Azzurra, lo storico nome legato che per ha portato per la prima volta l’Italia in Coppa America con la sfida per la edizione 1983 a Newport torna sul palcoscenico della grande vela. Dopo aver rinunciato ad allestire una sfida per la edizione 34 della Coppa è il nome di una barca che partecipa al circuito MedCup Audi, che si corre con le barche della classe TP52, una formula inventata per traversare l’Oceano Pacifico da San Francisco alle Hawaii presa a prestito per queste regate tra le boe, il successo del circuito è stato deciso da Juan Carlos di Borbone qualche anno fa ha scelto di costruire una barca (le barche del Re si chiamano Bribon, che significa più o meno ragazzaccio) per partecipare “sdoganando” di fatto il neo nato circuito. La prima tappa è in corso a Cascais, L’armatore di Azzurra è Alberto Roemmers, appassionato socio argentino dello Yacht Club Costa Smeralda, la barca è nuova costruita su progetto di Rolf Vroljik (quello di Alinghi per non sbagliare) le basi di organizzazione ed equipaggio sono quelle di Matador, nome della barca precedente dello stesso armatore con skipper Gulliermo Parada e l’addizione non superflua di Francesco Bruni, uno dei migliori velisti nazionali e Vasco Vascotto, che merita la medesima definizione. Il progetto è seguito in prima persona dal Commodoro dello Yacht Club costa Smeralda Riccardo Bonadeo, madrina del varo è stata Zahra Aga Khan. Bonadeo dopo aver accarezzato il sogno di rilanciare una sfida con il nome Azzurra in Coppa America partecipando al Louis Vuitton Trophy conserva un altro sogno nel cassetto, quello di un giro del mondo in equipaggio Volvo Race. Dice Bonadeo: “Cerchiamo qualcosa che tenga viva l’icona di Azzurra, quando ci siamo noi c’è subito un nuovo interesse per la vela e il mio impegno è di riuscire a trasmetterlo in maniera corretta. Insomma Azzurra fa bene al futuro della vela. Il mio sogno resta il giro del mondo che resta la regata di riferimento per molti di noi”. Bonadeo, che per le sue barche usa il nome di Rrose Sélavy, pseudonimo femminile dell’artista Marcel Duchamp, commenta anche la situazione della Coppa America che ha perso il Challenger of Record Mascalzone Latino: “come molti sanno io e Vincenzo Onorato abbiamo discusso e non dovrei esser io a commentare la situazione … in realtà mi spiace molto quello che è successo e do atto a Vincenzo di aver fatto una grande fatica per portare l’evento su binari ragionevoli, per renderlo un gioco possibile sia per lo spettacolo che per i budget. Adesso penso tutto il peggio possibile, proprio non mi piace”. Gli avversari forti di Azzurra sono Synergy (Russia), Quantum Racing (Usa), Ran (Svezia), Container (Germania) e All4One (Francia-Germania), Bribon (Spagna). Le tappe del MedCup 2011 saranno cinque. Il 16-24 maggio; 14-19 giugno a Marsiglia; 19-24 luglio a Cagliari; 23-28 agosto a Cartagena; 12-17 settembre a Barcellona. Dal 2 all’8 ottobre lo Yacht Club Costa Smeralda ospiterà a Porto Cervo il TP 52 World Championship 2011.
