Atteso, temuto, voluto, è arrivato finalmente il derby, l’incontro diretto tra le due barche italiane. In una giornata importante per il Louis Vuitton Trophy perché anche la Coppa America è fisicamente giunta a Auckland, era l’incontro da non perdere. Il sesto di un programma intenso voluto da Peter “Luigi” Reggio per completare tutto il programma di regate. Dunque, da una parte Mascalzone Latino Audi Team in forte crescita di forma in questi giorni, a suo agio con il vento forte per la stazza fisica dei grinder, con il timoniere neozelandese Gavin Brady pronto a mostrare i denti sfoderando la sua ben nota cattiveria sportiva. Dall’altra l’equipaggio molto italiano di Azzurra, il timoniere palermitano Francesco “Checco” Bruni, uno dei talenti più luminosi della vela italiana, con il navigato (nel senso letterale del termine, è stato con gli equipaggi più forti del mondo) Tommaso Chieffi.

I due team si sono presentati sulla linea di partenza a pari punti, per conquistare la quinta vittoria, che valeva il secondo posto dietro Emirates Team New Zealand. Il fuoco si accende subito, al primo incrocio tra le barche nel box di partenza Chieffi alza la bandiera di protesta ma gli Umpire non vedono infrazioni. I due equipaggi scelgono lati del campo diversi: Azzurra a destra, Mascalzone a sinistra. Si arrampicano verso la boa di bolina in una regata strategica. Alla fine sembra avere ragione Azzurra: Mascalzone insegue. Ma insegue bene, gonfia subito il gennaker, si avvicina, conquista l’interno. Il virtual spectator indica il sorpasso al cancello di poppa. Altra bolina di passione con i due tricolore che sventolano a poppa. Immagine bella: nel tempio della vela una barca italiana sarà seconda solo ai maestri kiwi. Verso la fine della bolina un salto di vento assicura a Mascalzone il comando: prima Gavin porta oltre la boa Bruni, poi passa in testa e controlla per tutta l’ultima poppa. Grande regata, grandi marinai come dichiara il piccolo vantaggio di 13 secondi. Mascalzone con la quinta vittoria è seconda in classifica e significa che incontrerà nel successivo girone eliminatorio i francesi dei Aleph che ha totalizzato solo due vittorie. Ad Azzurra accreditata del quarto posto dietro ad All4One (tutti a 4 vittorie comunque) tocca invece un avversaro più coriaceo: Artemis di Paul Cayard in forte crescita dopo una regata tremenda contro TeamOrigin dove gli Umpire hanno erogato quattro penalità di cui una con bandiera rossa.

Francesco Bruni: “sono comunque contento perché abbiamo disputato due bellissime regate. Quella contro Mascalzone è stata davvero appassionante ed è chiaro che ci sarebbe piaciuto vincere. Loro sono stati bravi a tenere la regata sempre aperta. Noi abbiamo avuto un paio di piccole incertezze e non ci aspettavamo quel forte salto di vento a destra nella seconda bolina. E’ stato un match veramente emozionante, aperto fino alla fine, e sono contento dei miei ragazzi che hanno fatto un lavoro eccellente.”

Gavin Brady: “Intanto voglio dire che tra i nostri team non c’è ostilità: siamo buoni amici e buoni avversari. Noi stiamo cercando di portare queste barche in maniera aggressiva e sempre più veloci. Siamo in progressione, stiamo crescendo bene. Comunque la vita è strana, delle volte hai la sensazione di andar bene e perdi. Ci è successo contro Emirates Team New Zealand, ci sembrava di aver fatto tutto quello che serviva ma ci hanno battuto. Contro Azzurra ci sembra di aver navigato peggio, più incerti, ma abbiamo vinto”.

Per il resto la giornata è stata pesante: sette regate, l’ultima finita quasi con il buio per la soddisfazione di Peter Reggio. La grande battaglia è nella parte centrale della classifica, con la voglia dei team di “centro” di fare centro. Sgomita Cayard per un posto al sole, lo fa anche Team Origin con meno successo e più pasticci.

Alla fine del Round Robin e prima del complesso sistema di eliminazione inventato da Ken Macintyre per il rugby la classifica è questa

1) ETNZ 6 vittorie, una sconfitta;2) Mascalzone Latino Audi Team 5 – 2; 3) All4One 4-3; 4)Azzurra -3; 5) Artemis 4 -3; 6) TeamOrigin 3-4; 7) Aleph 2-5; 8) Synergy 0-7.

