo veloci”. Nel secondo lato Luna Rossa sfrutta il suo allenamento migliore nelle manovre e supera l’avversario. Chi riesce a strambare restando in full foiling, tecnica di cui sono maestri i kiwi ma che riesce anche ai nostri, può guadagnare fino a dieci lunghezze sull’avversario. Alla fine Chris Draper conduce Luna Rossa al traguardo con un minuto e cinquantasette secondi di vantaggio su Artemis. Sono pochi… soprattutto se si considerano i ritardi accumulati con New Zealand e in qualche modo dimostrano che Artemis è veloce e che gran parte del vantaggio viene conquistato nelle manovre. Artemis sembra stringere meglio il vento di bolina mentre si capisce che l’equipaggio non ha ancora ben compreso come regolare le derive navigando in foiling. Per tentare di capire meglio come funziona questa tecnica si può pensare al gioco della mano fuori dal finestrino dell’auto, che prima o poi hanno provato tutti nella vita: con certe inclinazioni la mano sale, con altre scende. Questa sera seconda regata… Luna Rossa per passare il turno deve conquistare altri tre punti. Dice Max Sirena, skipper italiano: “siamo soddisfatti del punto anche se le cose potevano andare meglio, miglioriamo ogni giorno”.

I critici incalzano: questa Coppa America non sarà interessante, costa troppo, non c’è match race, non è il nostro sport antico. Ma è davvero così? Se si prova a spostare il fuoco della prospettiva per andare caccia di contenuti in realtà se ne trovano di forti: tecnologia, tecnica, novità. E’ una regata che ha sempre scritto la sua storia con la grammatica dell’innovazione. La goletta America non era un catamarano ma andava il doppio delle barche inglesi. I sontuosi J Class che con le loro linee ci ricordano decadenza e nostalgia erano in realtà i “mostri” del loro tempo, gli anni ’30. Barche qualche volta costruite con materiali destinati a durare poco, alcuni armati e progettati con l’aiuto di industrie aeronautiche, proprio come succede adesso per i catamarani della classe AC 72 voluti per portare spettacolo e rivoluzione in un mondo dove forse per inseguire il pubblico, bastava mettere a punto le riprese televisive e soprattutto farle davvero. Una delle giustificazioni (conferenza stampa di Roma, c’era ancora Mascalzone Latino nella parte del Challenger of Record) che hanno portato alla scelta dei cat c’era la televisione, ma adesso in pratica non sarà prodotta nelle fasi iniziali.  Fiducia nella macchina, fiducia nella velocità, fiducia nel rischio e non della capacità di comunicare degli atleti e degli uomini: sono alcuni di quelli che potrebbero essere errori di prospettiva, indossando gli occhiali dello sport olimpico, che hanno portato verso questa che si è dimostrata essere una dimensione rischiosa anche se affascinante. L’estetica non compresa di questa Coppa è la velocità, marinettiana e definitiva. Negli anni trenta l’aviatore sir Thomas Octave Murdoch Sopwith, da sfidante di Harold Vanderbilt, per gli Endeavour aveva voluto i suoi ingegneri: dalle sue fabbriche erano usciti i Sopwith Camel cari a Snoopy che sui cieli d’Europa incontravano il Fokker del Barone Rosso. Dunque poco si inventa, tanto si applica, anche perché tutto quello che si muove in acqua somiglia tanto a quello che vola in cielo. E gli AC 72 volano sull’acqua con le loro vele rigide e le derive da aliscafo. Ala che già il magico Dennis Conner aveva usato per umiliare i neozelandesi nell’88 con il suo Stars & Stripes. Al bar adesso si parla in aeronautico: drag, fin, foil, wing, wetted surface, CFD computational fluid dynamics. Se dopo Azzurra e il Moro erano tutti professori in tattica dopo questa Luna Rossa saranno tutti ingegneri. Per vincere bisognerà star lontani dall’ avversario ed essere più veloci. Del resto siamo nel terzo millennio e la Coppa America è come un ago della bussola: si orienta dove va il mondo. Purtroppo si è già capito che questi catamarani sono troppo potenti, voluti così grandi per non esser più piccoli di barche di altre regate importanti alla fine sono attrezzi isterici: formidabili prestazioni, formidabili rischi. Come in Formula Uno? Si, no, quasi: passato il tempo in cui salirci era sinonimo di vivere a tomba aperta le auto hanno raggiunto un grado di sicurezza notevole perché se ne conoscono le reazioni. Lo stesso carbonio con cui sono costruite le barche serve per realizzare una cellula di sicurezza dove il pilota è protetto. Questa strada di questa tecnica è sicuramente impervia, criticabile, soprattutto perchè sul piano emotivo una morte, oltre tutto così mal gestita, pesa e peserà ancora molto. Qualcosa però di questo nuovo mondo resterà. I kiwi hanno imparato la lezione: hanno costruito una barca che non gli piaceva, per vincere e cambiare le regole. Anche la poesia di un equipaggio condotto da un uomo di sport vero come Grant Dalton (che la sua velocità non sia casuale?), che ricordiamo agli smemorati ha vinto un giro del mondo in catamarano con un prosciutto nascosto nell’albero da Stefano Rizzi. Dalton, manager a terra e grinder in volo,  è un simbolo di come si possono ottenere i risultati, di come si costruisce una squadra vincente soldi o non soldi. La vittoria, come la mediocrità, sono un metodo di vita, un driver che cala in ogni squadra, un carattere. Per i kiwi, comunque vada a finire, vincere è una professione che si pratica con una grammatica di eventi e desideri che sono molto lontani dalla vela come la conosciamo in occidente, tutta aperitivi e mondanità. Certo esistono anche quelle cose li, ma non sono la sostanza. Comunque vada ci ricorderemo di questa Coppa, cercheremo di capire quanto Oracle abbia aiutato Artemis dentro e fuori dalla sala Giuria, così come Luna Rossa non sia veloce quanto New Zealand. Ma un ricordo forte sui libri ci sarà. E questa è Coppa America.

