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Le prime indiscrezioni e dichiarazioni riguardo la edizione 34 della Coppa America rispettano, finora, le promesse di semplicità e trasparenza della vigilia. Larry Ellison con la collaborazione di Vincenzo Onorato vuole ristabilire un equilibrio tra defender e sfidanti che è servito a fare grande la Coppa America moderna. I punti chiave del Mutual Consent firmato dal Golden Gate Yacht Club e dal Club Nautico Roma (che diventa Challenger of Record, primo degli sfidanti) sono al momento semplici. Intanto le regate e l’organizzazione dell’evento saranno gestite in maniera indipendente da un organismo autonomo e condiviso tra una commissione di challenger, che sarà presto istitutita. A questo proposito sembra di capire che saranno stabiliti dei filtri di accesso, in maniera che siano ammessi sindacati credibili e “solventi” e non una pletora di gente che tenta di rifarsi l’immagine con la Coppa senza avere nessuna intenzione di partecipare, o denari per farlo. I challenger faranno le loro regate di selezione senza avere tra i piedi il defender, come è sempre stato: il vantaggio di poter vedere le barche in anticipo sulla regata può essere consistente e Ellison in qualche modo rispetta la tradizione. Di più: sembra che nel’eventualità si presentino dei sindacati per sostenere la difesa Ellison accetterà di fare delle selezioni. Un tempo la Coppa era più interessante per le selezioni defender che per quelle challenger, è il caso per esempio del 77, edizione vinta da Ted Turner con Courageous.
E’ molto probabile il ritorno di Louis Vuitton come sponsor principale delle regate di selezione e forse dell’evento. La presenza di Louis Vuitton era inserita in uno dei documenti che Alinghi non ha coluto sottoscrivere. Il Golden Gate chiedeva che una rappresentanza degli sfidanti potesse entrare nel consiglio direttivo di Ac Management con un ruolo attivo (per tutelare la divisione di eventuali profitti) o in alternativa delle regate di selezione autonome organizzate da Louis Vuitton, in pratica il ritorno della LV Cup come praticata dall’83 al 2003. Cosa al momento del tutto probabile.
Vincenzo Onorato ha già dichiarato che tenterà di portare più eventi preparatori possibile in Italia. E’ probabile che le vecchie barche saranno usate per gli “Act” (al momento l’unica eredità di Alinghi) con un meccanismo che costringe i sindacati a partecipare ma non fa troppa classifica. Le nuove barche dovrebbero essere dei monoscafi veloci con una decina di uomini di equipaggio, Coutts spinge per una barca più veloce degli Iacc soprattutto in poppa. Regole e programma saranno comunque condivisi con gli sfidanti più credibili.
La buona intenzione è di arrivare a un programma e a regole condivise, dopo che Bertarelli per troppo tempo ha affermato “la Coppa sono io”.

La favola di Alinghi dura da dieci anni e potrebbe continuare. E’ iniziata quando Ernesto Bertarelli si è reso conto che poteva avere a disposizione i velisti più forti del mondo: lo skipper Russel Coutts e i suoi fedelissimi erano in rotta con la gestione di Team New Zealand, volevano guadagnare quanto gli altri atleti. Avevano appena battuto Luna Rossa, con una superiorità schiacciante. Bertarelli era un giovane che aveva provato a vivere la vela e che conosceva le regate e finì con il pensare “sono giovane, ma devo provare adesso a vincere la Coppa America. E’ l’equipaggio più forte che esiste e non avrò un’altra occasione come questa”. Naturalmente aveva ragione a fidarsi di Coutts: nel 2003 ha sbaragliato il campo portando la Coppa in Europa. I kiwi sapevano creare barche una generazione avanti. Il dominio di Alinghi è stato consistente fino al 2007, quando pur con un team con i capelli grigi e senza Coutts lasciato a casa per motivi mai spiegati fino in fondo. vinceva sempre. Dice bene Bertarelli, e i suoi errori di impostazione e gestione di questa ultima edizione non cancellano quella che lui chiama: “ Una storia fantastica nell’America’s Cup. Abbiamo vinto e difeso la Coppa organizzando belle regate a Valencia. Anche la 33a America’s Cup con questi giganteschi multiscafi sarà ricordata per sempre come un evento davvero unico, speciale e straordinario. Alinghi ha sempre avuto l’obiettivo di vincere, ma per vincere bisogna anche accettare il rischio di perdere. Fa parte del gioco. Quello dell’America’s Cup è un gioco duro e spietato. Noi dobbiamo accettare il fatto che il nostro avversario era un team che ha dimostrato di essere superiore e che aveva realizzato un prodotto fantastico, l’ala rigida, che ha messo a disposizione della loro imbarcazione una quantità di potenza incredibile”.