Finalmente hanno perso… i padroni di casa hanno interpretato male la regata contro Aleph e hanno perso malamente nella prima prova del sesto volo del Louis Vuitton Trophy. Emirates Team New Zealand incasella un disastro dietro l’altro: dopo una partenza quasi vinta e una bolina persa rompe il genoa e perde ogni possibilità di rientrare in regata. Dopo il loro match il direttore delle operazioni in mare Peter Reggio decide che il vento è troppo e di rimandare al parcheggio le barche in attesa che la situaizone migliori. Non succede e quindi c’è anche il rinvio dell’incontro tra Azzurra e Mascalzone Latino Audi Team. Le due squadre erano amichevolmente cariche e pronte. In una giornata del genere, vento a venti nodi, sembra che l’equipaggio vitaminizzato americano della barca di Onorato abbia qualche cavallo in più in pozzetto per regolare le vele. Richiamare il genoa non è roba da poco, anche se al momento stanno usando dei genoa meno potenti di quelli della configurazione originale, che hanno le stecche in alto.  Si riprende con il programma dell’ultimo volo e quindi l’incontro tra le italiane passa in coda alla manifestazione: penultima regata del primo Round Robin. Dopo inizierà una fase eliminatoria in cui in quattro regate si  decideranno le due escluse e le due che passano alla semifinale. In pratica dopo i quattro incontri diretti di questa fase (il primo incontra l’ultimo etc) delle quattro vincitrici le due che hanno l’eredità del punteggio migliore del round robin vanno in semifinale. Delle quattro sconfitte le due con il punteggio peggiore del primo round vanno a casa. Le quattro che restano corrono il quarto di finale. Un complesso sistema che potrebbe riservare qualche colpo di scena costruito per limitare le regate avendo a disposizione solo due barche.

Cominciamo dalla cavalcata vittoriosa di Mascalzone Latino Audi Team contro Artemis. Intanto una premessa: il timoniere Gavin Brady e il tattico Morgan Larson hanno navigato in Coppa America nel 2000 su America One chiamati dal maestro Paul Cayard. Anche il timoniere di Artemis Terry Hutchinson era su quella barca che ha fatto tanto soffrire Luna Rossa. Insomma, una regata che era anche una riunione di famiglia, se così si può dire. Una regata in cui Gavin ha sfoderato tutta la precisa aggressività di cui può disporre: enfant terrible, svelto nel prendere fuoco ha un carattere duro. Ma anche una mano felice alla ruota, ed era un giorno buono. Decisiva la partenza: dopo uno scambio di cortesie nel dial up (la manovra in cui le due barche sono ferme contro vento) Mascalzone insegue l’avversario per controllarlo. Artemis tenta una strambata per liberarsi, ma il tattico Morgan Larson alza la bandiera di protesta e gli umpire gli danno ragione: strambata troppo vicina all’avversario. Correre una regata così breve con una penalità è un pesante fardello, che influenza ogni decisione. Per vincere ci sono due possibilità: una è pareggiare i conti e somministrarne una all’avversario e poi stargli davanti. L’altra è conquistare un vantaggio di almeno centocinquanta metri. Mascalzone Latino non ha lasciato spazio agli avversari e ha chiuso la regata primo sulla linea di arrivo nonostante un pasticcio con il gennaker alla prima issata. Racconta il timoniere della barca di Vincenzo Onorato e Larà Ciribì descrivendo la penalità: “Le regole sono chiare, per avere le mure a dritta devi avere le vele a dritta… e loro non le avevano. Ci hanno dato la possibilità di conquistare una penalità e noi l’abbiamo sfruttata. Dopo abbiamo manovrato per non correre rischi e siamo rimasti sulla destra del box di partenza. Il gennaker non era armato bene ed è uscito… non avevamo ancora il tangone ed eravamo un poco in ritardo”.

Azzurra invece non riesce nell’impresa di battere Emirates Team New Zealand e accomodarsi a pari punti in testa alla classifica. Ci era riuscita a Nizza, per due volte di seguito nella finale in una umida mattina di bonaccia e nebbia di fronte al lungomare, non riesce a Auckland. Anzi, la barca italiana è sempre stata molto lontana dagli avversari, che l’hanno dominata in partenza e lungo il percorso. La scelta fondamentale è stata quella iniziale: da che parte del campo cercare il vento migliore. Volevano tutti la sinistra, kiwi e azzurri. Ma l’ha ottenuta Dean Barker usando tutta la energie di cui può disporre. La regata, in pratica, si è chiusa lì, nei pochi minuti della partenza e non si è mai riaperta. La situazione in classifica per Azzurra cambia radicalmente, perché deve lasciare il secondo posto e si ritrova a tre punti assieme ad altri ormai pericolosi avversari. Dice Gabriele Bruni, fratello del timoniere Francesco che naviga con il ruolo di stratega, ovvero l’uomo che sale sull’albero in cerca del vento: “la chiamata era per il pin end (ovvero il lato sinistro della linea di partenza) ma l’hanno conquistato loro. Abbiamo iniziato a navigare a destra del campo in una situazione in cui era sempre più difficile tornare. Speravamo in una rotazione del vento che non è mai arrivata”. Replica Francesco: “Una giornata negativa, non sono riuscito a dare a Tommaso la sinistra che mi chiedeva in partenza, poi lungo la bolina abbiamo sperato che il vento tornasse un po’ ma non è mai successo. Adesso dobbiamo guardare avanti”.