Da mesi se ne parlava, ma nessuno ci credeva davvero: radio banchina continuava a ripetere che Vincenzo Onorato, dopo aver conquistato per amicizia con Coutts il ruolo di Challenger of Record, cioè quello di primo sfidante del Golden Gate Yacht Club, si sarebbe ritirato dalla Coppa America. Ieri invece l’arrivo del comunicato ufficiale: Mascalzone Latino si ritira, rinuncia alla sfida presentata al Golden Gate Yacht Club del defender Oracle attraverso il Club Nautico Roma e quindi non partecipa alla edizione 34 della Coppa America. Motivo ufficiale la difficoltà a raccogliere il denaro necessario ad allestire una sfida ben fatta, competitiva. Da mesi Mascalzone Latino era distratto. Non è mai salito, ad esempio, con un equipaggio completo sui catamarani della classe AC 45, piccoli mostri con vela alare che hanno debuttato a Auckland qualche settimana fa: sintomo di una decisione imminente. C’è dell’altro: Onorato ha molto lavoro per seguire la sua compagnia di navigazione Moby Lines e per la questione Tirrenia, così dice: “non ho tempo per seguire personalmente la sfida, se non ci sono io il sindacato non funziona e senza il mio contributo diretto non riesco a raccogliere gli sponsor. Quando scendo in mare voglio vincere, dunque una sfida persa in partenza non mi interessa, mentirei agli sponsor, ai nostri tifosi ed anche a me stesso”. Quanti soldi servivano? 40 milioni per esserci, un po’ di più per vincere qualche regata, almeno 80 per puntare alla vittoria. Come risultato del ruolo di Mascalzone Latino si era parlato a lungo di Venezia e Trapani come possibili sedi di regate ma tutto si è fermato tra richieste economiche eccessive degli americani, ma alla fine molto trattabili, e lentezze politiche. Il primo evento della prossima edizione con i catamarani Ac 45 che poteva essere in luglio a Venezia sarà in agosto a Cascais, Portogallo.
Forse un errore di Vincenzo, che resta uno degli armatori più appassionati, è stato proprio quello di strizzare l’occhio alla politica, che in realtà non è stata in grado di assicurare e soprattuto di capire che la Coppa poteva essere una grande occasione. Dall’altra parte del mondo il governo stanzia 36 milioni di dollari per Team New Zealand perchè crede nell’industria nautica. Qui fatichiamo a rendere operativi dei coefficienti adeguati per il redditometro o rendere umani i controlli in mare.
Prima di Mascalzone che ha partecipato alla Coppa nel 2003 e nel 2007, sono stati Challenger of Record Azzurra nell’87, Il Moro di Venezia nel 92 (che in realtà “abdicò” a favore di un comitato di sfidanti) e Luna Rossa nel 2003. Adesso che succede? Il ruolo passa al Royal Swedish Yacht Club che ha presentato la sfida di Artemis, sindacato condotto da Paul Cayard e c’è un interessante retroscena. I destini di Russell Coutts, lo skipper del defender americano Oracle e di Cayard sono di nuovo strettamente legati alla Coppa: sono stati per anni due grandi “esclusi” per aver discusso con i loro finanziatori. Nel 2003 Cayard fu messo a riposo da Larry Ellison per eccesso di personalità “non voglio che diventi famoso con i miei soldi” ma questo gli costò una campagna disastrosa e l’assunzione di Dickson che nel 2007 si è riveltao anche peggio. Nel 2007 Coutts è rimasto ai domiciliari (si fa per dire) per volere di Ernesto Bertarelli per motivi mai spiegati fino in fondo prima di chiudere il contratto con Ellison, piegato dalla voglia di vincere a prendere un uomo faro e vincente. Cayard e Coutts, ai tempi dell’esilio, insieme avevano progettato un circuito alternativo con i multiscafi, che è esattamente quello che stanno facendo adesso. L’Italia resta rappresentata da Venezia Challenge, un sindacato del tutto nuovo che fonderà le sue risorse economiche su nuovi mercati e nuove strutture manageriali. Presto sapremo di più degli uomini che si sono. Finora sono pubblici i nomi di Carlo Magna e Emanuela Pulcino che hanno dato vita al sindacato. La rinuncia di Mascalzone può essere un colpo di fortuna, per raccogliere quegli sponsor che vorrebbero buttarsi nel grande palcoscenico della Coppa. Senza voler assolutamente dare giudizi su questo sindacato la cui dote migliore finora è la voglia di rischiara anche la faccia, è singolare che l’Italia a vela sia rappresentata nel massimo evento da un team del tutto nuovo, con poca esperienza. Non è solo paura degli americani, del loro vantaggio tecnologico, ma anche una sostanziale incapacità di fare squadra, progettare team ed eventi e anche rischiare. I velisti italiani sono rimasti progionieri della presunzione “tanto mi chiameranno, hanno bisogno di me”. Un marketing da ragazza sedicenne al liceo, che fa gli occhi dolci al più bello. E prigionieri della voglia di far da soli, di fare meglio. Legati ancora alla figura del padre armatore, pagatore, traghettatore. Le occasioni di fare c’erano, eccome. Forse non tanti soldi certo, ma la possibilità di partecipare esisteva.