Dopo il silenzio e la concitazione delle ultime ore ci si interroga sul futuro. Ci sarà un nuovo Alinghi? Sarà ancora alla Coppa America o tenterà altre strade, per esempio la Volvo Ocean Race, qualche record attorno al mondo? E’ difficile ripartire da zero, affrontare un Coppa da sfidante come gli altri senza poter scrivere le regole, dopo un passato così ricco di successo. Forse con un poco di pragmatismo si può pensare a un nuovo orizzonte, e il mare ne offre molti. Quello che sembra sicuro è che: “Alinghi continua comunque a essere una squadra formidabile con valori molto forti, uno spirito determinato e una competitività altrettanto forte. Noi aspetteremo di capire quali saranno le nuove regole dell’America’s Cup. Prenderemo in considerazione anche altri eventi dove poter continuare a dimostrare quello che abbiamo già dimostrato così a lungo in passato. Difenderemo i nostri colori in giro per il mondo sulle più belle imbarcazioni possibili. Alinghi tornerà ad essere quello di sempre”. Un consiglio: faccia tesoro degli errori commessi.

Tra i molti osservatori delle regate tra Bmw Oracle e Bmw non mancava un gommone di Luna Rossa. Patrizio Bertelli ha cercato di incastrare le regate tra i suoi impegni ed era sul campo il giorno della finale. C’era anche l’inseparabile Antonio Marrai, l’uomo sempre vicino a Bertelli, uno dei caposaldi del team. Radio banchina insiste a dire che si sta preparando la quarta Luna Rossa in Coppa America: skipper il polimedagliato brasiliano Torben Grael, timoniere il meno medagliato ma pur sempre campionissimo Robert Scheidt. Matteo Plazzi potrebbe essere navigatore, visto che toglie la giacca di Bmw Oracle e rimette quella di Luna Rossa per partecipare alle regate con il TP 52 e alla Maddalena per il Louis Vuitton Trophy. Per la quarta volta c’è da aspettarsi una nuova linea “politica” nella gestione del team. Torben Grael, con le sue medaglie olimpiche (sono cinque) e il suo curriculum di vittorie, citiamo solo la Volvo Race, può competere con Russel Coutts, il signore della Coppa.
La base è sempre stata tenuta in attività e al momento ospita l’STP 65 (nella foto) che ha partecipato alle regate maxi della scorsa stagione e il TP 52 che verrà utilizzato in questa stagione, le pareti fatte con le vele stanno un poco invecchiando. Ma cosa ne sarà delle basi? Chissa… Valencia spera che resti una certa attività da parte dei prossimi sfidanti.

Il giorno dopo la grande impresa Matteo Plazzi, navigatore di Bmw Oracle, è davanti a un piatto di amatriciana di Cherry, ragazza americana ex Luna Rossa rimasta qui a Valencia a gestire un ristorante italiano.
Matteo, da cosa nasce l’ossessione per la Coppa America?
“Per l’edizione che ho mancato, quella del Moro di Venezia. Ero entrato nel team ma ho lasciato per iniziare a organizzare una squadra per la Whitbread con Brad Butterworth, il finanziatore era Gianni Varasi, finito con tangentopoli assieme al nostro progetto”.
Come ci si sente vincitori…
“Beh, tranquilli per l’impresa compiuta… ma dopo una notte in bianco ho bisogno di un riposino”.
Quale è stata la più grande difficoltà per il vostro team?