Le altre regate del giorno vedono prevalere senza troppe difficoltà TeamOrigin nei confronti dei russi di Synergy e All4One ai danni di Aleph.

Mancano due soli giorni alla conclusione del primo round robin e comincia a diventare importante conquistare punti, anche se non determinante per il passaggio alla fase eliminatoria successiva. I neozelandesi sono imbattuti e dietro di loro ci sono quattro barche con tre punti. Nel programma del sesto volo l’incontro diretto tra Azzurra e Mascalzone Latino Audi Team, determinante per la classifica. Tra gli equipaggi dei due team c’è grande amicizia… ma i doveri di classifica faranno la loro parte in mare.

Nel quarto giorno del Louis Vuitton Trophy di Auckland le due barche italiane incassano non senza sofferenza due vittorie importanti. Per Azzurra significa il secondo posto in classifica dietro la intoccabile New Zealand mentre per Mascalzone Latino Audi Team significa tenere aperta la regata. Per lui infatti chiudere la giornata con un solo punto era molto pericoloso. Azzurra correva nel terzo match del giorno, dopo che Emirates Team New Zealand aveva battuto bene, e come potrebbe essere diversamente, la barca franco tedesca All4One per 26” e Team Origin consludeva davanti a Aleph con due minuti e 11 secondi complice una penalità conquistata in partenza. Per una collisione tra le due barche in partenza Aleph è stata anche penalizzata di un punto in classifica.

Azzurra scendeva in campo ancora una volta intimorita dal vento sostenuto, l’avversario era Artemis di Paul Cayard e Terry Hutchinsons, coppia temibile che infatti ha sostanzialmente vinto la partenza e controllato molto bene gli italiani nella prima bolina. Il vantaggio degli svedesi, 44”, poteva essere sufficiente a girare la boa con tranquillità e iniziare a navigare verso il cancello di poppa. Invece a bordo della barca svedese si scompongono: il tangone casca in acqua e viene trascinato verso poppa, si schianta sulle sartie e trascina il gennaker sotto la barca. Artemis a quel punto è ferma, non può navigare e Azzurra la sorpassa a tutta velocità. Gli svedesi non possono fare altri che ritirarsi mentre Azzurra porta a casa un punto prezioso. Il commodoro dello Yacht Club Costa Smeralda Riccardo Bonadeo dice: “E’ un punto importante, ci serve e ce lo teniamo… ma a noi non piace davvero vincere così, per abbandono”. Resta la sensazione che a bordo della barca italiana ci sia qualcosa da mettere a punto, la bolina era stata tutta in “controfase”, anche nella terza regata contro All4One è stato un errore non aver usato il vantaggio delle mure a dritta.

Nella quarta regata Mascalzone Latino Audi team ha incontrato i russi di Synergy. In partenza Karol Jablonky, come altre volte, è riuscito a conquistare la posizione che voleva mentre Mascalzone cercava di spingerlo oltre la linea in anticipo. La manovra non gli è riuscita e agli italiani è toccato partire in ritardo, costretti a inseguire. A metà bolina Jablonsky concede un inspegabile regalo alla barca italiana, che può “scambiare” e portarsi a navigare a destra. La posizione le servirà un paio di incroci dopo per inchiodare i russi oltre la layline e portarli in boa con un ritardo di una ventina di secondi. I russi tentano di riaprire la regata lungo il lato di poppa ma non ci riescono neanche quando sulla barca italiana l’ammainata del gennaker non riesce e la grande vela resta avvolta sul genoa. Per Mascalzone Latino Audi Team con il guidone del Challenger of Record, il Club Nautico Roma, è la seconda vittoria, con soddisfazione nel team italiano. “Una vittoria importante – dice Flavio Favini – In partenza abbiamo tentato di spingerlo oltre la linea ma è stato bravo a rimanere dentro, e noi abbiamo pagato con il ritardo sulla linea . Poi abbiamo navigato meglio nella prima bolina e abbiamo sfruttato bene l’opportunità che ci hanno lasciato quando siamo andati sulla destra… oggi essere a destra era oro”.

