Oggi 22 agosto 2013 fanno centossessantadue anni di Coppa America, o meglio per non irritare gli storici più precisi, anni passati dal mitico 1851, anno dell’Esposizione Universale di Londra, della sfida del New York Yacht Club agli yacht inglesi e della regata che ha visto in palio la Coppa delle Cento Ghinee: trofeo in argento forgiato da Garrard (gioielliere della regina) in due forse tre esemplari nel 1848 e mai venduto fino a quell’anno. Uno, dopo la conquista della prima regata attorno all isola di Wight per mano americana è diventata la Coppa America e piano piano si è arricchita delle iscrizioni dei partecipanti e dei vincitori: due i nomi italiani, quello del Moro di Venezia challenger del 92 e quello di Luna Rossa, challenger del 2000. Per farci stare tutti i nomi sono stati aggiunti due cilindri che la rendono ancor più pesante sia da vedere che da sollevare e le tolgono un po’ dell’aspetto antico iniziale. Delle copie si sa poco, naturalmente è tutto intriso della stessa leggenda che pervade tutto l’evento di cui ognuno ha la sua verità. Una è visibile a Gstad (avete letto bene, località di montagna) dove un esclusivo Yacht Club per banchieri sciatori sfida le temperature peggiori e manda in giro il suo guidone, non è chiaro se sia una copia originale (come affermato) o più realisticamente una copia realizzata con gli stessi stampi, conservati ancora da Garrard. Lo Yacht Club di Gstad aveva anche pensato a fare davvero la Coppa America, ma alla fine l’evento rompe la serena tranquillità delle primavere tra le stelle alpine. Molto più gustosa la leggenda sull’altro esemplare, che sarebbe sul caminetto di Ted Turner nel Texas: captain Outrageous avrebbe, secondo i più fantasiosi, addirittura sostituito la Coppa quando l’ha vinta con quella originale. In realtà la “originalità” della Coppa viene controllata attraverso marche e segni che solo alcuni depositari conoscono e che di tanto in tanto controllano. La Coppa viaggia in aereo, ma sempre su un sedile da passeggero e sempre controllata da una guardia del corpo.
Rimpianto: si chiama così lo stato d’animo di Max Sirena e del suo equipaggio al rientro in banchina dopo aver perso altre due regate contro Emirates Team New Zealand nel quarto giorno della Louis Vuitton Cup, che valgono il 4 – 1 per i kiwi. Ai ragazzi di nero vestiti che arrivano dall’ altro emisfero servono altre 3 vittorie per accedere al vero titolo di Challenger, vittorie che possono arrivare abbastanza facilmente nei prossimi giorni soprattutto con vento medio leggero come quello di ieri. Luna Rossa infatti spera sempre di più con vento forte.
La cronaca è molto breve per la prima regata: Chris Draper è partito maluccio perché dopo aver costruito bene la posizione ritarda, nella speranza di rallentare l’avversario orzando, il momento in cui lanciarsi in velocità verso la prima boa. Ai kiwi bastano pochi secondi di anticipo nella poggiata per cominciare a mangiare vento alzarsi sui foil e diventare imprendibili. La solita storia, il solito film già visto. Anche se, a dirla tutta, sembra che ci sia una differenza di velocità ma anche che essere davanti sia troppo importante. Il ritardo sul traguardo 2 minuti e 17 secondi. Altri dati significativi? La velocità media di Emirates è di 26,94 nodi per un vento di 14 alla partenza, quella di Luna Rossa 25,29; velocità di punta per i vincitori 44,04 nodi, per Luna Rossa solo 39,99. Sembrano differenze elevate, eppure si costruiscono con piccoli particolari. I neozelandesi dal momento del varo della loro prima barca a queste regate hanno guadagnato 15 nodi in velocità massima a pari vento. Dai 30/33 che sviluppavano i primi giorni di foiling sono arrivati a sfiorare i 50. Con per un monoscafo tradizionale è un guadagno impensabile eppure sono differenze costruite non solo con le modifiche a scafi, ali e derive ma anche con i piccoli particolari del “boat handling” (conoscere a fondo la propria barca) in cui sembrano migliori anche degli americani. Dice una fonte da lasciare anonima “ci siamo resi conto che più sali in velocità più contano le piccole cose, particolari di regolazione, limature. Alla fine Luna Rossa non è molto diversa da noi, è anzi praticamente la stessa barca, ma meno evoluta”. Insomma anche che Luna Rossa, che condivide il progetto del primo scafo, potrebbe essere più vicina all’avversario. Dove sta la differenza? Sicuramente ha un po’ di ragione MAx Sirena quando fa capire che i kiwi si sono tenuti qualche segreto e le chiavi per evolvere il progetto. Però lui stesso ammette che lavorando di più si poteva essere più vicini.