“L’incertezza: all’inizio abbiamo lavorato su due binari, cercando di preparare la sfida con il monoscafo se Alinghi avesse accettato le mediazioni, e insieme con il multiscafo che doveva essere per forza versatile per rispondere a qualsiasi scelta di campo. Il programma è cambiato molte volte. Fino a quindici giorni fa non avevamo nessuna certezza di regatare. Il lavoro su barca ed equipaggio è stato continuo”.
Quale è la forza di Russel Coutts?
“La conoscenza profonda di ogni aspetto di questo gioco e la capacità di vedere una mossa avanti. Sa pianificare, agire con strategia sia che si tratti di questioni legali, di progetto, navigazione”.
E quella di James Spithill?
“James è un velista e ha l’umiltà di voler fare bene il suo mestiere di timoniere. Non vuole entrare in giochi di potere o essere manager come capita a molti altri nella sua posizione. In barca sa mantenere una concentrazione e una velocità che ho visto raramente”.
Quali erano i vostri vantaggi fondamentali nei confronti di Alinghi?
“Direi due. Uno è l’ala che in alcune condizioni si è rivelata superiore. L’altro…. Che Ernesto Bertarelli abbia scelto di timonare, mi sembra che con un professionista vero forse sarebbero stati più vicini. Noi temevano la prima regata con bolina poppa, ma loro hanno sbagliato le vele che erano troppo grandi. La nostra regata doveva essere quella al lasco. Penso che se fossimo finiti dietro lungo la bolina al lasco stretto li avremmo attaccati duramente orzando. Il trimarano è più rapido in quelle condizioni”.
Cosa ha sbagliato Bertarelli?
“Non ha saputo usare il vantaggio che ha il defender nella scelta del campo. Questo è stato determinante. Prima di scegliere Ras al Kaimah poteva chiedere una interpretazione preventiva, oppure scegliere un posto indiscutibile nell’emisfero sud. Lo avrebbe trovato”.
Alinghi avrebbe potuto realizzare un’ala: perché non ci hanno pensato subito?
“La costruzione in se non è particolarmente impegnativa, ma il disegno si e non credo avessero le risorse per realizzare un progetto così complesso. Ci vuole tempo ma anche risorse tecnologiche che in America esistono”.
Su Bmw Oracle c’erano molti italiani, c’è un motivo?
“Intanto le numerose partecipazioni alla Coppa hanno fatto crescere un nucleo forte di velisti che ormai ha un posto nella vela iternazionale. Poi la connessione è James Spithill che ha lavorato con tanti di noi in Luna Rossa”.
Ci sarà un’altra Coppa?
“Credo che andrò avanti fin che posso. E’ la missione”.

Mentre i festeggiamenti infuriavano senza sosta e il grado etilico saliva molto rapidamente nella base di Bmw Oracle è arrivata una notizia importante: il presidente degli Stati Uniti Barak Obama ha chiamato Larry Ellison per invitarlo alla Casa Bianca. Non è la prima volta che un presidente si dedica alla Coppa America: John Kennedy seguiva con il suo Marlin le regate di Newport. Bush ha festeggiato Dennis Conner nel 1987, quando si è ripreso il trofeo nelle regate australiane di Perth con Stars & Stripes, nome ancora romantico cui nel 2010 rispondono i loghi degli sponsor.
Fin dalla sua prima edizione la Coppa America ha vestito una forma simbolica: si è mossa anche dove andava l’economia, dove c’erano novità, mondi in crescita. E’ successo la prima volta nel 1851, quando il valletto della regina Vittoria pronunciò la frase leggendaria, probabilmente falsa ma sempre utile, “maestà non c’è secondo”: un gruppo di imprenditori americani, velisti, aveva varcato l’Oceano per ammirare l’esposizione universale e sfidare le barche inglesi. I velisti inglesi vivevano sicuri di essere i più forti e presero una sonora lezione. A quel tempo valeva ancora il motto “Britannia rules the waves” per raccontare la sua forza sul mare, una difesa inviolabile dell’isola. Qualcosa che ricorda quanto successo in queste ore. Nel 1983 la Coppa dopo un secolo e mezzo di giacenza nelle inviolabili sale del New York Yacht Club è partita per l’Australia strappata da un “rider” che si chiama Alan Bond: dopo l’America un altro mondo nuovo che si affacciava al massimo palcoscenico. Bond nelle sue scorribande ha voluto i girasoli di Van Gogh battendo, a quel tempo, tutti i record di quotazione. Sono i neozelandesi a riprenderla nel 1995, con una squadra costruita soprattutto sulla solidarietà nazionale: un momento di sport estremo, la vela in Nuova Zelanda è seconda solo al rugby.