I sindacati iscritti restano quattordici, purtroppo quelli che hanno fondi sicuri per partecipare sono molto meno: oltre ad Artemis e Oracle c’è Team New Zealand, saldamente guidato da Grant Dalton, che una volta di più ha confermato il suo carattere di nazionale della vela neozelandese. Ma in Nuova Zelanda la vela e l’industria nautica sono particolarmente importanti e il Governo punta anche a mantenere forte questa immagine “industriale”. Sembra impossibile, ma quella nautica è una delle prime del paese australe, la cui economia è fondata su allevamento e agricoltura.
Si può affermare che il gruppo Azimut Benetti con la linea Magellano ha reso disponibile una nuova tipologia: il nome del grande navigatore portoghese Fernäo de Magalhäes, il primo ad allestire una spedizione che ha concluso la navigazione attorno al globo, non è stato scelto a caso. E’ la testimonianza di voler proporre barche a tutto mare, che significa in grado navigare in ogni condizione ma anche di rispettarlo rispondendo in pieno alle esigenze di compatibilità ambientale di una utenza che si rivela sempre più matura.
Azimut Magellano 50 è stato presentato in anteprima mondiale durante il Salone di Genova e segue il primo modello della gamma, Azimut Magelllano 74, che ha segnato il cammino in questa navigazione nel mercato mondiale che ama i contorni “new classic”. Gli yacht Magellano sono il frutto di un grande lavoro di ricerca che si è spinto a esplorare nuove soluzioni in ogni aspetto fondante della barca: carena, propulsione, interni. Per Azimut Magellano 50 la carena è opera dello specialista americano Bill Dixon, il disegno particolare le consente di navigare in “dual mode”: a bassa velocità in dislocamento o a 24 nodi in planata. Il look esterno e il layout degli interni sono opera di Cor D Rover, per la prima volta su una imbarcazione di questa taglia sono disponibili ben quattro versioni. Tutte dispongono di una cabina armatoriale a centro barca, una cabina vip, ogni cabina ha il suo bagno, e possono disporre di una ulteriore cabina a letti sovrapposti oppure di una zona divano e/o studio nella zona centrale del ponte inferiore. L’interior design è opera dello Style Department di Azimut. Il dipartimento R&D di Azimut ha lavorato per una nuova propulsione ibrida disponibile in opzione che affianca di motori diesel common rail della ultima generazione, due Cummins da 425 cavalli con trasmissione V-Drive che lo spingono a una velocità massima di 22 nodi, che propone due motori elettrici da 20kW con cui si può navigare fino alla velocità di 8 nodi contando solo sulle batterie con una autonomia di 8 miglia con la dotazione standard di accumulatori (che possono essere raddoppiati) o sul generatore principale, una opzione che riduce molto i consumi di carburante (autonomia oltre 1000 miglia) e innalza il livello di comfort, attenuando drasticamente rumore e vibrazioni. Il sistema si chiama Easy Hybrid Plus e grazie al controllo elettronico si può passare in automatico dal regime elettrico a quello tradizionale spostando semplicemente le leve dei motori.