Ma torniamo alle regate molto più da raccontare per la seconda prova, con Draper più reattivo la Luna riesce a restare molto più vicina all’avversario nel lato di poppa dove il tattico Francesco Bruni intuisce bene come approcciare il cancello (si passa tra due boe) in maniera da annullare il piccolo vantaggio kiwi e addirittura mettere la prua davanti. Ma qui si comincia a vedere tutta la differenza di potenziale tra le due barche e i due equipaggi. New Zealand parte alla rincorsa, salta come un cavallo che schiuma stretto di morso e spinto di speroni, fuori dall’acqua, accelera in foiling supera e controlla la Luna. Sono bei momenti… di speranza, ma si comprende il grande lavoro dei kiwi e come siano sempre in grado di uscire dalle situazioni critiche. Emirates vince ancora con un minuto e 27 secondi di vantaggio. Il vento è poco sopra i 19 nodi, ETNZ impiega un minuto meno che nella regata precedente, chiudendo in 24 minuti 25 secondi alla media di 28,44 nodi contro i 27,29 di Luna Rossa. Punte massime per i kiwi di 43,77 e 39,23 per Luna Rossa. Finora il foiling era stato una abitudine di poppa ma raramente si era visto di bolina. Questa manovra potrebbe dimostrare che Emirates Team New Zealand può perfettamente farlo anche di bolina ma che non lo vuole mostrare a Oracle che in alcuni casi è sembrato in grado di farlo, soprattutto in alcuni allenamenti contro Artemis. Il vero problema del foiling di bolina è controllare l’altezza a cui tenere lo scafo: se si alza troppo si comincia a scarrocciare molto e una regolazione continua non è facile, anzi poco possibile.
I rimpianti di Luna Rossa? Li spiega lo skipper italiano Max Sirena: “a ogni regata ci rendiamo conto che se avessimo avuto più tempo per navigare e mettere a punto la barca saremmo più vicini ai kiwi. Siamo contenti anche così per quello che abbiamo fatto”. Forse Max vorrebbe dire, ma non può, dovevamo crederci prima, crederci di più. Tutto succede sullo sfondo di una edizione della Coppa America che tutti vogliono a tutti i costi criticare. Eppure la velocità, l’azione, ha qualcosa di leggendario che non rivedremo tanto presto e che resteranno nella storia di un evento scritta con la grammatica degli eccessi, quasi mai delle cose ragionevoli. Ma la Coppa insegna: se vinceranno i kiwi con i loro capelli grigi sarà la vittoria dell’esperienza, quella di un equipaggio stabile cresciuto per gradi dove alla gioventù si da un significato relativo.
Oracle ha ritirato su indicazione della Giuria la ridicola protesta per “trepassing” ma ne sta inventando di nuove mentre non ci sono novità sul caso più spinoso di Oracle. Riparato il timone rotto si è allenata con regate tra i due equipaggi sullo stesso percorso: sembrano veloci anche se non così rapidi nelle manovre, più sintonizzati su vento medio. Mentre il confronto di Emirates con Luna Rossa sembra proprio a senso unico la Coppa America potrebbe non esserlo, questo comincia a preoccupare qualcuno.
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