Ultima corsa di luglio domenica notte per Emirates Team New Zealand che dopo aver navigato contro Luna Rossa per conquistare il nono punto dei Round Robin della Louis Vuitton Cup ha comunicato che esercita il suo diritto di presentarsi sul campo la prossima volta per la prima regata della finale della selezione sfidanti che inizia il 17 agosto. La regata contro i nostri eroi è stata la solita formalità: una partenza appena più combattuta e poi una cavalcata solitaria verso l’arrivo con la consueta tecnica perfetta e il vantaggio che cresce a ogni boa per fermare il cronometro a 3 minuti 20 secondi. Poco dopo la fine della regata è salito a bordo Tom Cruise, mossa brillante del sindacato condotto con forza da Grant Dalton che a 56 anni suonati non rinuncia a salire sugli AC72 come grinder. Aver accolto a bordo di Aoteroa un ospite così “delicato” è per i neozelandesi una ulteriore dimostrazione di forza. L’affermazione di essere del tutto tranquilli per la sicurezza della loro barca. Qualcuno ha fatto anche notare che Cruise è il nome di un missile molto famoso, come sta diventando la barca degli All Black della vela. Per i kiwi la decisione di saltare la fase semifinale, che inizia il 6 settembre, era piuttosto ovvia: nessuno rischierebbe la barca (con i rischi che si corrono sotto il Golden Gate) in regata. Lo skipper Dean Barker ha detto che “abbiamo deciso di usare il tempo che abbiamo per migliorare la nostra tecnica di partenza e mettere a punto alcuni particolari della barca”. Emirates Team New Zealand, va ricordato, è l’unico sindacato che ha due barche “full foiling” ovvero realizzate fin dal primo momento per volare sull’acqua. Il defender Oracle ha modificato la prima barca ed esiste una concreta differenza tra prima e seconda, che si traduce in allenamenti peggiori contro se stessi. Nella vela tradizionale capita che la barca lepre per stimolare l’equipaggio titolare venga resa più veloce (si dice metterla fuori stazza, è come aumentare la cilindrata) ma nel caso di Oracle è palese che la barca modificata sia più lenta. La semifinale Louis Vuitton Cup sarà quindi una questione tra Luna Rossa e Artemis che a oggi non ha ancora disputato una regata e ha navigato pochi giorni sul campo cercando di uscire dalla pessima situazione in cui è precipitata dopo l’incidente di Andrew “Bart” Simpson. L’incontro somiglia a quello della finale Louis Vuitton del 2000 quando Luna Rossa era contro AmericaOne di Paul Cayard e i due disputarono una delle regate più combattute della storia finendo 5 a 4. Adesso Cayard è CEO, con qualche critica da smantellare, del sindacato svedese. Il pronostico è a favore di Luna Rossa, che è decisamente in difficoltà contro New Zealand ma che dovrebbe reggere il passo contro gli svedesi. Si è allenata a lungo, anche se come ricorda Max Sirena: “stiamo navigando con barche di una formula molto nuova, la curva di apprendimento è molto ripida e possono esserci sorprese. Artemis potrebbe aver indovinato la barca ed essere più rapida di noi anche con modesto allenamento”. Vero, anche se proprio gli incontri tra Luna Rossa e New Zealand ci hanno insegnato quanto sia determinante anche saper portare la barca al massimo livello.
La Coppa America prosegue lentamente e pesantemente criticata da più parti, forse è un po’ presto per tracciare un bilancio, anche se i conti in tasca ai sindacati si fanno per sentito dire e nessuno rinuncia a dire che costa troppo anche se è piuttosto evidente che cota meno del 2007.  Quel che sembra certa è la incapacità degli organizzatori di fare audience: doveva essere la Coppa del Web ma i contatti sul canale You Tube sono ridicoli (5500 durante l’ultima regata ETNZ contro Luna Rossa), forse un segno che i diritti Tv andavano regalati per tempo e che il Web non è ancora abbastanza per conquistare pubblico.