Magellano 50 è omologato in classe A CE e quindi può navigare in qualsiasi condizione di mare, dispone della certificazione Green Plus di Rina (primo yacht al mondo sotto i 50 piedi a ottenerla), di quella FSC (Forest Stewardship Council) che certifica che i legni impiegati provengono da foreste gestite con criteri di eco – sostenibilità, la laminazione in infusione della carena è realizzata negli stabilimenti Azimut di Avigliana che hanno ottenuto la certificazione ISO 14001 Ambiente.
Dice Paolo Vitelli, presidente del Gruppo Azimut Benetti: “Magellano 50 è il risultato di anni di esperienze e della volontà di proporre un progetto totalmente innovativo in cui esploriamo l’opzione della propulsione elettrica e tante nuove soluzioni. Per noi è un traguardo in nome della compatibilità. Tuttavia voglio sottolineare che in Azimut Benetti crediamo che per fare discorsi seri sulla riduzione dell’impatto ambientale bisogna lavorare sull’ efficienza generale e quindi soprattutto di riduzione dei consumi ottenuta anche con tecnologie tradizionali. Su gran parte della nostra gamma montiamo motori a bassa emissione che rispondono alle normative più severe comparabili agli Euro5 stradali, generatori con decantazione dei fumi, impianti per le acque nere sempre più sofisticati. Abbiamo iniziato a proporre tessuti naturali e legni FSC lavorati con trattamenti poco inquinanti oltre a materiali sintetici che li sostituiscono in alcune parti”.
Comincia venerdì 13 maggio il Portofino Rolex Trophy, la regata che lo Yacht Club Italiano e Rolex dedicano alle classi metriche: J Class, 12 Metri S.I., 8 Metri S.I., 6 Metri S.I., 5.50 S.I. e dragoni interamente costruiti in legno. Le regate si svolgeranno nelle acque del Golfo Marconi fino a domenica. Promessi l’anno scorso per la prima edizione i J Class arrivano a Portofino questa volta e sarà possibile vedere due gioielli della vela mondiale: il J Class Shamrock V e il 23 Metri S.I. Cambria, i cui nomi sono legati alla più antica e affascinante sfida di tutti i tempi, l’America’s Cup. Shamrock V fu costruita nel 1929 per Sir Thomas Lipton, inventore del the con scatola marchiata e delle prime forme di conunicazione sponsorizzata, e partecipò all’edizione del 1930 della Coppa America, perdendo contro il J Class americano Enterprise. E’ uno degli ultimi J Class giunti intatti fino a noi: oggi, nel mondo, ce ne sono solo cinque esemplari. Nel 1937 Shamrock V venne acquistata da Vittorio Crespi, il proprietario del Corriere della Sera, e con il nome di Quadrifoglio ha soggiornato a lungo a Genova al Porticciolo Duca degli Abruzzi. Lunga 36,51 metri e larga 6, ha una superficie velica di 702 metri quadri. Durante il Portofino Rolex Trophy ci sarà a bordo Elizabeth Meyer nipote di Eugene Meyer, primo presidente della World Bank, e di Agnes Ernst Meyer, proprietaria del Washington Post durante il Watergate. La Meyer comprò il J Class Endeavour nell’84 sottoponendolo a uno dei primi restauri totali di queste grandi barche, praticamente una ricostruzione avvenuta in Olanda presso Royal Huisman, da allora è una autorità nel mondo dello yachting classico e presidente della International Restoration School di Newport. Cambria, progettata nel 1928, è lunga 40 metri e ha una superficie velica di 760 metri quadrati. Ordinata dal magnate della carta stampata Sir William Berry fu più volte avversaria di Shamrock V sui campi di regata. E’ l’unico 23 Metri S.I. ancora navigante al mondo.