Ernesto Bertarelli nel 2003 l’ha riportata in Europa: sotto la sua gestione si è passati dai dollari all’euro per pagare le tasse di iscrizione e tutto il resto. Sintomo di una certa salute economica dell’Europa. Adesso, in un momento di ricostruzione nazionale, di rincorsa di valori etici ed economici torna in America: un pezzo mancante? Il puzzle di Obama trova una nuova tessera. Un uomo fortunato, come Larry Ellison che grazie alla crisi e qualche affaruccio indovinato è riuscito ad arrivare al numero tre tra i più ricchi del mondo. In un dibattito televisivo tra politici spagnoli, che si rammaricavano del fatto che Valencia potrebbe perdere molto del suo fascino, hanno detto “Ellison ci ha messo i suoi soldi per salvare lo sport, Bertarelli voleva solo il monopolio”. Il re Juan Carlos, appassionato velista, pare abbia scritto una lettera accorata a Ellison perché consideri Valencia ancora tra le sedi per disputare la Coppa America. L’Europa insomma qualche rimpianto lo ha anche se l’impegno di Vincenzo Onorato, Challenger of Record, è di restare a lungo in Mediterraneo per disputare gli eventi di avvicinamento. Un programma di cui si è parlato potrebbe addirittura prevedere che negli Stati Uniti ci sia solo la finalissima una volta definito lo sfidante.

“Questa regata non s’ha da fare”. Era l’ordine impartito da Ernesto Bertarelli ai componenti svizzeri del Comitato di regata. Per tutto il pomeriggio gli spettatori hanno aspettato il via, guardando le barche da crociera, anche quelle pesanti, che riuscivano a navigare con una certa agilità dentro la zona del via. Moderno Rodrigo, Bertarelli aveva deciso di proseguire nella sua politica fatta di ostacoli e ritardi per cercare, con una soluzione evidentemente diversa da quella di una regata di poco vento, per chiudere la partita o tenere la Coppa. Sul cielo di Valencia era in arrivo una perturbazione e freddo: saltando la regata conclusiva si sarebbe andati avanti di una settimana e forse più uscendo dai giorni del programma e aprendo un contenzioso su quando e come proseguire le regate. In altre date? Con una nuova ala o nuove vele? L’eroe è il presidente del Comitato, guarda caso neozleandese, Harold Bennet, che in questi giorni era già stato accusato di “collusione” con il clan svizzero. Bennet ha deciso che la regata sarebbe partita vicina al tempo limite ed è riuscito a farlo nonostante ci fosse sulla sua barca gente che non voleva muovere le bandiere. Lui ha ordinato di farlo a un poliziotto spagnolo presente sulla barca e l’osservatore di Bmw Oracle Tom Ehman.
Nella certezza che la regata non ci sarebbe stata il timoniere Bertarelli ha gigionato sulla linea di partenza finendo per fare quello che neanche al campionato invernale i velisti a vele bianche fanno: essere dalla parte sbagliata della linea. Quando era il momento di entrare nel box Alinghi era a mezza linea ha dovuto raggiungere il comitato e perdersi in una virata lentissima lasciando che Bmw Oracle navigasse dove gli pareva. Alinghi era “giallo” e poteva entrare, come ha fatto nella prima prova Bmw Oracle, con il diritto di precedenza. Era certo che a notte quasi fatta non si partisse davvero, dopo un pomeriggio passato melina a centro campo. Arroganza? Si, la solita. Quella che ha armato il giustiziere americano e l’onesto commissario neozelandese. A quanto pare ci saranno dei passi ufficiali nei confronti degli svizzeri ribelli quando tutta quasta storia troverà un assetto “ufficiale”.

Nella foto il presidente del Comitato Harold Bennet. Esperto neozelandese.