Si, il nuovo pericolo si chiama “monotipo”, una cosa a cui stanno pensando in questi giorni. La barca per la prossima Coppa America potrebbe essere un monotipo. I vantaggi? Fare presto, essere pronti tra un paio di anni e tagliare radicalmente i costi di progettazione che ormai sono vicini al 50% del budget della Coppa. Quella dei monotipi o comunque di fornire delle parti standard ai team per ridurre almeno una parte delle spese è una vecchia idea messa in piedi da Russell Coutts e Paul Cayard al tempo in cui erano fuori dal grande gioco, uno “disoccupato” dopo la sua disavventura con Larry Ellison che lo aveva sbarcato da Oracle a favore di Dickson e senza ingaggio per la edizione 2007 e l’altro ugualmente a terra per aver litigato con Bertarelli. Adesso sono uno presidente di WSTA e l’altro skipper di Bmw Oracle e socio di WSTA, in questi giorni ci sono riunioni a Auckland per decidere qualcosa che entro un mese potrebbe essere ufficiale: quando come e perchè della prossima Coppa. Il monotipo affascina molto i velisti, che si illudono di poter giocare meglio le loro carte. Talvolta lo fanno, altre volte si ingegnano a far correre i loro monotipi più degli altri. Alcuni J24, caso clamoroso della storia della vela, pesavano almeno 200 kg meno del resto della flotta… Tuttavia la Coppa America è un’altra cosa. Se si toglie il gioco legato alla progettaizone, alla tecnologia si cancella una parte importante. In fondo il messaggio della Coppa numero 33 è stato lo spettacolo dei multiscafi. D’altra parte è vero che i progettisti hanno alzato un poco il gomito. Coppa, Volvo Race dovrebbero destinare gran parte del budget al progetto e alla ricerca. Spesso fatta su iterazioni di calcolo che hanno poco a che vedere con le intuizioni vere. Bruce Farr sembra abbia chiesto 40 milioni di dollari per lo sviluppo di una nuova classe di Coppa America… Forse sono un po’ troppi. L’Admiral’s Cup si è suicidata con l’inserimento delle classi one off nel suo programma, incapace di scegliere una formula magari più semplice delle tre barche per nazione con classifiche separate. Sono bastate poche edizioni con i monotipi per chiudere un evento con grande fascino, forse più fascino, perchè più raggiungibile della Coppa America. Insomma, per la Coppa i monotipi possono essere un pericolo: una cosa è salire a bordo di una delle piccole barche che sono in grado id produrre regate fantastiche come il Melges 24 o 32, i Mumm 30 anche i Farr 40. Altro è costruire lo spettacolo della Coppa America, che si fonda sulle “diversità”. Una nota polemica? Si: i velisti se vogliono vincere ad armi pari possono andare alle Olimpiadi, tempio dello sport. Conquistare così il territorio della Coppa significa impadronirsi del gioco. Ma ci piace davvero la Formula Uno che usa in tutti i team lo stesso motore? A noi piace vedere il cavallino rampante… ai tedeschi i quattro cerchi o la stella.. Insomma, la Coppa America è tale perchè costa, confronta complessità e mette insieme tecnologia ed equipaggi. Proprio come la Formula Uno. Senza complessità è un altro gioco. Forse bello, ma un altro gioco. Ha ragione chi pensa a una soluzione intermedia. Eventi come il Louis Vuitton Trophy a bordo di barche uguali e Coppa America su barche che hanno prestazioni comparabili ma frutto di design dedicati.
Per i team italiani impegnati nel Louis Vuitton Trophy di Auckland è stata una grande seconda giornata. Azzurra infatti dopo aver battuto al debutto All4One ha vinto ancora battendo Synergy con un vantaggio di 41 secondi. Regata autorevole. Mascalzone Latino invece è stato ancora sconfitto con Emirates Team New Zealand, ma è successo solo dopo aver provato di essere perfettamente in grado di restare in regata: lo ha fermato un incidente alla drizza del genoa, anzi a un piccolo particolare il “grillo” che la collega alla vela. E’ successo dopo una partenza entusiasmante che ha visto il timoniere Gavin Brady controllare bene l’avversario e quando i kiwi tentavano il sorpasso nella seconda bolina. E’ andata male, ma l’equipaggio di Mascalzone Latino ha dimostrato che può essere in regata e che sta rapidamente imparando a gestire la barca. “Si è rotto un grillo… capita – dice Flavio Favini strategist della barca italiana – siamo stati bravi in partenza ma abbiamo lasciato troppo spazio all’avversario che si è avvicinato troppo”. Azzurra ancora una volta ha dimostrato di avere un equipaggio che sa produrre risultati costanti, i russi a Nizza si erano dimostrati pericolosi dopo qualche giorno di affiatamento e anche a Auckland può succedere la stessa cosa. Tommaso Chieffi spiega così la regata: “ Volevamo partire a destra ma per farlo abbiamo sacrificato un poco la velocità. Nella prima bolina Synergy ha sfruttato un piccolo salto di vento conquistando una lunghezza ma dopo noi abbiamo usato la nostra posizione a destra per controllarli. Dopo il sorpasso siamo stati attenti a non sbagliare”. Insomma regata quasi facile per Azzurra che con due vittorie è pari a Emirates Team New Zealand e comincia a salire nella parte alta della classifica.
Negli altri match della giornata Team Origin di Ben Ainslie ha battuto bene All4One con Sebastien Col al timone, vincendo con un vantaggio di oltre un minuto, gli inglesi hanno controllato bene tutta la regata, al primo incrocio avevano già due lunghezze di vantaggio. Artemis, la barca di Paul Cayard, ha ridicolizzato i francesi di Aleph con una partenza da campioni. Terry Hutchinson, che nel 2007 era tattico per i neozleandesi, sta dimostrando di saperci fare anche al timone e di saper ascoltare il “vecchio” Cayard che ha scelto di fare il tattico dopo il debutto di Nizza dove aveva lasciato questo ruolo a Morgan Larson.
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