Il Portofino Rolex Trophy sarà anche l’occasione per ammirare alcuni storici 12 Metri S.I., le barche su cui si disputava la Coppa America negli anni del dopoguerra. Saranno in regata Emilia, il secondo 12 Metri S.I. costruito in Italia, Ikra, French Kiss, Kookaburra III e Sovereign. Tra gli 8 Metri S.I. è confermata la presenza di Margaret e Miranda III, tra i 6 Metri S.I ci saranno Bau Bau, Dan e Valentina. Nutrita anche la flotta di 5.50. Saranno in regata anche i Dragoni, che si affronteranno per conquistare la Coppa Alberti.
La seconda edizione della Nespresso Cup, regata internazionale riservata alla classe Wally e organizzata dallo yacht Club Italiano, si è conclusa con la vittoria di Indio di Andrea Recordati nella divisione Overall e di Ryokan 2 nella divisione Performance. Le regate sono state caratterizzate da condizioni di vento leggero. Il campionissimo tedesco Jochen Schüman, era tattico su Magic Carpet2 e testimonial dell’evento assieme a Francesco de Angelis, Loick Peyron, Grant Dalton e Samantha Davies: “Siamo stati abbastanza fortunati ad avere il vento sufficiente per completare 4 regate in tre giorni sotto il sole – ha detto – Le condizioni sono state molto impegnative per tutti con diversi rovesciamenti di fronte”. Nella divisione Overall, il 30 metri Indio è stato in testa alla classifica dal primo giorno con tre vittorie e un secondo posto proprio nella regata odierna vinta dal diretto avversario Y3K di Claus-Peter Offen. “Sono molto contento – ha dichiarato Andrea Recordati, armatore di Indio – questa è la nostra prima regata della stagione e il risultato è inatteso soprattutto per il modo con cui l’abbiamo raggiunto”. L’equipaggio di Indio è composto da un gruppo di campioni di diverse nazionalità provenienti da diverse discipline come l’America’s Cup e la Volvo Ocean Race, tra cui il tattico Philippe Presti (già timoniere allenatore di Luna Rossa) e il navigatore Marc Lagasse. Nella divisione Performance la battaglia tra Inti e Ryokan 2 si è risolta a favore di quest’ultimo. In classifica tutte e due le imbarcazioni hanno pari punti, ma la vittoria finale è andata ai francesi grazie al risultato dell’ultima prova. Dice l’armatore della barca francese: “La nostra barca ha la chiglia basculante quindi è più veloce con vento forte, mentre nelle condizioni di bonaccia siamo normalmente penalizzati”. Ma il team francese, di cui fanno parte il tattico François Brenac e il navigatore Olivier Douillard, ha vinto lo stesso la sua sfida contro Inti.
Carlo Croce, Presidente dello Yacht Club Italiano, ha riassunto così questi tre giorni di regate: “Sono state giornate meravigliose, nel corso delle quali abbiamo disputato quattro prove. Regate molto combattute con vento stabile. Sono particolarmente contento perché a Portofino può capitare di non avere vento e quindi di non poter regatare. E’ il secondo anno che riusciamo a completare tutto il programma dell’evento. Per noi organizzatori questo è un motivo di orgoglio”.
Calssifica Overall: 1) Indio 1-1-1-3 / 6 punti; 2) Y3K 3-2-2-1 / 8 punti; 3) Magic Carpet2 2-3-3-2 / 10 punti; 4) Dark Shardow (P) 4-4-4-4 / 16 punti;
Divisione Performance: 1) Ryokan 2 2-1-2-1 / 6 punti 2) Inti 1-2-1-2 / 6 punti; 3) Dark Shadow 4-3-4-3 / 14 punti; 4) Kenora 3-4-3-4 /14 punti.