Nelle regate del quinto giorno Azzurra incontrerà i padroni di casa di Emirates Team New Zealand, mentre a Mascalzone Latino Audi Team tocca Artemis.

Non voglio aggiungermi a quelli che scrivono che per anni abbiamo cavalcato un successo artficiale, dovuto a un mercato drogato e che adesso è finita pronunciando un ipocrita mea culpa.  Non è pudore, anche perchè non sono mai stato complice fino in fondo del sistema: ho sempre conservato l’ironia e il distacco per non credere fino in fondo che il mercato del “lusso” o del “lifestyle” erano, sono, vita reale. Ho capito che erano un mercato, ho proposto al mio ex editore una rivista che ne cogliesse le opportunità economiche e abbiamo realizzato qualcosa di veramente innovativo che interpretava anche il lusso editoriale di un packaging esclusivo. La riflessione era che non si può scrivere di barche di lusso e accettarne la pubblicità su un supporto da poveri.  Il mercato delle barche di lusso è esploso peggio degli altri, e sembrava che non dovesse finire mai.
La nautica vera però è fatta di molte altre cose, anche se la sua immagine è spesso identificata con le poche decine di barche che affollano la Costa Smeralda. Perchè ce ne sono migliaia possedute da gente del tutto normale: una flotta di pensionati, pre pensionati, appassionati, ragazzi, ragazzi di cinquanta anni, che possiede la barca per la sua vera destinazione d’uso: vivere il mare.
Nel mio recente passato di direttore di rivista nautica (anzi tre), più di una volta sono stato “ripreso” per la mia eccessiva sincerità nei confronti del sistema marketing – industriale della nautica da diporto. In poche parole credo che il pubblico abbia un sesto senso per comprendere i valori concreti e che alla fine la continua e persistente proposta di quello che non va (per esempio le barche senza tradizione e qualità) abbia finito per rendere “in-credibili” le riviste. Può sembrare senno di poi ma non lo è: una affermazione che ho fatto qualche Salone di Genova fa, in un convegno sulla comunicazione in cui ho provocato la ribellione di una certa parte dell’uditorio dicendo che i cantieri attraverso le loro pressioni ci stavano costringendo a scrivere “follie” e che presto non ci avrebbe più creduto nessuno, infatti i lettori sono sempre meno. La crisi certo ha una colpa, ma anche la  difficoltà di credere a quello che è scritto. Oggetti sul mercato da anni che vengono proposti come “il primo al mondo, il più tecnologico”. Sono nati marchi che erano “l’espressione di una artigianità maniacale, taylored sull’armatore” che altro non erano che barche costruite su stampi a fine carriere dismessi dai cantieri migliori. 
Il web, grazie ai suoi costi ridotti, attraverso le comunità spontanee ha cominciato a scrivere qualche verità. Sul Web non arriva il responsabile marketing a dire “allora se non scrivi che la mia barca fa 33 nodi ti tolgo la pubblicità”. I cantieri non hanno capito che dovevano, devono, sostenere le riviste nella loro credibilità se vogliono dare valore alle loro pagine pubblicitarie.

Il meteo man Roger Badham detto “Clouds” ha sconsigliato di mandare in mare barche e team, si aspetta vento forte, pioggia, una giornata dura. Se così si può dire dell’estate australe. Preoccupazione per il giorno perso.

La forza della squadra, della sua capacità di costruire velocità attraverso la condivisione degli obiettivi con la comunicazione tra i diversi settori è stato, e dovrebbe ancora, essere un esempio da seguire da parte di chi vuole vincere senza budget stratosferici ma guardando ai risultati. Il team neozelandese affonda le sue radici negli anni ottanta. quando sir Michael Fay decide di finanziare una sfida per la Coppa America australiana. Ma il vero Team New Zealand è quello voluto da sir Peter Blake per la sfida vincende del 1995 e poi la difesa vincente del 2000. Team Think è un modo di vivere… forse non esportabile in un team italiano dove gli ego non sono mai messi da parte ma anzi continuano a lavorare. Il team è anche quello che ha consentito a Russell Coutts di diventare l’uomo che ha vinto di più in Coppa America: debutta nel 92 contro il Moro in due regate inutili quando la partita era ormai persa ma vince nel 95, 2000, 2003, 2010. Avrebbe vinto anche nel 2007.