In questa edizione arriva un altro personaggio storico, probabilmente quello ha illuminato di luce definitiva la storia della Auld Mug: Thomas Johnstone Lipton (foto sotto). Un self made man irlandese che ha cominciato da zero, lui stesso testimone del sogno americano: emigrato povero negli Stati Uniti a quindici anni, nel tempo ha costruito un impero economico. Iniziò a sfidare gli americani alla fine dell’ Ottocento su invito personale di re Edoardo, di cui era buon amico nonostante la differenza di ceto che gli procurò il soprannome di “droghiere del re” e qualche esclusione dai club più nobili. La sua partecipazione ha anche, forse per la prima volta, dei risvolti commerciali: Lipton ha interessi in America. Lipton ha lanciato cinque sfide, l’ultima quando aveva oltre ottant’anni, durante le regate fu sempre attento a non irritare nessuno: per lui l’America era comunque un mercato. In tanti anni ha vinto solo due regate ma venduto molte tonnellate di tè proprio negli Stati Uniti. L’idea che lo ha fatto ricco è stata quella di mettere il tè in scatola, scrivere sopra le scatole il suo nome, scriverlo anche sui carretti e piano piano invadere il mondo. Il suo è stato un primo esempio di sponsorizzazione e di packaging di successo. Fino a quel momento infatti il tè finiva regolarmente in maniera anonima nei barattoli di cucina
Lipton commissiona la costruzione del primo dei suoi Shamrock (“trifoglio” in irlandese) a William Fife, un costruttore e architetto che ha scritto la storia dello yachting. Per lanciare la sfida sceglie il Royal Ulster Yacht Club di Belfast. Gli americani mettono in acqua Columbia, un nome che torna per la seconda volta. Per gli americani dell’Ottocento chiamare Columbia gli Stati Uniti è un modo per restituire a Cristoforo Colombo la paternità della scoperta, assegnata dal cartografo Waldseemüller ad Amerigo Vespucci dopo la lettura della sua lettera Mundus Novus. Columbia, che batte nelle selezioni il vecchio Defender armato da Vanderbilt e soci, è disegnata da Herreshoff e armata da Charles Oliver Iselin, alla terza campagna, e da E.D. Morgan. Al timone c’è un uomo che diventerà un’altra leggenda: lo scozzese naturalizzato Charlie Barr che isdelin aveva visto in azione su Vigilant nel 1893.
Lipton affida il timone ad Archie Hogarth e segue le regate dallo yacht a vapore Erin, su cui ha invitato Henry Ford, Theodore Roosevelt, Thomas Edison e Mark Twain. Columbia batte agevolmente Shamrock che si dimostra solo promettente per tre volte, ma la regata offre un altro primato: Guglielmo Marconi (che resterà legato alla famiglia Iselin per i suoi interessi americani) invia via radio la notizia del risultato al New York Herald Tribune.
Il combattivo Lord Dunraven si presenta con un nuovo Valkirie. Gli americani gli oppongono Defender, progetto di Herreshoff: un’altra barca molto aggressiva, innovativa. È armata da Iselin, Morgan e Vanderbilt, l’influente famiglia americana fa la sua comparsa nel teatro della Coppa America. Durante le regate Dunraven si lamenta di tutto. Qualche volta ha ragione, come per le invasioni di campo della flotta degli spettatori avvenute durante la prima regata, che stava conducendo. Nella seconda prova le due barche fanno collisione in partenza e Valkirie si ritira. Dunraven protesta perché l’avversario non si è fermato a controllare i danni ma la sua protesta, la seconda in due regate, non viene accolta. Così la sua barca dopo la partenza della terza prova volta la prua e si ritira mentre Defender completa il percorso. Dunraven è sdegnato, convinto di essere stato trattato male. L’azione del lord finisce addirittura per raffreddare i rapporti tra Inghilterra e America e, dopo che la lite ha coinvolto avvocati, ammiragli e ambasciatori, la sua boria sfinisce il New York Club che alla fine lo mette alla porta. Il lord che aveva vissuto in America e ne era socio viene radiato, alimentando i cattivi pensieri di chi vuole vedere gli americani disposti a tutto pur di tenere la coppa in America.
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